Subappalto: la disciplina contenuta nel d.lgs. 31 marzo 20123, n. 36 e differenze con il sub-contratto

Subappalto: la disciplina contenuta nel d.lgs. 31 marzo 20123, n. 36 e differenze con il sub-contratto

Abstract. Il presente contributo ha l’obiettivo di delineare la portata normativa del D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 in relazione alla disciplina dell’istituto del subappalto tenuto conto della dimensione nazionale ed euro-comunitaria che sinergicamente hanno contribuito all’attuale previsione. In tale prospettiva, l’elaborato pone in risalto due eliminazioni di rilievo che hanno interessato l’art. 119 del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 venendo meno il generalizzato divieto dei subappalti a cascata e la restrizione percentuale dell’utilizzo del subappalto precedentemente imposti dall’art. 105 del d.lgs. 50/2016 ora abrogato. In seguito, degno di nota è il complesso bilanciamento tra il principio della trasparenza e il principio della concorrenza. Per concludere, l’attenzione si sposta nell’analisi della figura giuridica del sub-contratto enfatizzando il discrimine tra la richiesta di autorizzazione al subappalto e la comunicazione del sub-contratto ponendo l’accento sull’idoneità di quest’ultimo istituto di soddisfare la celerità dei traffici commerciali solamente qualora l’operatore economico risulti in grado di ricondurre correttamente la fattispecie concreta nel diverso ambito di applicazione proprio del sub-contratto.

L’art. 119 del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (Codice dei contratti pubblici) rubricato “subappalto” prescrive al primo comma che “i soggetti affidatari dei contratti eseguono in proprio le opere o i lavori, i servizi e le forniture compresi nel contratto. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 120, comma 1, lettera d), la cessione del contratto è nulla. E’, altresì, nullo l’accordo con cui a terzi sia affidata l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni appaltate, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative alla categoria prevalente e dei contratti ad alta intensità di manodopera. E’ ammesso il subappalto secondo le disposizioni del presente articolo”.

L’art. 119 del d.lgs. n. 36/2023 al secondo comma definisce il subappalto come “il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, con organizzazione di mezzi e rischi a carico del subappaltatore. Costituisce, comunque, subappalto di lavori qualsiasi contratto stipulato dall’appaltatore con terzi avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell’importo del contratto da affidare. Si rileva, inoltre, che l’art. 119 del D.lgs. 36/2023 al comma 17 ha eliminato il previgente divieto dei subappalti a cascata.

Si noti che l’istituto del subappalto così tratteggiato è il risultato di un discusso dialogo tra principi europei e nazionali.

In materia, rileva la procedura di infrazione contro l’Italia n. 2018/2273 con la quale la Commissione europea, contestava, tra le altre violazioni, la normativa interna riguardante il divieto di subappaltare più del 30% di un contratto pubblico (articolo 105 decreto legislativo n. 50/2016) rilevando l’assenza nelle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE di disposizioni che consentano un siffatto limite obbligatorio all’importo dei contratti pubblici. Tutt’al contrario, le direttive si basano sul principio secondo cui occorre favorire una maggiore partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici, e il subappalto è uno dei modi in cui tale obiettivo può essere realizzato. Sul tema, si veda ad esempio il considerando 78 della direttiva 2014/24/UE – 26 che prescrive: “È opportuno che gli appalti pubblici siano adeguati alle necessità delle PMI. Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere incoraggiate ad avvalersi del Codice europeo di buone pratiche, di cui al documento di lavoro dei servizi della Commissione del 25 giugno 2008, dal titolo «Codice europeo di buone pratiche per facilitare l’accesso delle PMI agli appalti pubblici». A tal fine e per rafforzare la concorrenza, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero in particolare essere incoraggiate a suddividere in lotti i grandi appalti. Tale suddivisione potrebbe essere effettuata su base quantitativa, facendo in modo che l’entità dei singoli appalti corri sponda meglio alla capacità delle PMI, o su base qualitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni presenti, per adattare meglio il contenuto dei singoli appalti ai settori specializzati delle PMI o in conformità alle diverse fasi successive del progetto. Si aggiunga, il considerando 63 della direttiva 2014/23/UE laddove richiama “la possibilità concessa ai candidati di far ricorso alle capacità di altri soggetti può essere un fattore determinante per consentire la partecipazione delle piccole medie imprese”.

Si precisa che, nonostante l’eliminazione della restrizione percentuale dell’utilizzo del subappalto è sempre garantita la facoltà per la stazione appaltante, “previa adeguata motivazione”, di indicare “nei documenti di gara le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto da eseguire a cura dell’aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto…”.

Nel quadro normativo così delineato, non deve abbandonarsi la consapevolezza che in Italia il subappalto è da sempre interessato dall’infiltrazione della criminalità organizzata e che pertanto una siffatta realtà può giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del TFUE che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, come dichiarato anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sezione V sentenza del 26 settembre 2019 c.d. sentenza Vitali: “Infatti, il singolo Stato membro è nella posizione migliore per individuare, alla luce di considerazioni di ordine storico, giuridico, economico sociale che gli sono proprie, le situazioni favorevoli alla comparsa di comportamenti in grado di provocare violazioni del rispetto dell’obbligo summenzionato”.

Altro aspetto interessante, soprattutto da un punto di vista operativo, consiste nel raffronto dell’istituto del subappalto con la fattispecie del sub-contratto altro strumento volto a promuovere la concorrenza nel settore degli appalti pubblici.

Al riguardo, deve anzitutto ricordarsi che si definiscono sub-contratti tutti i contratti che non sono subappalti. Sul punto, ai sensi dell’art. 119, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023 non costituisce subappalto il contratto stipulato dall’appaltatore che richiede l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se di importo pari o inferiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo pari o inferiore a 100.000 euro, e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia pari o inferiore al 50 per cento dell’importo del contratto da affidare; condizioni che devono peraltro sussistere cumulativamente e non in via alternativa, come già chiarito dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato Sez. V 3.02.2021 n. 1001). Ne deriva che, in tali ipotesi si integra la fattispecie del sub-contratto.

Inoltre, non si configurano come attività affidate in subappalto, per la loro specificità, le categorie di forniture o servizi indicate alle lettere a) b) c) e d) comma 3 art. 119 D.lgs. 36/2023. Sul tema, la giurisprudenza è intervenuta specificatamente per quel che riguarda l’affidamento di attività secondarie, accessorie o sussidiarie e ha escluso che costituisca subappalto l’attività che pur compresa nel complessivo oggetto del contratto in quanto necessaria per la corretta esecuzione della prestazione principale, rivesta in rapporto a quest’ultimo e nella complessiva economia del contratto carattere complementare ed accessorio (così Cons. Stato Sez. V, 21 maggio 2020, n. 3211; negli stessi termini Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2020 n. 607).

La natura residuale delle prestazioni può desumersi da plurimi elementi quali a titolo esemplificativo: il fatto che il lavoro/servizio non rientrino tra le attività oggetto dell’appalto; siano svolti occasionalmente, solo a seguito della chiamata dell’appaltatore e sulla base delle direttive ed istruzioni di quest’ultimo; costituiscano una mera attività conseguente allo svolgimento delle prestazioni oggetto dell’appalto; non siano disciplinati dalla lex specialis. Tra l’altro, la residualità del servizio può anche essere dimostrata dall’esiguo numero di attività che la ditta effettuerà nell’intera durata contrattuale.

Si consideri che per tutti i sub-contratti stipulati per l’esecuzione di un appalto è sufficiente una comunicazione da trasmettere alla stazione appaltante prima dell’inizio della prestazione specificando il nome del sub-contraente, l’importo del sub-contratto, l’oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati. Dunque, ben può notarsi che l’istituto risulti uno strumento oltremodo agile alla celerità dei traffici commerciali nell’ipotesi in cui se ne riconosca tempestivamente l’ambito di applicazione.


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