Sulla crisi del principio dell’oralità e la dematerializzazione del processo
L’emergenza sanitaria appena trascorsa, oltre a porre in crisi gli aspetti più comuni della vita quotidiana, sta ponendo in crisi anche quelli professionali, sacrificando ingiustamente i principi essenziali del nostro processo, uno su tutti, il principio dell’oralità, a fronte di nuove modalità di svolgimento dello stesso che prevedono la dematerializzazione degli atti per far spazio a quello che prende il nome di “processo telematico”.
Ebbene, il contraddittorio telematico altro non è che uno scambio di memorie che avviene con un mezzo elettronico, con il quale si inviano gli atti alla controparte affinchè ne prenda conoscenza in funzione della successiva decisione del giudice, non andando però a modificare la fase di discussione che, fino a qualche tempo fa, non aveva ancora trovato un sostituto nella nuova tecnologia.
L’emergenza sanitaria ha obbligato a dover far fronte all’impossibilità di poter personalmente procedere alla discussione delle udienze in aula, promuovendo le piattaforme streaming e la cartolarizzazione delle udienze, andando quindi a sacrificare totalmente non solo il principio dell’oralità ma anche il principio stesso del contraddittorio, facendo aleggiare pericolosamente il pensiero che queste nuove modalità di svolgimento del processo possano persistere anche al termine dell’emergenza.
Ecco che qui, nasce il problema circa la crisi del principio dell’oralità.
Il principio dell’oralità è da considerarsi la chiave di volta sia all’interno del processo penale, secondo cui il contraddittorio nel momento di formazione della prova può esprimersi solo quando tra le modalità di assunzione delle prove vi sia l’oralità; sia all’interno del processo civile ove alla sezione seconda del codice “della trattazione della causa” all’art. 180 c.p.c “forma di trattazione” rubrica che <<la trattazione della causa è orale, della trattazione della causa si redige processo verbale>>.
Dell’oralità nel processo civile pare doveroso prestare attenzione alla riflessione cui si rese autore Francesco Carnelutti, particolarmente riguardo alle discussioni dottrinali della riforma processuale ad opera del Chiovenda.
Carnelutti affermava che l’oralità del processo dovesse ricollegarsi allo scopo e alla struttura del procedimento, il quale deve mirare a mettere il giudice in grado di conoscere la lite (processo di cognizione).
Le fonti necessarie per arrivare a tale cognizione devono essere individuate nelle “parti” e nelle “prove”, e poiché il rapporto tra il giudice e le parti e di queste tra loro e con gli altri soggetti di prova si riduce al dialogo, il problema diventa quello del modo con cui il procedimento può “garantire il successo del dialogo, che vuol dire l’intendimento reciproco di chi parla e chi ascolta”. (1)
Secondo Carnelutti, il profilo dominante resta quello della struttura del processo, e da tale punto di vista l’elemento portante del processo orale non è la forma materiale dell’atto ma l’immediatezza del rapporto dialogico tra i vari soggetti.
Si comprende quindi, che il principio dell’oralità ha lo scopo di abbreviare le distanze tra i soggetti del dialogo ponendoli il più possibile l’uno di fronte all’altro in immediato rapporto tra di loro, “tra l’esperienza e il giudizio” al fine di meglio coadiuvare l’attività del giudice nella sua decisione, <<si può, per comprendere meglio tutto questo, immaginare che le parti stieno di fronte al giudice come una sorgente di luce; ogni diaframma, che s’interpone fra l’uno e l’altra, assorbe in maggiore o minor grado i suoi raggi>>. (2)
Nel processo penale invece, insieme alla molteplicità dei principi che lo regolano, per citarne alcuni si ricorda il principio del libero convincimento del giudice, della motivazione, della pubblicità, della concentrazione, vi rientra appunto anche quello della oralità, in quanto come si desume dall’art. 111 ai commi 3 e 4 della Costituzione, definiscono il principio del contraddittorio come il momento nel quale l’imputato ha il diritto di confrontarsi con il suo accusatore al fine dell’accertamento dei fatti.
L’interpretazione restrittiva dell’art. 111 comma 4 “il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova” richiede, che la prova valida per arrivare ad una sentenza possa formarsi solo oralmente ed esclusivamente all’interno dell’esame incrociato, ponendo così un limite invalicabile alla sua cartolarizzazione o dematerializzazione.
Ebbene, da questa disamina ad ampio spettro sulla crisi del principio dell’oralità a favore di un processo – esclusivamente telematico, epistolare, dematerializzato – oltre alla sua dannosità intrinseca, si riscontra anche una lesione grave dei principi costituzionalmente garantiti, come ad esempio quello ascritto all’art. 24 della Costituzione sul diritto di difesa; in violazione dell’art. 111 della Costituzione sulla lesione della garanzia del contraddittorio; oppure dell’art. 6 CEDU sulla difesa dei propri diritti in ambito processuale, senza contare la proliferazione di atti e documenti immessi sul web senza la benché minima garanzia del trattamento dei propri dati sensibili e ultrasensibili, ed infine l’impossibilità oggettiva dell’Avvocato di poter svolgere correttamente la propria funzione di effettivo garante dei diritti.
In conclusione, si può affermare che il processo orale, sia in ambito penale che in ambito civile, non solo debba considerarsi base ideale del giusto processo, del contraddittorio e dei principi cardine della disciplina processuale, bensì << deve essere anche il mezzo per restituire alla parola parlata una funziona essenziale e quindi per accrescere col ristabilirne l’efficacia la dignità dell’eloquenza forense; funzione della parola parlata non può essere infatti che quella di offrirsi come strumento di dialogo tra i presenti, i quali collaborano, sia pur allo scopo di tutelare i propri interessi, alla ricerca della verità! >>. (3)
(1) L’oralità nel pensiero di Francesco Carnelutti, p. 102
(2) L’oralità nel pensiero di Francesco Carnelutti, p. 108
(3) Attilio Nicora, Il principio di oralità nel diritto processuale civile italiano e nel diritto processuale canonico – Università Gregoriana Editrice – Roma 1977. Parte 1, sez. 1: L’oralità nella dottrina italiana. p. 82
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Avv. Roberto Andrea Fivizzani
L'Avvocato Roberto Andrea Fivizzani, è un giovane Avvocato iscritto all'albo del Foro di Grosseto, con Studio Legale - in attività fin dal 1978 - a Massa Marittima e Follonica (Gr).
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