Stepchild Adoption- Corte d’Appello di Napoli n. 145 /2018
E’ di pochi mesi fa una sentenza della Corte d’Appello di Napoli che ha suscitato molto interesse. La sentenza n. 145 del 2018, di cui parliamo è quella che ha accolto la richiesta di stepchild adoption avanzata dalla mamma non biologica di un bimbo nato dalla compagna, che si sottopose alla procreazione artificiale. Così viene, non solo di fatto, ma anche di diritto, riconosciuto lo stato della mamma dalla nascita a colei che viene vista come madre adottiva. Quindi, secondo la sentenza, la madre non biologica è madre fin dalla nascita perché accettò e condivise il percorso della procreazione assistita. Precedentemente a tale pronuncia, il Tribunale per i minorenni di Napoli aveva respinto la richiesta della madre “non biologica” di adottarlo mediante il meccanismo della SA. Alla stesura della sentenza in esame ha collaborato uno dei massimi esperti italiani di diritto dell’infanzia, il dott. Geremia Casaburi chiarendo come tale riconoscimento è insito già nella legge n.40 del 2004, per cui “i nati a seguito dell’applicazione delle tecniche della procreazione medicalmente assistita hanno lo stato dei figli della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime”.
Ma cosa intendiamo quando parliamo di stepchild adoption? Non so se per pigrizia letteraria o per internazionalizzare tale istituto siamo ricorsi ancora una volta alla terminologia anglosassone. In fondo si sa che, oggi per stupire e per stupirci è meglio usare termini in inglese. Job act, stepchild adoption, sono gli ultimi esempi dei nostri parlamentari che per arrivare prima ai loro elettori preferiscono internazionalizzare il loro lavoro legislativo. Ma andiamo oltre. Stepchild Adoption significa letteralmente “l’adozione del figliastro”, ovvero è la possibilità che il genitore non biologico adotti il figlio, naturale o adottivo del partner (art. 5 del ddl Cirinnà bis). Nel nostro paese è prevista l’adozione del figlio del partner ma solo per le coppie eterosessuali sposate da almeno tre anni o che abbiano convissuto more uxorio per almeno tre anni ma che al momento della richiesta si siano sposate.
Quindi per le coppie omosessuali tale possibilità non è prevista perché non viene riconosciuto né il matrimonio né altre forme di unioni per le persone gay. In realtà, in Italia nell’agosto del 2014 il Tribunale dei Minori di Roma ha riconosciuto di fatto la prima adozione omosessuale, permettendo ad una donna l’adozione della figlia naturale della sua compagna. Le due donne si erano sposate in Spagna ed erano ricorse alla procreazione eterologa assistita per avere un figlio. Il Tribunale dei Minori di Roma ispirato dall’art. 44 comma 1 della legge sull’adozione del 1983 che la contempla in alcuni casi anche per coppie non sposate si è basato sul “superiore e preminente interesse del minore a mantenere anche formalmente con l’adulto, in questo caso genitore sociale, quel rapporto affettivo e di convivenza già positivamente consolidatosi nel tempo”. Questo ci fa capire come vi sia stata una copertura giuridica più ampia senza creare un nuovo diritto. D’altronde il Tribunale dei Minori di Roma non ha fatto altro che applicare alla lettera il motivo per cui la legge del 1984 venne scritta ovvero quello di considerare come fondamentale diritto del minore quello ad essere allevato nella propria famiglia e realizzare così anche i precetti costituzionali diretti ad assicurare ad ogni persona la tutela dei diritti fondamentali (artt. 2 e 3 Cost.) ed al minore, in particolare il diritto al mantenimento, all’istruzione e all’educazione.
Ma non divaghiamo. Oggi come allora, una delle principali motivazioni che hanno portato alla stesura della SA è proprio l’interesse del minore, il suo benessere materiale e spirituale. Non solo. La SA è andata oltre, permettendo al genitore non biologico l’adozione del minore, laddove la vita ha voluto che quel figlio rimanesse da solo, o orfano di uno dei due genitori biologici. Rafforzando la posizione del minore, dando supporto giuridico, all’interno di un nucleo familiare, di una unione di due persone pronte a condividere tutto, anche la crescita di un figlio. La sentenza del 2014 del Tribunale dei Minorenni di Roma è frutto anche di un vuoto normativo in quanto non vi era nessuna legge che impedisse in maniera esplicita il divieto per un genitore omosessuale di richiedere l’adozione del figlio naturale del partner. A livello europeo molti sono già i Paesi che hanno autorizzato le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le adozioni; il primo è stato l’Olanda, che nel 2001 ha apportato una riforma al proprio Codice Civile aprendo la strada alle nozze tra persone dello stesso sesso. A seguire troviamo il Belgio dal 2003, Spagna dal 2005, Portogallo dal 2010, Francia dal 2013, Regno Unito dal 2002, Norvegia dal 2009, ecc..; di contro ci sono anche paesi europei dove non ci sono né le unioni civili, né le adozioni e né la stepchild quali la Polonia, Slovacchia, Lituania, Lettonia, Bulgaria e Romania e fino a due anni fa in questo elenco figurava anche l’Italia.
Dal 5 giugno 2016 anche l’Italia ha la sua legge che regola le unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina le convivenze. Tutto questo lo si deve alla legge Cirinnà (senatrice del Partito Democratico, promotrice e prima firmataria della norma).
La sentenza della Corte d’Appello di Napoli ha voluto, così riconoscere non solo il diritto di genitrici alle due mamme ma anche una tutela a quei figli nati da coppie omosessuali che con molta fatica e sacrifici hanno intrapreso un percorso difficile e cioè quello di veder riconosciuti diritti fondamentali per loro e i loro “cari”. La SA è segno di grande civiltà e maturità della nostra società che si è evoluta nel corso degli ultimi 30 anni. E’ pertanto doveroso ringraziare per questo risultato la tenacia e la sensibilità dell’avvocato Francesca Quarato, legale del gruppo dell’associazione genitori omosessuali “famiglie arcobaleno”.
Nel ringraziarvi per il tempo che mi avete dedicato, vi do appuntamento al prossimo articolo.
Maria Teresa Federico
Avvocato del Foro di Roma
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