SOSPENSIONE CAUTELARE DAL SERVIZIO: costituzionalmente legittima la mancanza di un termine massimo
T.a.r. Campania – Napoli, Sez. VI, Sent. 20 maggio 2015, n. 2825, Pres. Maiello – Est. Corrado
a cura di Martina Bolis
Quando la sospensione cautelare dal servizio di un militare sia di applicazione discrezionale, nel senso che in tanto può essere adottata in quanto l’autorità competente riscontri in concreto la sussistenza delle esigenze cautelari che la motivano, e può essere mantenuta solo fino a quando tali esigenze permangano, allora si deve escludere che sia costituzionalmente necessaria la determinazione di un limite massimo di durata, oltre il quale la misura non possa essere mantenuta, pur permanendo, in ipotesi, le esigenze cautelari.
A.S., Sovrintendente della Guardia di Finanza, ricorreva in giudizio avverso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Comando Interregionale della Guardia di Finanza dell’Italia Meridionale, chiedendo l’annullamento della determina con la quale era stata disposta la sospensione precauzionale dal proprio impiego a titolo discrezionale, in prosecuzione di un provvedimento precedente.
La vicenda oggetto del giudizio era la seguente: nei confronti del ricorrente veniva adottato un provvedimento di sospensione dal servizio per un periodo di anni cinque. Successivamente, decorso tale periodo, era stata disposta una proroga della sospensione dal Comandante Interregionale su delega del Comandante Generale, motivata dalla condanna del Sovrintendente alla pena di anni uno di reclusione, con interdizione dai pubblici uffici per durata pari a quella della pena principale e quindi sospeso dal proprio impiego.
In primis, il T.a.r. ha affrontato una questione preliminare, chiarendo la natura del rapporto intercorrente tra Comando Generale e comandi interregionali, nonché le rispettive competenze, affermando che il rapporto de quo corrisponde a quello tra dirigenti generali e dirigenti così come regolato dagli artt. 16 e 17 D.Lgs 30 marzo 2001, n. 165 (T.U. Pubblico Impiego).
In particolare, l’art. 16 D.Lgs 30 marzo 2001, n. 165 dispone che “I dirigenti di uffici dirigenziali generali, comunque denominati” esercitano i compiti ed i poteri ad essi assegnati dal Testo Unico; il successivo art. 17 comma I lett. c stabilisce inoltre che i dirigenti “svolgono tutti gli altri compiti ad essi delegati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali”. Tali disposizioni sono da leggere in combinato disposto con l’art. 2 D.P.R. 29 gennaio 1999, n. 34 (Regolamento recante norme per la determinazione della struttura ordinativa del Corpo della Guardia di Finanza), in base al quale “1. Il Corpo della Guardia di finanza è ordinato su: a) comando generale; b) comandi e organi di esecuzione del servizio; (…) 2. I comandi e gli organi di esecuzione del servizio sono a loro volta distinti in: a) comandi territoriali: con competenza interregionale, regionale e provinciale (…)”. Stante quanto ut supra affermato e riportato, ne discende che il Comando Generale della Guardia di Finanza è considerato ufficio dirigenziale nei confronti dei comandi interregionali (cfr. T.a.r. Napoli, 25 gennaio 2011, n. 415).
A ciò si aggiunga che nello stesso senso dispone l’art. 2135 D.Lgs 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’Ordinamento militare): “1. Per il Corpo della Guardia di finanza restano ferme le competenze del Comandante generale in materia di adozione degli atti e provvedimenti di gestione del personale, in applicazione del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.”
Quindi, considerato che i provvedimenti disciplinari nell’ambito dell’ordinamento della Guardia di Finanza sono da ricondurre alla categoria dei provvedimenti amministrativi di gestione del personale, alla luce di una interpretazione sistematica non può che ritenersi sussistente un generale potere di delega da parte degli uffici dirigenziali nei confronti di quelli ad essi sottoposti.
Tutto ciò premesso, preliminarmente il T.a.r. ha concluso nel senso della legittimità della determinazione del Comandante generale della Guardia di Finanza con la quale era stata delegata ai Comandanti interregionali la competenza ad adottare sanzioni disciplinari di stato e, conseguentemente, afferma la legittimità dell’adozione della sospensione cautelare impugnata dal ricorrente (in senso conforme, T.a.r. Lazio, 24 luglio 2013, n. 7556).
Passando al merito della vicenda dedotta nel ricorso, il T.a.r. ha rilevato come la sospensione precauzionale facoltativa dal servizio sia regolata dall’art. 919 comma III D.Lgs 15 marzo 2010, n. 66, il quale dispone che “1. La sospensione precauzionale non puo’ avere una durata superiore ad anni cinque. Decorso tale termine la sospensione precauzionale e’revocata di diritto…3. Scaduto il quinquennio di cui al comma 1, se e’ ancora pendente procedimento penale per fatti di eccezionale gravità, l’amministrazione, valutato specificamente ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare, previa contestazione degli addebiti: a) sospende l’imputato dal servizio ai sensi dell’articolo 917; b) sospende il procedimento disciplinare ai sensi dell’articolo 1393”.
Trattandosi, come recita la rubrica della norma, di atto discrezionale e facoltativo, esso è sindacabile solo per manifesta illogicità, abnormità, irragionevolezza o palese travisamento dei fatti, non potendo essere sindacato nel merito. Non è invece necessaria l’esposizione analitica nel provvedimento delle ragioni che hanno portato a ritenere i fatti contestati al militare tanto gravi da legittimare la proroga della sospensione; tale giudizio di valore può infatti anche essere implicito nella gravità del reato per il quale il militare ha riportato la condanna, nella posizione da esso rivestita e nella commissione del reato in occasione od a causa del servizio.
L’eccezionale gravità dovrà essere valutata dal giudice di merito con riferimento ad ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare, previa contestazione degli addebiti ex art. 917 D.Lgs 15 marzo 2010, n. 66.
Anche la Corte Costituzionale, sebbene in ambito diverso, ha chiarito che qualora l’applicazione della sospensione cautelare sia discrezionale, essa non possa comunque essere lasciata al libero arbitrio del giudice. È infatti necessaria la sussistenza in concreto di esigenze cautelari, potendo la misura perdurare solo fintanto che tali esigenze permangano. La necessaria attualità delle esigenze cautelari comporta il venir meno della necessità della predeterminazione di un limite massimo di durata della misura cautelare, essendo tale limite implicito nel venir meno delle esigenze in discorso (Corte Cost., 23 ottobre-2 novembre 2000, n. 454; Corte Cost., 3 – 22 luglio 2003, n. 264).
In base a tutte le considerazioni sopra riportate, il T.a.r. ha respinto il ricorso, in quanto infondato.