SPONSORIZZAZIONE: gli enti pubblici non possono promuovere sé stessi
T.A.R. Sardegna – Cagliari, sez. I, 23 settembre 2015, n. 1023
a cura di Giacomo Romano
L’art. 6, comma 9, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 preclude qualsiasi forma di contribuzione a terzi intesa a valorizzare il nome o le caratteristiche dell’ente ovvero a sostenere eventi che non siano diretta espressione dei compiti istituzionali dell’ente; ne consegue la nullità di ogni convenzione finalizzata all’erogazione di somme da parte di una Regione per sponsorizzare una squadra di calcio, nemmeno in cambio di una valorizzazione del nome o dell’immagine dell’ente pubblico.
Il fatto
La Regione Sardegna aveva stipulato un accordo formale con la S.p.a. Cagliari Calcio volto alla promozione della Sardegna nell’ambito del campionato nazionale di serie A per due anni, prevedendo di migliorare e rafforzare l’identità visiva della Regione, con l’impiego, su ogni genere di supporto (dal merchandising ai biglietti) del marchio “Sardegna”.
Il contratto veniva, poi, risolto per grave inadempimento poiché ricadeva nel divieto di sponsorizzazione di cui all’articolo 6, D.l. 78 (legge 122/2010), che impone alla pubblica amministrazione il divieto di effettuare spese per sponsorizzazioni.
La società calcistica si difendeva rilevando che il contratto non configurava un contratto di sponsorizzazione e quindi non sarebbe stato colpito da invalidità originaria per effetto della violazione del divieto posto dal citato art. 6, comma 9; conseguentemente, pretendeva il pagamento di importi consistenti da parte della Regione.
La decisione
Il Collegio ha rilevato che l’assetto negoziale posto in essere tra le parti si traduceva, essenzialmente, in una serie di prestazioni da parte della società sportiva volte alla enfatizzazione dell’immagine dell’ente Regione Sardegna, attraverso la diffusione del logo e della denominazione dell’ente, nelle varie modalità sopra indicate.
Tale schema negoziale rientra pienamente nella nozione di contratto di sponsorizzazione, con il quale il soggetto sponsorizzato (sponsee) si obbliga a fornire, nell’ambito di proprie iniziative destinate al pubblico (eventi musicali, artistici, sportivi, ecc.), prestazioni accessorie per favorire la diffusione del marchio, del logo o di altri messaggi del soggetto sponsorizzatore (sponsor), il quale si obbliga a pagare per ciò un determinato corrispettivo, nella previsione che il pubblico, partecipando all’iniziativa, associ all’iniziativa la figura dello sponsor e che da tale associazione lo sponsor consegua un beneficio d’immagine.
Pertanto, la convenzione risultava senz’altro viziata di nullità per il contrasto con la norma imperativa di cui al citato art. 6, comma 9, che – imponendo il divieto di effettuare spese per sponsorizzazioni – implica anche il divieto di adottare provvedimenti amministrativi o stipulare accordi o contratti che comportino spese del tipo di quelle vietate (come condivisibilmente affermato anche dal giudice contabile, l’entrata in vigore della norma citata preclude «qualsiasi forma di contribuzione a terzi intesa a valorizzare il nome o le caratteristiche dell’ente ovvero a sostenere eventi che non siano diretta espressione dei compiti istituzionali dell’ente»: Corte Conti reg. (Liguria) sez. contr. 15 febbraio 2011 n. 6).
In conclusione, il Collegio ha rigettato il ricorso della società calcistica attesa la nullità del contratto di sponsorizzazione sul presupposto che gli enti pubblici non hanno alcuna possibilità di sponsorizzare sé stessi.