Spostarsi in tempo di Covid-19. Alcune risposte alle domande più frequenti
(Aggiornato al 13.03.2020)
Quella che viviamo è una situazione di chiara emergenza e di incertezza, anche normativa. Non tutti siamo avvezzi alla lettura dei decreti e dei vari provvedimenti che si stanno susseguendo.
Cosa possiamo o non possiamo fare? Posso passeggiare? Come? Ho bisogno dell’autodichiarazione predisposta dal Governo? Se si, anche se circolo nell’ambito dellostesso comune? Cosa rischio se circolo consapevole o temendo di essere contagiato?
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza!
Punto di partenza non può che essere il DPCM 8 marzo 2020 contenente “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”.
Il decreto, poi richiamato dal successivo DPCM 9 marzo 2020, che ne ha esteso l’efficacia a tutto il territorio nazionale, prescrive all’art. 1 lett. a) di “evitare ogni spostamento delle persone fisiche[…], salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. E’ consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza” e al successivo articolo 4, comma II, che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il mancato rispetto degli obblighi di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale, come previsto dall’art. 3, comma 4, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6”.
Va detto che il divieto di circolazione, come poi ribadito in numerose dichiarazioni dal Presidente del Consiglio e da alcuni Presidenti di Regione, sarebbe da intendersi assoluto (pur ammettendosi attività sportiva nel rispetto della distanza di un metro), giustificando la circolazione in pubblico solo i richiamati motivi eccezionali.
Da subito sul sito istituzionale del Governo è stato caricato un file pdf contenente un prestampato che il cittadino sarebbe tenuto a presentare alle Forze dell’Ordine in caso di controllo, al fine di dichiarare, sotto responsabilità civile e penale, i motivi eccezionali giustificativi dello spostamento.
Tale la premessa, rispondiamo ad alcune, frequenti, domande:
1) E’ obbligatorio portare con sè il modulo di autocertificazione predisposto dal governo?
La risposta è no. Non vi è disposizione alcuna che preveda un obbligo di autocertificazione e/o di spostarsi con tale modulo, tantomeno quello predisposto dal Governo Italiano.
ATTENZIONE però, è tuttavia consigliabile spostarsi sempre con una copia in tasca, seppure solo per una questione di praticità, evitando così di predisporre al momento una dichiarazione, magari non precisa, e favorendo il compito delle Forze dell’Ordine.
Si ribadisce che il mancato possesso del modulo non è autonomamente sanzionabile e le forze dell’ordine dovrebbero raccogliere la dichiarazione, nelle forme di legge, eventualmente a mezzo di moduli in possesso degli stessi. Tuttavia per agevolare il compito delle forze dell’ordine e ridurre i contatti con terzi è bene portarlo con sé già parzialmente compilato con le ragioni giustificatrici dello spostamento.
Per comodità, si rimette il link al modello https://www.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/modulo_autodichiarazione_10.3.2020.pdf
2) Se gli spostamenti non rientrano in uno dei casi eccezionali, cosa si rischia?
Il decreto 8 marzo 2020, e i successivi che lo richiamano, prevede che, salvo che non costituisca più grave reato, “il mancato rispetto degli obblighi di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale”.
In primo luogo, quindi, il richiamo è all’art. 650 del codice penale, che recita così: “chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a
duecentosei euro”.
Va precisato che le limitazioni alla circolazione valgono per qualsiasi tipo di spostamento, anche se nell’ambito dello stesso territorio comunale.
E’ bene evidenziare che si tratta di sanzione di carattere penale e non amministrativa, pertanto non si rischia la c.d. “multa”, ma una condanna che sarà iscritta nel casellario giudiziale. Certo ci sono modi per evitare la condanna penale e l’iscrizione, ma non è questo il momento di parlarne, in quanto la finalità del presente scritto non è quello di trovare zone franche nella legislazione emergenziale né quello di minimizzare sulle sanzioni e ciò a beneficio della salute di tutti. E’ tuttavia necessario chiarire sin d’ora che dal punto di vista sanzionatorio è consigliabile – qualora non si abbiano reali giustificazioni per la violazione della disposizione di restare in casa – evitare qualsiasi dichiarazione ed essere denunciati per la presunta violazione dell’art. 650 c.p., piuttosto che compilare l’autodichiarazione con giustificazioni non veritiere le quali, in caso di accertamento negativo, potrebbero dar luogo a procedimenti penali per reati ben più gravi.
3) Ho sentito parlare di oblazione, cos’è?
Si è detto che la violazione dell’art. 650 cp integra una fattispecie di reato. Possiamo ora precisare che si tratta di una contravvenzione, reati che si caratterizzano, tra l’altro, per una minore gravità sociale e per pene più lievi rispetto ai delitti.
Orbene, per quanto di interesse, va sottolineata la possibilità per tali tipi di reato di ricorrere all’istituto dell’oblazione, prevista agli art. 162 cp (se la legge prevede la sola pena dell’ammenda) e 162 bis cp (se, come nel caso dell’art. 650 cp, è prevista la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda).
Si tratta di una causa di estinzione del reato.
Se l’art. 162 cp prevede l’estinzione del reato nel momento in cui l’imputato paghi 1/3 del massimo della pena stabilito dal reato commesso, p er i reati in cui è prevista la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, come nel caso in esame, l’oblazione non è automatica e, qualora sia presentata richiesta da parte dell’imputato o del suo difensore , il giudice può valutare la concessione dell’oblazione e potrà disporre l’estinzione del reato nel momento in cui l’imputato abbia pagato la metà del massimo della pena pecuniaria dell’ammenda prevista per il reato contestato.
I vantaggi dell’istituto sono evidenti: 1) la limitata ricaduta economica (con il pagamento di una somma pari, ex artt. 162bis e 650 cp, ad euro 103,00 oltre spese del procedimento); 2) definizione alternativa al processo penale; 3) non iscrizione del reato nel casellario giudiziale.
Alla luce della circolazione di alcuni audio-bufale in rete, si ritiene opportuno precisare che, in caso di accertamento, da parte delle Forze dell’Ordine, della violazione delle prescrizioni, l’accertatore si limita a trasmettere la notizia di reato alla competente Procura della Repubblica. Solo all’esito di un giudizio il Giudice irrogherà, quantificandola, l’ammenda ritenuta proporzionata al caso concreto.
Non si è, quindi, costretti a pagare alcunché al momento, né mai alcun Corpo di Polizia avanzerà una simile richiesta!
E’ altrettanto opportuno precisare che l’ammissione all’oblazione prevista dall’art. 162 bis c.p. non è automatica e sempre possibile, il Giudice infatti ha la possibilità di non ammettere il contravventore all’istituto estintivo. Invero la valutazione del giudice, in caso di oblazione facoltativa, è discrezionale, sulla base degli indici di cui all’art. 133 c.p., fondamentalmente cristallizzati nel disposto di cui al co. 4 dell’art. 162 bis c.p. richiamante la gravità del fatto.
Orbene non vi è chi non veda che se è altamente probabile, se non certo, che il Giudice ammetta all’oblazione chi si sia reso responsabile, in questo periodo, di un’unica violazione, lo stesso non può dirsi per i casi di soggetti che abbiano collezionato tre o addirittura plurime denunce aventi ad oggetto la violazione della disposizione in parola.
4) Si può presentare domanda di oblazione anche se viene accertata la non veridicità della dichiarazione?
Prima di rispondere a tale domanda, va ricordato che già il DPCM 9 marzo, ma sempre più con i successivi provvedimenti, ha predisposto una stretta ai controlli in ordine alla veridicità dell’autodichiarazione (per gli spostamenti) che potrà essere verificata anche successivamente.
Ad ogni modo, la risposta al quesito è NO e tanto perché, secondo gli annunci dell’esecutivo e le prefetture, andrebbero a configurarsi ulteriori e più gravi ipotesi di reato: in particolare la violazione dell’art. 76 del DPR n. 445/2000, che richiama i reati di falso, anche commessi ai danni di pubblici ufficiali e l’art. 495 c.p. “Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri” che prevede la reclusione da uno e sei anni. Tuttavia sul punto vi sono pareri di eminenti giuristi (da ultimo, Prof. Giovanni Maria Flick, Presidente Emerito della Corte Costituzionale, già Professore di Diritto Penale, intervento pubblicato in data 13.03.2020 sulla testata www.open.online.it , articolo dal titolo “Coronavirus, attenzione a quegli arresti, potrebbero essere illegittimi”), ai quali riteniamo di prestare adesione, che ritengono non applicabile alla fattispecie de qua la contestazione dell’art. 495 c.p. in quanto non si direbbe il falso sulle sulla propria identità, sulle proprie qualità o sul proprio stato, per “stato”, infatti, la legge intende lo stato civile.
Sarebbe allora ipotizzabile la violazione dell’art. 483 c.p. : si potrebbe ritenere che si tratti di un falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico, ma anche tale ricostruzione presta il fianco a plurime obiezioni, una tra tutte la violazione del principio del nemo tenetur se detegere (il diritto a non autoincriminarsi), sul punto tuttavia non manca chi evidenzia come la dichiarazione mendace si realizzerebbe in un momento in cui il procedimento non esiste ancora ed il diritto al silenzio non è (ancora) invocabile.
5) E allora cosa fare se si circola senza ragione giustificatrice e senza il modulo di autodichiarazione predisposto dal Governo?
Ancora una volta, in via preliminare, si consiglia di evitare spostamenti non necessari e, comunque, di spostarsi con il modulo predisposto dal Governo.
In ogni caso non bisogna farsi prendere dal panico. Nel caso in cui non si abbia con sè la dichiarazione è certamente possibile chiedere agli Organi di controllo di rilasciare la stessa su carta libera. Per nessuna ragione rifiutarsi di fornire l’autocertificazione alle forze dell’ordine, rifiutarsi di esibire i documenti di riconoscimento o fuggire da esse durante un controllo.
6) Temo di essere infetto, ma mi sposto ugualmente…cosa rischio?
Bisogna fare molta attenzione in questo caso.
In primo luogo il buon senso e un principio di responsabilità e solidarietà dovrebbero portarci a evitare ogni contatto con terzi se abbiamo anche solo il dubbio di essere portatori, anche se asintomatici, del Covid-19.
Ad ogni modo, a parere di chi scrive, potrebbero configurarsi le fattispecie di lesioni ed omicidio colposi purché, naturalmente, sussista la prova del nesso di causalità fra la condotta e l’evento lesivo.
In caso di condotte dolose (è il caso di chi, consapevole di essere positivo e contagioso non rispetti la quarantena, cagionando la malattia ad altre persone) potrebbero essere, altresì, contestati i reati di lesioni e/o a seguito dell’evento morte quello di omicidio volontario (si richiama all’uopo la corposa giurisprudenza in tema di diffusione consapevole del virus HIV, mediante rapporti non protetti – ex mutis Cass. pen. 48014/2019).
Le pene, a seconda della fattispecie contestata, possono andare dalla reclusione fino a tre mesi per le lesioni colpose, sino ad una pena da 6 a dodici anni per le lesioni dolose gravissime e 21 anni di reclusione (nel minimo) per l’omicidio volontario.
Potrebbero altresì essere contestati i reati di epidemia colposa o dolosa.
L’art. 438 c.p. prevede che “chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo”.
Se il fatto avviene per colpa la pena prevista dall’art. 452 c.p. è ben più contenuta. Sempre a parere di chi scrive, nella stragrande maggioranza dei casi, è meno sostenibile la configurabilità di tali fattispecie di reato essendo necessario, secondo il diritto vivente, che il contagio abbia dato luogo ad una diffusione incontrollabile, che abbia interessato un numero di soggetti indeterminato o quantomeno ingente (nella citata Cass. pen. n. 48014/19 è stato ritenuto insufficiente il numero di 37 contagiati) e che sia avvenuta in un periodo contenuto di tempo. A ciò si aggiunga che il delitto in esame richiede per la configurabilità quale elemento soggettivo il cd. dolo generico, ossia la coscienza e volontà di dar vita, mediante le modalità strumentali indicate dal legislatore, a un’epidemia.
In definitiva le regole auree da rispettare sono: – permanere nella propria abitazione; – evitare i contatti con le altre persone; – mantenere in ogni caso la distanza minima di un metro dagli altri individui; – rispettare l’igiene personale secondo le indicazioni degli esperti; – spostarsi solo per ragioni di reale necessità.
A tali raccomandazioni devono aggiungersi quelle specifiche e di dettaglio emanate dai Presidenti delle Regioni e/o dei Sindaci nelle realtà territoriali in cui ciascuno di noi vive.
Nella speranza che la corretta osservanza delle disposizioni impartite riesca a contenere il contagio ed a limitare il numero dei decessi, non ci resta che augurare a tutti un enorme in bocca al lupo!
Avv. Ciro Coticelli
Avv. Carmine Iovino
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
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