Sulla (non) cumulabilità di indennità e danno: la parola alle Sezioni Unite

Sulla (non) cumulabilità di indennità e danno: la parola alle Sezioni Unite

Con la pronuncia n.12566 del 22/05/2018 le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione sono intervenute a dirimere il contrasto in ordine alla detraibilità o meno dell’indennità assicurativa dai danni risarcibili e, dunque, in ordine all’operatività generalizzata o meno dell’istituto della compensatio lucri cum damno. La questione rimessa all’esame delle Sezioni Unite con ordinanza del 22 giugno 2017, n. 15534 consisteva nello stabilire se, nella liquidazione del danno da fatto illecito, dovesse tenersi conto solo delle poste negative o, accanto ad esse, andassero calcolate anche le poste positive che, conseguentemente all’illecito venissero a presentarsi nel patrimonio del danneggiato.

Preliminare, ai fini dell’indagine, è la definizione dei tratti connotativi della compensatio lucri cum damno.  L’istituto di elaborazione giurisprudenziale, che consente di defalcare dall’ammontare del risarcimento quanto il danneggiato abbia conseguito a titolo di indennizzo assicurativo, si fonda sulla simultanea ricorrenza di tre presupposti: a) omogeneità di danno e svantaggio; b) medesimezza della fonte da cui discendono danno e svantaggio; c) ricomprensione di danno e svantaggio nel patrimonio giuridico dello stesso soggetto.

Il requisito da sempre oggetto di contrasti giurisprudenziali è quello concernente la unicità della fonte del danno e dello svantaggio. Ed infatti, posto che la risarcibilità del danno discende dal fatto illecito secondo quanto statuito dall’art. 2043 c.c., mentre la provvidenza indennitaria è corrisposta in forza di legge (come nel caso della percezione di benefici da parte di enti previdenziali, assicuratori sociali, pubbliche amministrazioni) o di contratto (ad esempio, nel caso di percezione di indennizzi assicurativi), il requisito della medesimezza della fonte risulterebbe sempre mancate, con conseguente inoperabilità della compensatio.

Ebbene, da questa premessa è possibile prendere le mosse per indagare sui contrapposti orientamenti giurisprudenziali sottoposti al vaglio delle Sezioni Unite.

Secondo un primo indirizzo, indennità assicurativa e risarcimento del danno sono cumulabili se l’assicuratore, corrisposta la contropartita indennitaria, decida di  non avvalersi della facoltà della surrogazione di cui all’art. 1916 c.c.. In tal caso il danneggiato potrà agire per il risarcimento del danno nei confronti del terzo responsabile il quale, estraneo al rapporto assicurativo, non potrà opporgli l’avvenuta riscossione dell’indennità assicurativa. Se, invece, l’assicuratore, devoluta l’indennità all’assicurato-danneggiato, manifesti la volontà di surrogarsi nei diritti dell’assicurato verso il terzo danneggiante, l’assicurato non sarà più legittimato ad esigere il risarcimento del danno: tale legittimazione sarà trasferita, nei limiti della surrogazione, in capo all’assicuratore.  Per tale indirizzo il cumulo di danno e indennizzo non è precluso dall’istituto della compensatio lucri cum damno, operano lo stesso solo qualora il danno e lo svantaggio discendano dalla medesima fonte, medesimezza non ravvisabile quando la prestazione indennitaria ripeta la sua fonte dal contratto assicurativo ed il risarcimento del danno dal fatto illecito.

Per un secondo orientamento la questione della cumulabilità di danno ed indennizzo va risolta indagando sui principi posti a fondamento del risarcimento del danno. La funzione compensativa-riparatoria della liquidazione del danno è volta a porre il danneggiato nella situazione patrimoniale in cui si sarebbe trovato se l’illecito non si fosse verificato. Strettamente collegato a tale funzione è il principio di integralità del risarcimento: il danneggiato non può, dopo il risarcimento, trovarsi in una condizione patrimoniale più favorevole rispetto a quella in cui si trovava prima di restare vittima del fatto illecito. Dunque, il cumulo deve essere negato in quanto, ragionando a contrario, l’assicurato verrebbe ad avere un interesse positivo all’avverarsi del sinistro, costituendo il danno fonte di lucro. Per tale indirizzo – condiviso dal Collegio della Terza Sezione rimettente – l’elargizione della contropartita indennitaria elide (in tutto o in parte) il pregiudizio patito dal danneggiato, il quale non potrà conseguentemente avanzare una pretesa risarcitoria per un danno ormai non più esistente.

Il Collegio rimettente – ad onta del secondo orientamento suesposto –  sosteneva che il requisito della medesimezza della fonte del danno e del vantaggio finisse per negare qualsiasi spazio di operatività all’istituto della compensatio. 

E’ indubbiamente raro, se non addirittura impossibile, che un fatto illecito provochi da sé solo sia una perdita che un vantaggio. La questione, a dire della Terza Sezione della Corte di Cassazione, andrebbe risolta applicando sia al danno sia allo svantaggio il principio causalistico di cui all’art. 1223 c.c.: se anche il lucro è conseguenza immediata e diretta del fatto illecito, il cumulo è da escludere. Il requisito della medesimezza troverebbe, quindi, ancoraggio nella condotta del danneggiante e non più nella fonte (inevitabilmente differente). Il cumulo di indennità e risarcimento opererebbe, invece, qualora la condotta illecita fosse mera occasione del beneficio.

Orbene, le Sezioni Unite, premesso che la funzione del risarcimento è quella di coprire il danno e non già di oltrepassarlo, procedono a distinguere due diverse ipotesi: a) quando – pur in presenza di titoli diversi – sia unico il soggetto tenuto alla erogazione tanto del risarcimento quanto della provvidenza indennitaria, vale la regola del diffalco. Dall’ammontare del risarcimento va detratta la posta indennitaria avente una cospirante finalità compensativa. In tal modo si assicura al danneggiato una reintegra completa del suo patrimonio senza duplicazioni; b) qualora il soggetto danneggiato sia titolare di una duplicità di posizioni pretensive, da far valere nei confronti di soggetti diversi, ed in forza di titoli diversi, occorre muovere da una doverosa indagine sulla ragione giustificatrice dell’attribuzione patrimoniale entrata nel patrimonio del danneggiato.

Nel secondo caso preso in esame dal Collegio decidente è la funzione del beneficio collaterale ad assurgere a criterio di discrimine tra la regola del cumulo e la regola del diffalco.

Dunque, la linea guida da seguire, affinché possa dirsi operante la compensatio, così da escludere la cumulabilità di indennizzo e risarcimento, non è quella della medesimezza del titolo, bensì quella del collegamento funzionale tra la causa dell’attribuzione patrimoniale e l’obbligazione risarcitoria. Bisogna, quindi, procedere ad un indagine per classi di casi che tenga conto della ragione giustificatrice dell’attribuzione patrimoniale.

La regola del cumulo potrà dirsi operante nell’ipotesi della predisposizione, da parte dell’ordinamento, di meccanismi di coordinamento tra il danno e il vantaggio. Si tratta degli strumenti della surroga o della rivalsa i quali rendono indifferente per l’assicurato-danneggiato il conseguimento dell’indennizzo o del risarcimento, impedendo, al tempo stesso, che la corresponsione dell’indennizzo si traduca in un inaspettato vantaggio per l’autore dell’illecito. Non può di certo adottarsi una logica premiale in favore di chi (danneggiante) si sia comportato negligentemente.

La mancata previsione di meccanismi di surroga o rivalsa non comporta, però, alcun automatismo in ordine all’applicazione dell’istituto della compensatio. Infatti, quando sia il legislatore a riconoscere il vantaggio collaterale (si pensi alle elargizioni e alle provvidenze in favore di individui o comunità a seguito di eventi catastrofici o disastri) senza però regolare il rapporto con il risarcimento, il giudice civile non potrà, tout court, effettuare l’operazione compensativa. In tal caso, la ragione giustificatrice dell’attribuzione è da ricercare nel principio di solidarietà nazionale volto a porre a carico della generalità determinati svantaggi subiti dai soggetti danneggiati, e non certamente nell’attenuare la posizione debitoria del danneggiante.

Nel caso di assicurazione sulla vita, l’indennità si cumula con il risarcimento, perché si è di fronte ad una forma di risparmio posta in essere dall’assicurato supportando l’onere dei premi di cui l’indennità costituisce contropartita. In quanto corrisposta a titolo di contropartita a fronte del versamento dei premi, l’indennità non è volta a beneficiare il danneggiato, né tanto meno si eleva ad assolvere una funzione compensativa-recuperatoria che è propria del risarcimento.

Nel caso dell’assicurazione contro i danni, l’indennità è erogata in funzione del risarcimento del pregiudizio subito dall’assicurato-danneggiato in conseguenza del verificarsi dell’evento dannoso. Essa è volta a neutralizzare, in tutto o in parte, il medesimo pregiudizio al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria. Al danneggiato fan capo due distinti diritti di credito che, sebbene abbiano fonte e titoli diversi, rispondono – sotto il profilo funzionale – al medesimo interesse: eliminare il danno cagionato dal sinistro dal patrimonio dell’assicurato-danneggiato. Le sia pur distinte pretese creditorie non possono cumularsi: 1) se il danneggiato consegue l’integrale risarcimento da parte dell’autore dell’illecito, cessa l’obbligo di indennizzo dell’assicuratore; 2) se è invece l’assicuratore a indennizzare per primo l’assicurato, lo stesso andrà poi a surrogarsi nel diritto dell’assicurato verso il danneggiante, sino alla concorrenza dell’ammontare del’indennità assicurativa corrisposta.

Conclusivamente, a risoluzione del contrasto giurisprudenziale, le Sezioni Unite hanno enunciato il seguente principio di diritto: il danno da fatto illecito deve essere liquidato sottraendo dall’ammontare del danno risarcibile l’importo dell’indennità assicurativa derivante da assicurazione contro i danni che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto.


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News

Articoli inerenti