Sulla concessione al convivente more uxorio della speciale esimente di cui all’art. 384 c.p.

Sulla concessione al convivente more uxorio della speciale esimente di cui all’art. 384 c.p.

Cass. pen., Sez. VI, 14 marzo 2019 (ud. 19 settembre 2018), n. 11476, Pres. Paoloni, Rel. Silvestri

La sentenza in oggetto affronta un interessante nonché recente caso in cui la sesta Sezione della Cassazione è stata chiamata a valutare se in favore del convivente more uxorio possa concedersi la speciale esimente di cui all’art. 384 c.p..

Orbene, la vicenda prende le mosse da una sentenza della Corte di Appello di Venezia con cui si confermava la sentenza di condanna emessa dal Giudice di prime cure del Tribunale di Vicenza nei confronti dell’odierno imputato.

Allo stesso veniva, infatti, contestato di aver aiutato il fratello della propria convivente a sottrarsi alle ricerche dei Carabinieri, ospitandolo all’interno della propria abitazione nonché fornendo false informazioni ai Carabinieri in ordine alla presenza dello stesso all’interno della sua abitazione.

L’imputato proponeva ricorso per Cassazione nel quale contestava la sentenza impugnata per violazione di legge atteso che la Corte di Appello di Venezia, non uniformandosi al dettato di cui alla L. n. 76/2016 ma basandosi unicamente sulla nozione di famiglia legittima, non riconosceva l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 384, 1 comma c.p. non potendo, secondo i giudici di merito, qualificarsi l’imputato quale “prossimo congiunto” ai sensi dell’art. 307 del codice penale.

Nel caso de qua, la Cassazione ha risolto una problematica questione giuridica, ovvero se la causa di non punibilità di cui all’art. 307 c.p. possa trovare applicazione anche nei rapporti di convivenza more uxorio.

Tra le categorie richiamate nella norma in scrutinio non è contemplata la condizione del convivente more uxorio per molti versi, richiamata invece espressamente dal summenzionato articolo.

Dall’excursus normativo nonché logico operato dalla Cassazione Penale, per porre un rimedio alla questione giuridica in oggetto, si evince che l’equiparazione delle condizioni di coniuge e convivente ha trovato espressione nella proposizione di questioni di incostituzionalità dell’art. 384 I comma c.p. in relazione all’art. 307 IV comma c.p. ed agli effetti degli artt. 2, 29 e 3 della Costituzione.

Ebbene, in tale contesto si pone la l. n. 76 del 20 maggio 2016, inerente la “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”, nota anche come Legge Cirinnà la cui ratio è stata quella di operare il riconoscimento della convivenza stabile, equiparandole altresì al matrimonio.

La normativa ai sensi dell’art. 1, comma 36 definisce «conviventi di fatto due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile» e sancisce a favore degli stessi una serie di diritti.

Ebbene, tale regolamentazione è stata da poco arricchita col d.lgs n. 6 del 2017, il quale, per il necessario coordinamento tra le discipline, ha apportato talune modificazioni normative sul piano penale e, per quanto d’immediato interesse in tal sede, alla nozione di prossimo congiunto è da ricondurre «la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso».

Sul fronte della giurisprudenza di legittimità negli anni si sono registrati dei contrasti in merito. Invero, l’orientamento giurisprudenziale più recente, Cass. Sez. V, n. 41139 del 2010, riteneva non applicabile al convivente more uxorio resosi responsabile di favoreggiamento personale nei confronti dell’altro convivente la causa di non punibilità operante per il coniuge, ai sensi del combinato disposto degli artt. 384, comma primo, e 307, comma quarto, c.p. i quali non includono nella nozione di prossimi congiunti il convivente more uxorio. Di contro, un precedente orientamento giurisprudenziale e, precisamente la Cass. Sez. VI, n. 22398 del 2004, ha affermato che anche la stabile convivenza more uxorio può dar luogo per analogia al riconoscimento della scriminante prevista dall’art. 384 c.p.

Orbene, sul contrasto giurisprudenziale, si è inoltre avuto un ulteriore intervento della Cass. Sez. III n. 18 del 2018 che ha stabilito che la causa di non punibilità prevista dall’art. 384, comma primo, c. p. in favore del coniuge opera anche in favore del convivente more uxorio.

Tale equiparazione, inoltre, appare conforme all’art. 8 della CEDU che sancisce il diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. Orbene, nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo si è accolta “una nozione sostanziale, onnicomprensiva di matrimonio senz’altro ricomprendente anche i rapporti di fatto, privi di formalizzazione legale, ai quali si ritiene che l’art. 8 della CEDU assicuri incondizionata tutela.”

Infine, è opportuno esaminare la norma di cui all’384 c.p. che, pur prevedendo due distinte ipotesi, al I comma sancisce che, in relazione ad una serie di reati contro l’amministrazione della giustizia, tra i quali quello di favoreggiamento, si dichiara non punibile «chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore».

Da ciò ne consegue che sulla base del ragionamento giuridico operato, la Cassazione Penale ha ammesso il riconoscimento della causa di non punibilità, ex art. 384 del Codice Penale, anche al convivente more uxorio.


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