Soppressione del posto di lavoro: quando è legittimo il licenziamento del lavoratore disabile?
Il licenziamento del lavoratore disabile. La legge n. 68/1999 ha come obiettivo l’inserimento e l’integrazione delle persone disabili nel mondo del lavoro, attraverso l’ausilio di strumenti di sostegno e di collocamento mirato.
Il Decreto Disabilità 2024, come ultimo decreto attuativo della Legge n. 227/2021, offre una nuova definizione del concetto di disabilità. Il suindicato Decreto definisce disabile la persona che presenta limitazioni durature di tipo fisico, mentale, intellettivo o sensoriale, che, a causa di barriere ambientali e sociali, possono ostacolare la partecipazione completa ed equa alle diverse situazioni della vita.
Il rapporto di lavoro del lavoratore disabile può essere risolto, fondamentalmente, per tre ordini di ragioni:
– sussistenza di giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento;
– aggravamento delle condizioni fisiche del lavoratore disabile o variazioni nell’organizzazione aziendale, con conseguente intervento delle speciali commissioni mediche per la valutazione della definitiva impossibilità di reinserimento del lavoratore all’interno dell’azienda;
– licenziamento collettivo, con conseguente applicazione della normativa in materia di licenziamenti collettivi.
Preme, peraltro, sottolineare che, nel caso di recesso, di licenziamento per riduzione di personale o di licenziamento per giustificato motivo oggettivo del disabile assunto obbligatoriamente, potrà essere fatta valere l’annullabilità di tali provvedimenti qualora, al momento della cessazione del rapporto, il numero dei lavoratori subordinati assunti obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva prevista dalla legge.
La massima. Con ordinanza n. 18094 del 02.07.2024, la Corte di cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: “il datore di lavoro può risolvere il rapporto di lavoro della persona con disabilità assunta obbligatoriamente, nel caso di significative variazioni dell’organizzazione del lavoro, solo nel caso in cui la speciale commissione integrata di cui all’art. 10, comma 3, l. 12 marzo 1999, n. 68, accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro”.
Nel merito. Il lavoratore disabile, assunto obbligatoriamente dall’azienda, in quanto iscritto negli elenchi di cui alla legge n. 68/1999, ha fatto ricorso in sede giudiziaria al fine ottenere il riconoscimento dell’illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo nei suoi confronti comminato.
In prima battuta, la Corte di appello di L’Aquila ha definito la legittimità del licenziamento. I giudici hanno valutato come genuina la soppressione del posto di lavoro cui era addetto il lavoratore licenziato, a seguito di un’esternalizzazione dello stesso ad una ditta esterna. La Corte territoriale ha ritenuto inoltre che, nel caso di specie, la possibilità di repêchage doveva essere esclusa.
Di differente parere è stata la Corte di cassazione, la quale ha affermato l’illegittimità del licenziamento del lavoratore disabile, nell’ipotesi in cui non venga rispettata la procedura prevista dall’art. 10 della legge n. 68/1999 e, segnatamente, dal comma 3.
I considerando. Gli Ermellini hanno ritenuto che la pronuncia della Corte di appello di L’Aquila, avrebbe di fatto violato “il particolare iter previsto per il licenziamento del disabile delineato dall’art. 10, co. 3, L. 68/1999, in base al quale l’accertamento delle condizioni di salute in ragione delle minorazioni, sia in caso di aggravamento che di significative variazioni nella organizzazione del lavoro aziendale, deve essere svolto dalla Commissione medica ex art. 4 L. 104/1992”.
Il disabile, qualora quest’ultima ritenga che l’aggravamento o l’incompatibilità derivante dalla nuova organizzazione del lavoro pregiudichino la prosecuzione del rapporto, potrà fruire di una sospensione non retribuita dal rapporto per tutto il periodo in cui tale incompatibilità persista.
Il riconoscimento della condizione di disabilità viene effettuato dall’INPS mediante le unità di valutazione di base che si compongono di due medici, di un professionista sanitario e di una figura professionale appartenente alle aree psicologiche e sociali.
La Corte di cassazione ha sottolineato che il rapporto di lavoro potrà essere interrotto soltanto nel caso in cui, “anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro, la già menzionata commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda”.
Conclusioni. Pertanto, dalla lettura dell’ordinanza n.18094 del 02.07.2024, si evince il principio secondo il quale, il licenziamento per significative variazioni dell’organizzazione del lavoro (ad esempio nel caso di aggravamento delle condizioni fisiche) di un lavoratore disabile assunto obbligatoriamente deve inderogabilmente rispettare la procedura ex. art. 10, co. 3, L. 68/1999 (è ormai chiaro come tale procedura nel caso in esame non sia stata rispettata).
Questa ordinanza sottolinea infine come la tutela dei diritti delle persone con disabilità non sia solo una questione di equità sociale, ma anche un importante obbligo giuridico, volto a promuovere l’inclusione e la partecipazione attiva di tutti i lavoratori nel contesto professionale.
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