Sharenting: in cosa consiste questa pratica?

Sharenting: in cosa consiste questa pratica?

Nella società odierna, se da un lato lo sviluppo di Internet e della tecnologia ha contribuito a superare la barriera della distanza, dall’ altro l’utilizzo sempre maggiore dei social network ha contribuito allo sviluppo di nuovi fenomeni, come lo sharenting.

Il termine inglese sharenting è stato coniato negli Stati Uniti per descrivere quel fenomeno in forza del quale i genitori di minori condividono costantemente sui social contenuti quali (foto, video, ecografie, eventi ecc..) che riguardano i propri figli. In tale cornice bisogna, dunque, esaminare che rapporto sussiste tra la tutela dei diritti dei minori alla loro privacy e la responsabilità genitoriale.

Posto che, quando si parla della tutela dei minori si deve tener conto di quelle che sono le loro esigenze, e collocarle sempre al primo posto nel rispetto del principio del the best interest of child, ci si domanda se gli stessi nonostante non siano ancora capaci di prestare il loro consenso (perché privi di capacità di agire) possano ricevere una tutela per l’esposizione della loro immagine sui social al fine di evitare che vi siano ingerenze altrui nella propria vita. Il  diritto dei minori alla tutela della propria immagine dovrebbe essere tutelato dagli stessi genitori chiamati ad esercitare su di essi la cd. responsabilità genitoriale la quale sarebbe violata ogni qual volta i genitori pongono in essere delle condotte lesive del diritto di riservatezza dei figli minori attraverso la diffusione di immagini, video o eventi che ritraggono gli stessi sui social.

Va precisato che, il codice civile non include tra i diritti della persona il diritto di riservatezza, il quale viene inteso come diritto a tenere segreti comportamenti, aspetti e atti relativi alla sfera intima di una persona; tuttavia, l’art.2 della Cost. tutela tale diritto implicitamente, precisando che la riservatezza riguarda anche il controllo sulla circolazione delle informazioni personali, sicché la stessa viene intesa quale diritto all’autodeterminazione informativa ossia come quel potere di controllo sulle proprie immagini o informazioni che spetterebbe a qualsiasi soggetto inclusi i minori.

Qualora vi dovessero essere comportamenti lesivi dei genitori del diritto di riservatezza dei figli minori, consistenti nella pubblicazione sui social di foto, video o quant’ altro raffiguri il minore, vi sarebbe il rischio che, restando tali immagini nel web  quando i bambini diventeranno adulti, potrebbero ritener sussistente la lesione della propria identità personale, infatti, i rischi maggiori che comporta lo sharenting possono riguardare: – la violazione della privacy e della riservatezza dei minori; – le ripercussioni psicologiche sul benessere dei bambini qualora da adulti non condividano la scelta dei genitori di essere stati ripetutamente postati sui social; – la diffusione di contenuti utili ad alimentare materiali pedopornografici; – il rischio di avvicinamento di pedofili ai minori qualora dall’immagine si intravedano anche i luoghi in cui sono soliti trovarsi i minori, come ad esempio: la scuola frequentata o l’istituto sportivo.

Dal punto di vista giuridico, il fenomeno dello sharenting è stato più volte posto all’ attenzione delle corti di merito italiane. Infatti, nel 2017 il Tribunale di Roma ha emanato un’ordinanza con cui  autorizzava un ragazzo sedicenne a proseguire gli studi all’estero per allontanarsi dal contesto sociale cui era stato esposto dai genitori; infatti, il ragazzo veniva affidato a un tutore a seguito della sospensione della responsabilità genitoriale di entrambi i genitori per aver quest’ultimo subito un forte senso di disagio causato dai comportamenti della madre che aveva pubblicato post e immagini relativi al figlio e alla complessa storia familiare, sicché per i giudici doveva essere tutelata e attuata  la scelta del minore di proseguire gli studi all’estero al fine di evitare il turbamento subito da quest’ultimo in quanto i suoi compagni di classe  erano a conoscenza delle sue vicende familiari.

Questo episodio di violazione del diritto di riservatezza del minore non è stato l’unico su cui sono state chiamate a pronunciarsi le corti italiane. Infatti, molto spesso accade che, venga a mancare il consenso di entrambi i genitori alla divulgazione delle immagini in rete dei propri figli.

Nel 2016, il Tribunale di Prato si è pronunciato su di un caso in cui la madre di una ragazza aveva prestato il suo consenso affinché la  figlia sedicenne postasse su facebook delle foto che la ritraevano in pose allusive, pur essendovi l’opposizione del padre. In tali casi vi sono dei rimedi che il genitore che non presta il suo consenso può attuare. Uno di questi rimedi è rappresentato dall’ istituto previsto e disciplinato dall’ art. 614 bis del codice di procedura civile ossia l’astreinte, con cui il giudice  -se un genitore su richiesta dell’altro non interrompe la pubblicazione in rete di immagini, video o foto del figlio-  può condannarlo alla  corresponsione di  una somma di denaro al ricorrente per la violazione posta in essere.

Non mancano poi, dei casi in cui si precisa che il genitore ha il dovere di astenersi dalla vita privata dei figli minori, salvo che il suo intervento non sia diretto alla protezione del minore o ad evitare che lo stesso con propri comportamenti possa generare dei pregiudizi in capo a terzi.

Dunque, alla luce di quanto evidenziato, si può concludere affermando che un genitore, anche se lo stesso è solito far uso costante dei social e pubblicare quotidianamente ciò che accade nella sua vita, prima e al fine di tutelare il minore, sin dai primi giorni della sua vita, non dovrebbe far prevalere il suo accanimento avverso i social, e quindi prima di postare foto, video o immagini del figlio, dovrebbe ricordare  quelli che sono i compiti che è chiamato ad esercitare avverso lo stesso, nell’ambito dei quali rientra anche e soprattutto il rispetto della tutela alla riservatezza del minore, il quale non essendo capace di prestare il consenso ai fini della pubblicazione dovrebbe ricevere una maggiore protezione da parte dei genitori al fine di evitare le ingerenze di soggetti terzi sulla propria identità personale.

In Francia è già stata presentata una proposta di legge per contrastare tale fenomeno, e quindi vietare la pubblicazione di immagini di minori sul web; in Italia invece non esiste una normativa che vieti la pubblicazione di immagini di figli minori sul web, tuttavia in più sentenze le Corti hanno espressamente stabilito che postare foto dei figli integri: – violazione della tutela dell’immagine(art.10c.c.); – violazione della riservatezza dei dati personali (Convenzione di New York sui diritti del fanciullo) in cui è espressamente previsto che <<nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione» e che «il fanciullo ha diritto alla protezione dalla legge contro tali interferenze o tali affronti»”.


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Avvocato Antonella Fiorillo

Laureata in giurisprudenza. Avvocato.

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