Sulla differenza tra l’accreditamento libero dei servizi socio-sanitari nel terzo settore e il sistema competitivo nelle gare di appalto
Nota a T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 31 gennaio 2023, n.311
Sommario: 1. Premessa introduttiva – 2. Le doglianze sollevate dalla ricorrente di fronte al T.A.R. Sicilia – 3. La decisione dei giudici amministrativi – 4. Riflessioni finali
1. Premessa introduttiva
L’accreditamento relativo ai servizi sociali è al pari di quello riferito ai servizi sanitari, un titolo – o in chiave oggettiva, una modalità di esecuzione del servizio – di carattere abilitativo-concessorio mediante il/la quale un soggetto privato viene “attratto” entro la sfera organizzativa pubblicistica del servizio pubblico sanitario, acquisendo la conseguente legittimazione ad operare “in luogo” dell’Amministrazione, originaria ed istituzionale titolare della funzione assistenziale, e riversando i costi del servizio a carico della stessa, secondo i criteri ed entro i limiti prefissati a livello contrattuale.
La procedura selettiva per l’iscrizione nell’albo degli accreditati all’erogazione dei servizi sanitari e/o sociali è finalizzata a individuare non l’operatore affidatario in via esclusiva (come si verifica nelle gare d’appalto), ma i soggetti che possono svolgerlo, con oneri a carico dell’Amministrazione, su richiesta dell’utente. Ne deriva che la presentazione dell’istanza di partecipazione non è necessaria ai fini dell’impugnazione delle clausole non escludenti in quanto non si tratta di una gara in senso stretto e, pertanto, non si determina nessun effetto preclusivo rispetto all’iscrizione degli altri operatori.
Sulla base di tali interessanti presupposti, il T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 31 gennaio 2023 n. 311 (Pres. Est. Lento), si è soffermato rispettivamente sulla natura giuridica e sulle modalità del corretto utilizzo dell’istituto dell’accreditamento sociale, disciplinato ai sensi del comma 4 articolo 55 del D. lgs n. 117/2017 meglio conosciuto come Codice del Terzo Settore. La pronunzia dei giudici amministrativi è rivelata altresì un’occasione importante per tratteggiare e comprendere appieno anche la sua differenza in termini strutturali e funzionali con la logica competitiva che regola da sempre il settore delle gare negli appalti.
2. Le doglianze sollevate dalla ricorrente di fronte al T.A.R. Sicilia
Nel caso di specie la ricorrente, una cooperativa sociale (che si occupa di assistenza per l’autonomia e la comunicazione nei confronti degli alunni affetti da disabilità), si doleva del fatto che l’amministrazione resistente ed in particolare la Città metropolitana di Catania, non le avesse consentito l’iscrizione nell’elenco (peraltro a carattere aperto e senza limitazioni di contingenti numerici) dei soggetti accreditati alla loro erogazione di attività per gli anni scolastici 2022/2023 – 2023/2024 – 2024/2025, in quanto non aveva presentato istanza nel termine previsto dal relativo avviso pubblico.
Il T.A.R. Sicilia accoglieva il ricorso della cooperativa sulla base di una serie di articolate motivazioni.
3. La decisione dei giudici amministrativi
– Natura giuridica e funzione dell’accreditamento nel Codice del Terzo Settore: le differenze con la logica di competizione nelle gare di appalto.
Preliminarmente il collegio amministrativo si sofferma su un noto principio di diritto stabilito del Consiglio di Stato (Ad. Plenaria, 26 aprile 2018 n. 4) ricordando ancora una volta come le clausole del bando di gara che non rivestono portata escludente, possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura. Pur tuttavia gli stessi giudici amministrativi tengono a precisare come nel caso di specie, tale principio non possa trovare applicazione dal momento il caso sottoposto alla loro attenzione, non concerne propriamente una vera e propria competizione fra più soggetti.
Secondo il T.A.R. il quale richiama l’orientamento espresso in materia dai giudici di Palazzo Spada (Cons. di Stato, sez. III, 27 ottobre 2022 n. 9148) infatti: “l’accreditamento relativo ai servizi sociali è, al pari quello riferito ai servizi sanitari, un titolo – o, in chiave oggettiva, una modalità di esecuzione del servizio – di carattere abilitativo-concessorio mediante il/la quale un soggetto privato viene “attratto” entro la sfera organizzativa pubblicistica del servizio pubblico sanitario, acquisendo la conseguente legittimazione ad operare “in luogo” dell’Amministrazione, originaria ed istituzionale titolare della funzione assistenziale, e riversando i costi del servizio a carico della stessa, secondo i criteri ed entro i limiti prefissati a livello contrattuale”.
Se tali sono le premesse, si ricava allora che l’istituto dell’accreditamento (previsto nel Codice del Terzo Settore), è nato nelle intenzioni del legislatore per essere strutturato con caratteristiche funzionali ben definite. Non a caso secondo i giudici amministrativi, tale figura giuridica ha una fisionomia piuttosto chiara in quanto “istituisce, un rapporto privilegiato, sebbene non esclusivo, tra l’Amministrazione concedente e l’erogatore privato, che, dal punto di vista della qualità del servizio e della sua rispondenza ai relativi obiettivi di efficacia ed appropriatezza, viene ad essere alla stessa completamente equiparato, creando le premesse per il corretto esercizio da parte dei cittadini della libera scelta”.
In sostanza si evince che il soggetto accreditato, non acquisisce un diritto a svolgere unicamente la prestazione in relazione alla stipula di un vero contratto di appalto susseguente ad una gara. In tal senso, una lettura ermeneutica del comma 4, articolo 55 del Codice del Terzo Settore disciplinante la figura giuridica dell’accreditamento consente di considerarlo come un meccanismo finalizzato “a individuare non l’operatore affidatario in via esclusiva, come si verifica nelle gare d’appalto, ma i soggetti che possono svolgerlo, con oneri a carico dell’Amministrazione, su richiesta dell’utente”.
Nel caso sottoposto all’attenzione dei giudici amministrativi, la ricorrente aspirava a essere iscritta insieme ad altri operatori economici nell’albo a carattere aperto e senza limitazioni, di quei soggetti che i genitori possono scegliere affinchè venga prestato il servizio di assistenza all’igiene e/o alla comunicazione nei confronti di chi è affetto da disabilità. Alla luce di ciò nelle loro articolate motivazioni, i giudici amministrativi del TAR SICILIA hanno sottolineato come “la presentazione dell’istanza di partecipazione non è necessaria ai fini dell’impugnazione delle clausole non escludenti in quanto non si tratta di una gara in senso stretto e, pertanto, non si determina nessun effetto preclusivo rispetto all’iscrizione degli altri operatori; in altri termini, l’eventuale accoglimento del ricorso comporta l’aggiunta di un nuovo soggetto a quelli già individuati e non la loro esclusione, per cui è, comunque, soddisfatto l’interesse pubblico alla selezione dei soggetti che erogano il servizio.”
– Il problema della durata degli albi dei soggetti accreditati e la necessità dell’apertura a nuove finestre d’ingresso per gli altri operatori.
Ciò posto, i giudici del T.A.R., hanno altresì affrontato il tema assai attuale e su cui non c’è uniformità di vedute in giurisprudenza, vale a dire quello della durata degli albi dei soggetti accreditati.
Sul punto i giudici amministrativi, a grandi linee fanno riferimento al fatto che la durata temporale triennale dello strumento abilitativo-concessorio finisce inevitabilmente per “contrastare con i principi di economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità, trasparenza, libera concorrenza di cui all’art. 1 della l. n. 241 del 1990 e d’imparzialità di cui all’art. 97 della Costituzione, nonché con gli artt. 1, 8 e 11 della legge 328/2000 che orientano la regolamentazione dei servizi sociali verso i principi di sussidiarietà cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità”. L’inserimento senza limiti di un ente giuridico all’interno dei soggetti accreditati stride con i principi di derivazione unoniale dal momento che può determinare il consolidarsi “di una posizione di plusvalore concorrenziale, in specie se non è programmata una “necessaria verifica, periodica e trasparente, dell’eventuale maggiore efficienza e qualità di soggetti aspiranti.”
In tale direzione il T.A.R., ancorandosi all’opinione diffusamente ricorrente presso l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, ha sottolineato “la necessità di evitare il congelamento delle posizioni dei già accreditati conseguente a restrizioni indebite del numero degli operatori.” In questo senso, richiamando il pensiero dei giudici di Palazzo Spada (Cons. di Stato, III, 4 febbraio 2021 n. 1043) hanno concluso “nel senso che solo una valutazione periodicamente rinnovata e aperta alla comparazione tra chi è già accreditato e chi aspira ad esserlo può rispondere alla migliore e più efficiente allocazione delle risorse disponibili, con la precisazione che, quanto più la valutazione è periodica, cioè dinamica, e quanto meno si consolidano posizioni di vantaggio in singoli operatori, tanto più potranno emergere efficienza e risparmio a vantaggio della spesa pubblica”. Il sistema dell’accreditamento non si pone in via statica ma è costruito per modularsi ed espandersi in via dinamica e come tale dunque, non ha nulla a che vedere con un mercato elettronico né può essere sussunto dentro la cornice di un accordo quadro. Non segue principi e logiche stabilite dal codice dei contratti e si pone come una sorta di atto di abilitazione di secondo grado, finalizzato ad instaurare un rapporto di tipo collaborativo tra l’amministrazione e il soggetto prestatore.
Inoltre nell’idea del Tribunale, i principi sopra richiamati devono essere collegati a doppio filo con altri principi peraltro già ampiamente consolidati, i quali tendono a spostare l’asse focale sul fatto che lo strumento giuridico dell’accreditamento deve rispondere prioritariamente a esigenze di efficienza ed economicità del potere amministrativo in quanto “esonerano l’amministrazione dall’onere di verificare, in occasione della concreta erogazione delle prestazioni e fermo restando il suo potere di controllo e vigilanza sulle modalità di svolgimento del servizio, la sussistenza dei relativi requisiti qualitativi, tecnici e organizzativi”. Sulla base di controlli periodici effettuati dall’amministrazione, la platea dei soggetti gradualmente accreditati può certamente variare nel tempo.
Nella fattispecie sottoposta all’attenzione dei giudici amministrativi la Città Metropolitana di Catania “ha attribuito efficacia triennale all’iscrizione nell’elenco dei soggetti accreditati per l’erogazione dei servizi in questione di evitare i continui e complessi riscontri in ordine alla sussistenza dei requisiti organizzativi e gestionali previsti, che sarebbero stati necessari qualora fosse stata consentita l’iscrizione sulla base di una richiesta formulata in qualunque momento dall’operatore interessato”. Ed in vero la stessa amministrazione, nel presupposto che l’orizzonte di arco temporale che copre l’iscrizione abbracci un periodo decisamente lungo, ha però altresì previsto a titolo cautelativo che ogni soggetto accreditato presso l’albo presenti annualmente, un’attestazione concernente il mantenimento dei requisiti soggettivi necessari (sia dei risultati ottenuti), sulla cui veridicità si è riservata di attivare controlli necessari.
Ciononostante, il T.A.R. ha criticato l’eccessiva durata dell’accreditamento, considerato che “il blocco all’ingresso dell’accreditamento, se non contenuto (come verificatosi nella specie) in un arco temporale ragionevole, lede non solo l’interesse dell’operatore privato all’iscrizione dell’elenco, ma anche quello pubblico alla maggiore partecipazione possibile degli operatori del settore, oltre che quello alla libera concorrenza, che è strettamente correlato all’erogazione di un servizio più efficiente; restringe, inoltre, irragionevolmente la possibilità di scelta degli utenti a un elenco fisso di operatori.”
Motivo per cui, nel presupposto fattuale che ci si trovi di fronte a un servizio che si svolge in via continuativa per un anno scolastico, l’unico arco temporale ritenuto legittimo e ragionevole da parte dei giudici è in effetti “quello annuale”, come del resto è stato implicitamente riconosciuto dalla Città Metropolitana la quale, ha previsto controlli sul persistente possesso dei requisiti esattamente con tale periodicità. In tal senso, ragionando sulle coordinate interpretative fornite dal Tribunale, si evince che nell’idea dei giudici amministrativi a essere stigmatizzata non è stata tanto sic et simpliciter la durata temporale dell’albo, ma più che altro la “mancata introduzione di finestre d’ingresso(…)nel corso di tale periodo, le quali rappresentano un adeguato contemperamento tra l’interesse pubblico a evitare controlli troppo ravvicinati sul possesso dei requisiti da parte degli operati e quello all’apertura al mercato al fine di garantire il libero dispiegarsi della concorrenza.”
4. Riflessioni finali
L’analisi delle articolate motivazioni espresse dal T.A.R. Sicilia lascia in eredità importanti riflessioni in relazione a uno dei tasselli principali su cui è imperniato il micro-sistema del terzo settore, materia sempre più in evoluzione anche alla luce dei continui interventi da parte della giurisprudenza amministrativa. La pronunzia infatti, trova perfetta aderenza in relazione a quanto prevede il comma 4 dell’articolo 55 del d. lgs. n. 117/2017: una norma la cui ratio tende a far confluire nella figura dell’accreditamento libero uno degli strumenti in cui si manifesta e prende plasticamente forma il concetto moderno di amministrazione condivisa.
Sulla base del quadro delineato, è interessante osservare come ogni ente pubblico autorizza formalmente i soggetti inseriti e accreditati in un albo, a svolgere la loro attività senza una preventiva procedura di selezione, ma semplicemente in virtù della rispondenza a criteri e parametri ben definiti. L’accreditamento in fondo, altro non è se non un sistema che fa da volano all’attivazione di una strumentazione indirizzata verso forme di partenariato pubblico-privato a carattere non lucrativo. Ma qui occorre fare un’ulteriore precisazione. Se è vero che esso attinge il finanziamento da una serie di introiti riferibili e collegati all’esercizio dell’attività solo e soltanto nell’ipotesi in cui gli utenti (ed in questo caso i cittadini) domandino le prestazioni in modo simile alla figura dei concessionari, è altrettanto vero che rispetto al sistema delle concessioni l’amministrazione accreditata, non riceve la controprestazione direttamente dall’utenza, bensì dall’ente accreditante che a sua volta ricompensa la prestazione avendo a riguardo la sua erogazione in base ad una precisa logica preventivamente stabilita a monte, concernente la fissazione dei costi tutti da monitorare e rendicontare.
L’accreditamento dunque, nell’ottica di una chiara sussidiarietà orizzontale costruisce un sistema in cui il soggetto accreditato all’interno nell’albo gestito dall’ente, non svolge l’attività a beneficio esclusivo dell’ente locale accreditante (con cui al massimo condivide solo la stessa finalità pubblica) ma offre concretamente un servizio diretto alla comunità.
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