Storia e diritto: l’approccio umanistico
Il panorama giuridico europeo fu protagonista di un cambiamento radicale dettato dalla diffusione del movimento culturale noto come Umanesimo giuridico che ne interessò le sorti a partire dal XV secolo e, più significativamente, nel corso del XVI secolo. Tale fenomeno, che traeva origine e forza dalla riscoperta, in Italia, della cultura classica (si pensi alle figure di Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio), si affermò come propulsore di un nuovo metodo attraverso il quale pensare il diritto.
Ritenendo imprescindibile l’interrogarsi sulla validità delle fonti del diritto assunte come tradizionali, sfidando di fatto le norme stabilite ed evidenziando la necessità di concepire un ordine giuridico maggiormente caratterizzato dall’universalità, l’Umanesimo giuridico pose le basi del pensiero e della prassi giuridica moderna. Il diritto comune, difatti, nel quale si sostanziava uno dei volti principali della tradizione giuridica medievale, si erigeva su un sistema fondato su posizioni e status verso il quale si mosse la critica degli Umanisti, che avvalorarono una visione universale dello spazio giuridico, non avvilita dalla frammentazione tra diritto comune e diritti particolari e che troverà piena affermazione con l’Illuminismo. Il diritto comune e il corpus delle leggi adottate dall’imperatore Giustiniano, in questo frangente, giunsero ad essere ritenuti non la pietra miliare sulla quale era fondamentale continuasse a essere fondato il sistema giuridico, ma una risorsa che assumeva valore in una prospettiva storica e la cui validità non poteva implicare una sua diretta ed indiscussa applicazione. Fu il criterio della storicizzazione del diritto ad acquisire rilievo e per il suo tramite il diritto romano assurse a modello, a lente attraverso la quale indagare l’epoca romana, ma la cui incontrastata legittimità non poteva che esplicarsi unicamente rispetto ad essa.
Gli Umanisti rimproverarono ai giuristi medievali di non tenere conto del contesto storico in cui germogliarono le leggi considerate. Soffermarsi sui fattori culturali, economici, politici e sociali determinanti l’emanazione delle regole giuridiche costituì il fine principale nell’ambito dell’Umanesimo giuridico. La storicizzazione venne perseguita attraverso la filologia, metodo di studio di fonti e documenti fondata sull’interpretazione critica di ogni passaggio e sull’analisi razionale e dettagliata del contesto storico di riferimento. L’apprezzamento e l’interesse manifestati verso le opere dei classici greci si tradussero nell’avversione nei confronti della metodologia di cui si erano avvalsi i Glossatori e i Commentatori, principali protagonisti della scienza giuridica medievale, accusati di operare un distacco dal dettato normativo e di dar luogo ad interpretazioni sempre più arbitrarie. Gli Umanisti si opposero ad ogni divagazione dal testo giustinianeo ed invocarono un ritorno inequivocabile all’autenticità del testo: la loro filologia fu animata dall’obiettivo di recuperare il dettato puro e originale dei classici. Ciò avvenne includendo nell’approccio filologico la storia. Con essa si sarebbe potuto risalire, analizzando il diritto, alle esigenze della società indietro nel tempo. La storia, di conseguenza, venne ad essere interpretata come strumento che consentiva di riflettere sull’attualità, dal momento che evidenzia nitidamente e le peculiarità che intercorrono tra passato e presente.
Tra le figure chiave del movimento si contempla Lorenzo Valla, la cui analisi critica del Digesto sfidò le tradizionali letture del diritto romano. L’operato del Valla, assieme a quello di Angelo Poliziano, aprì la strada ad un nuovo approccio ai testi giuridici, basato sull’indagine filologica e su un esame critico della conoscenza ereditata. La filologia umanistica, dunque, svolse un ruolo di vitale importanza nello sviluppo dell’Umanesimo giuridico, dal momento in cui gli studiosi iniziarono ad interrogarsi sull’esattezza e sull’autenticità dei testi giuridici, oltre che della Bibbia stessa. Fu proprio questo scetticismo a far sì che si procedesse ad una rivalutazione del diritto comune.
Andrea Alciato, uno dei primi giuristi umanisti, si impegnò a colmare il divario tra il tradizionale orizzonte normo-giuridico ed il nuovo approccio umanistico. Fondatore della Scuola culta, sostenne il metodo storico-filologico, epurando i testi antichi dagli errori apportati in età medioevale e giustinianea e storicizzando il diritto. Formatosi a Milano nella prima metà del Cinquecento, divenne poi, attorno al 1530, insegnante di diritto a Bourges, in Francia. Attraverso la sua figura ed il suo insegnamento è possibile comprendere quali furono gli ostacoli che l’Umanesimo giuridico dovette affrontare. Il diritto romano venne ora sì ad essere accolto ed ammirato come modello di ispirazione, ma di esso non si invocava più un diretto uso. Il movimento, peraltro, nel frapporsi all’ordine stabilito dal diritto comune, fu all’origine di dibattiti e opinioni contrastanti tra gli studiosi. In Francia, il nazionalismo assunse un ruolo cruciale nel distacco dall’ordine normo-giuridico tradizionale. Fu proprio qui che il metodo di Alciato diede i risultati più significativi. L’ondata umanistica investì la totalità delle scuole francesi, che assimilarono le innovazioni proprie dell’ambito giuridico tanto che il metodo umanistico giunse ad essere definito come culto e il relativo insegnamento, invece, come francese o mos gallicus. Questo approccio implicava un forte uso della grammatica, anziché della dialettica (tipicamente usata dai Commentatori). In contrapposizione a ciò, la realtà italiana rimase sostanzialmente ancorata al tradizionale metodo dialettico dei Commentatori e all’approccio scolastico, noto come mos italicus iura docendi, essenzialmente pregno del c.d. bartolismo. L’Italia si ritrovò ad assumere, pertanto, un ruolo secondario rispetto alla Francia, ove si affermarono concretamente ed in prima istanza le innovazioni umanistiche. La distinzione tra paesi di diritto scritto e paesi di diritto orale ebbe un peso notevole: mentre i primi, come l’Italia, continuarono ad applicare nei tribunali il diritto romano comune, i secondi, legati al diritto consuetudinario, si affrancarono da questa dominante influenza storica e con vigore iniziarono a recepire le varie novità. Fu questo un passo enorme nel cammino di transizione verso i diritti nazionali.
Infine, è opportuno evidenziare che dell’Umanesimo giuridico si debba parlare in quanto movimento rivoluzionario dato che per il suo tramite iniziò ad essere affermata la centralità dell’individuo quale figura sovrana nel rapporto con società e natura. Esso fu in grado di determinare un decisivo spostamento verso la valorizzazione della persona – che con il giusnaturalismo acquisirà la dignità di soggetto giuridico – come figura centrale dei diritti e delle responsabilità nella società. Questa nuova visione dell’individuo ha portato a riflessioni profonde su temi quali la libertà, l’uguaglianza e la dignità umana, contribuendo ad una reazione contro le concezioni medievali che enfatizzavano maggiormente il collettivo e le gerarchie sociali. Si comprende bene, dunque, il perché della necessità di una revisione critica delle fonti del diritto: l’individuo non venne più considerato semplicemente come membro della società, ma un vero e proprio soggetto con a capo diritti intrinseci.
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