Sulla riduzione del numero dei parlamentari: profili storici e nozioni di diritto costituzionale

Sulla riduzione del numero dei parlamentari: profili storici e nozioni di diritto costituzionale

Sicuramente, anche coloro che possano ritenersi meno informati sulle questioni attinenti ai profili di riforma costituzionale di cui assai si discute, sapranno che nei giorni 20 e 21 settembre 2020, si terrà il referendum costituzionale indetto per approvare o respingere la legge di revisione costituzionale “modifiche agli articoli 56, 57, 59 della costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” pubblicato in gazzetta ufficiale n. 240 del 12 ottobre 2019.

La legge costituzionale de qua prevede, la riduzione del numero dei parlamentati, dagli attuali 630, per la Camera dei Deputati, a 400 membri, e dagli attuali 315 Senatori della Repubblica, a 200.

L’obiettivo, così come reso noto dal Dipartimento per le Riforme Istituzionali, è duplice: da un lato servirebbe a favorire un miglioramento del processo decisionale delle camere per renderle più capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini e dall’altro di ridurre i costi della politica.

Inoltre, la riforma è stata richiesta al fine di poter allineare l’Italia al resto d’Europa, essendo ad oggi l’unico paese con il numero più alto di parlamentari eletti dal popolo.

In caso di esito positivo, la riduzione del numero dei componenti delle due camere entrerà in vigore dall’inizio della prossima legislatura e richiederà chiaramente un ampio adeguamento della legislazione elettorale.

Questo elaborato, non vuole esser rappresentativo di una indicazione politica a favore di uno schieramento piuttosto che di un altro, bensì trova la sua ratio nel voler ripercorrere i profili storici – attraverso le discussioni – che portarono, fra il 1946 e 1948, i membri dell’Assemblea Costituente a decidere su quale fosse il giusto numero di rappresentanti all’ interno del parlamento piuttosto che un altro; intendendo per “profilo storico” – ontologicamente parlando – l’indagine e ricerca di una successione di vicende ed eventi che hanno portato alla creazione ed interpretazione degli articoli 56,57 e 59 della costituzione, al fine di poter concedere al lettore la chiave di volta idonea alla creazione di un pensiero critico sull’attività di riforma costituzionale sulla quale, i cittadini, sono chiamati ad esprimersi.

Idonea per la creazione di un pensiero critico, deve in primo luogo essere l’analisi relativa ai due “mantra” che da sempre risuonano ricorrenti nella successione delle varie legislature, ovvero: “l’Italia ha troppi parlamentari” e “diminuiamo i costi del parlamento”; prodromico però dovrebbe essere l’esame, idoneo a conoscere i motivi per i quali si è arrivati all’attuale numero di Deputati e Senatori.

Il testo della costituzione del 1948, agli articoli 56 e 57 stabiliva:

ARTICOLO 56: «La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto, in ragione di un deputato per ottantamila abitanti o per frazione superiore a quarantamila.

Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età.»

ARTICOLO 57: «Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale. A ciascuna Regione è attribuito un senatore per duecentomila abitanti o per frazione superiore a centomila.

Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sei. La Valle d’Aosta ha un solo senatore.»

Padri Costituenti ritennero necessario dover stabilire tali percentuali di Deputati e Senatori, affinché fossero direttamente proporzionali al numero di abitanti e che fossero così in grado di garantire la rappresentanza in Parlamento di tutti gli interessi degli Italiani.

Ritengo altresì opportuno ricordare che nel 1948 l’Italia contava all’incirca 46 milioni di abitanti contro gli attuali 60 milioni.

Con tali dati alla mano, un pensiero logico e aderente all’interpretazione costituzionale del 1948 dovrebbe far pensare che, al contrario di una drastica riduzione, il numero dei parlamentari dovrebbe invece essere aumentato.

Affinché si possa comprendere come si sia arrivati al numero attuale di deputati e senatori è indispensabile dover citare la Legge Costituzionale 9 febbraio 1963 n° 2 che ha sostituito il numero dei parlamentari in proporzione al numero della popolazione, con l’ ”attuale numero fisso di rappresentanti”, ovvero di 630 rappresentati per la Camera dei Deputati e 315 per il Senato della Repubblica.

Di grande interesse e base ideale al fine di poter comprendere l’importanza del numero dei rappresentati del parlamento, è la valutazione della ragione, del motivo e del perché, la nostra Costituente avesse deciso che un deputato avrebbe dovuto rappresentare 80.000 abitanti e perché un senatore 200.000, la risposta a tale quesito si trova nei verbali dell’Assemblea Costituente.

Mercoledì 18 settembre 1946 Seconda Sottocommissione, presidenza del presidente On. Terracini pagina 201, all’ordine del giorno: “organizzazione Costituzionale dello Stato”, la seduta inizia alle 8:50.

<< “Il PRESIDENTE ricorda che la Sottocommissione deve determinare il numero dei componenti della prima Camera. Secondo il progetto dell’onorevole Conti, dovrebbe essere eletto un Deputato per ogni 150.000 abitanti. La nuova Camera dei Deputati, quindi, calcolata la popolazione del Paese in 45.000.000 di abitanti, verrebbe ad essere composta da circa 300 membri. Ma si è accennato all’opportunità di elevare il numero a 400 o 450.”

CAPPI: “ricorda che aveva proposto un deputato ogni 100.000 abitanti. Ne risulterebbe una camera di 420 – 450 membri.”

FUSCHINI: crede che sia opportuno andare cauti nello stabilire la proporzione fra abitanti ed eletti, non è sufficiente tenere conto solo della popolazione (…) – infatti camera e senato saranno chiamati a riunirsi non solo in occasione della nomina del presidente della repubblica, ma anche in determinate speciali situazioni, è quindi il rapporto tra il numero di componenti dell’una e di quelli dell’altra che bisogna tener presente, per evitare la possibilità che sia il senato a determinate l’indirizzo politico del paese, se ad esempio nella prima camera dovesse assottigliarsi ad un dato momento le correnti di destra, queste nell’assemblea nazione potrebbero unirsi con la maggioranza della camera alta, che per sua natura ha sempre una tendenza prevalentemente conservatrice, ponendo la camera dei deputati in gravi condizioni di inferiorità. La questione è senza dubbio assai importante e va esaminata con la dovuta attenzione. Occorre assolutamente impedire che la volontà popolare possa essere alterata da un errato rapporto fra il numero dei membri delle due Camere.

Aggiunge un’altra considerazione di carattere localistico. Le popolazioni considerano sempre il Deputato che hanno eletto anche da un particolare punto di vista, per cui quel Deputato riceve di continuo dai suoi elettori sollecitazioni che non sempre sono per bassi servigi, come per lo più si dice, ma spesso sono dettate dalle improrogabili necessità di una data circoscrizione e costituiscono un comodo mezzo per intrecciare rapporti di maggior fiducia fra eletto ed elettori.

Ma un Deputato non riuscirà mai a soddisfare le necessità di una massa di 150.000 abitanti. Sarebbe quindi più opportuno fissare un Deputato per non più di 80.000 abitanti, come è stato finora tradizionale nel nostro Paese, oppure rinviare la soluzione del problema (e ciò sarebbe il migliore avviso) a quando dovrà essere discussa la futura legge elettorale.

LA ROCCA: (…) Il popolo italiano è avvezzo ad avere 500 e più Deputati. Inoltre non è opportuno, in regime democratico, diminuire questo numero, perché a tutti deve esser dato il modo di far sentire la loro voceRestringendo il numero dei Deputati, si potrebbe far sorgere il sospetto di essere animati dal proposito di soffocare la volontà delle minoranze.

In ogni modo, non crede che sia opportuno fissare la proporzione fra numero di abitanti e numero di Deputati: sarebbe meglio stabilire soltanto che la Camera bassa debba essere costituita da un numero di membri non minore di 500.

CONTI (Relatore): Riguardo al numero dei componenti la prima Camera, ritiene che tanto meglio sarà quanto più esso sarà ridotto (…) Il popolo italiano disgraziatamente ha una sola abitudine circa il Parlamento: parlarne male! e con la nuova Costituzione occorrerà elevare il prestigio del Parlamento, al che si giunge per una via soltanto: diminuire il numero dei componenti alla futura Camera.

LUSSU: il numero degli abitanti per ogni deputato dovrebbe essere inferiore ai 150.000 ed aggirarsi sui 100.000 – 120.000, qualora però il principio delle larghe autonomie regionali non dovesse essere adottato, occorrerebbe elevare al massimo il numero dei deputati.

NOBILE: contrario all’istituzione di una seconda Camera, dal momento che è stato deciso di mantenerla, si associa all’onorevole La Rocca, affermando la necessità di una prevalenza della prima Camera sulla seconda. Non è però d’accordo con lui nel volere assicurata tale prevalenza attraverso il maggior numero dei Deputati.

D’altra parte pensa che non possa fissarsi il numero dei componenti la prima Camera, quando non ancora è stato stabilito quello dei membri del Senato e dei Parlamenti regionali. L’una e l’altra questione dovrebbero essere decise contemporaneamente. Sarebbe opportuno, quindi, aggiornare la discussione sul problema in esame.

Aggiunge che da un primo calcolo di quello che sarebbe il numero dei parlamentari italiani, secondo le proposte fatte, è venuto alla conclusione che si avrebbero 400 – 420 Deputati circa, 300 Senatori e in ciascuna delle forse 15 Assemblee Regionali, un minimo di cento: cioè, più di 2000 parlamentari.

CONTI (Relatore): avverte che, secondo calcoli approssimativi, si arriverebbe invece a circa 6000 parlamentari.

NOBILE: dichiara che l’interruzione dell’onorevole Conti, dalla quale risulta che se sue previsioni sono state superate, lo convince ancora di più nella sua opinione. Per le indennità a un così gran numero di parlamentari e per le spese di funzionamento dei relativi organi dovrebbero essere impiegate somme ingenti: forse più di due miliardi, che costituirebbero un peso eccessivo per lo Stato, specie nelle attuali condizioni.

EINAUDI: è d’accordo con l’onorevole Conti sulla opportunità di ridurre il numero dei membri, sia della prima Camera che della seconda, anche per ragioni, che crede evidenti, di tecnica legislativa. Difatti, quanto più è grande il numero dei componenti un’Assemblea, tanto più essa diventa incapace ad attendere all’opera legislativa che le è demandata.

PRESIDENTE TERRACINI: rileva che la questione è più importante di quanto non sembri e che non si tratta già di mettersi d’accordo su un numero preciso, bensì su una questione di principio o meglio su un problema nel quale si riassumono e si confondono molte questioni di principio (…) personalmente tiene a sottolineare che non è favorevole ad una definizione dello stato in senso autonomistico, come d’altra parte resterebbe assai perplesso se nella costituzione si parlasse di uno stato regionale. È d’avviso che lo stato debba essere unitario, non può essere autonomistico, cosi come non è mai venuto in mente al alcuno che possa essere provinciale o provincialistico e tanto meno municipale, quando anche si voglia concedere, come è nei propositi, una larga autonomia ai comuni. Sarebbe quindi un grave errore non tenere nel dovuto conto quest’aspetto della coesione e della compattezza che lo stato deve avere. (…)

Ha avvertito una notevole dissonanza quando, da qualche oratore è stato accennato all’eccessivo numero di parlamentari che si avrà con e future assemblee regionali, più che nonostante tutti i poteri che a queste avranno concesse, non si potranno ravvisare in tali assemblee dei parlamenti; né i loro componenti potranno chiamarsi parlamentari, sia nel senso peggiore che i quello più nobile della parola. Dovrà sempre esserci una diversità di rappresentanza e di poteri fra i membri delle assemblee nazionali e quelli delle assemblee regionali.

Crede pure che l’affermazione secondo cui un migliore funzionamento della camera sarebbe assicurato se questa fosse composta di pochi membri perda di vista l’esperienza. Oggi ad esempio si ha una camera di circa 560 membri, ma le forze affettive, i deputati che effettivamente contribuiscono al lavoro della stessa, rappresentano solo una percentuale.

Se si stabilisse che la prima camera dovesse essere composta di 300 deputati si creerebbe un’assemblea nella quale probabilmente solo 150 membri parteciperebbero veramente al lavoro legislativo. Infatti l’elezione dei deputati non è in sostanza che una prima scelta fatta dalla massa degli elettori, ma una seconda ne viene fatta in seguito, sulla base delle capacità rivelate da ogni eletto nel periodo del suo lavoro legislativo.

D’altra parte il numero dei componenti un’assemblea deve essere in certo senso proporzionato all’importanza che ha una nazione (…) quindi se nella costituzione si stabilisse la elezione di un deputato per ogni 150.000 abitanti, ogni cittadino considererebbe questo atto di chirurgia come una manifestazione di sfiducia nell’ordinamento parlamentare.

La diminuzione del numero dei componenti (per) la prima Camera repubblicana sarebbe in Italia interpretata come un atteggiamento antidemocratico, visto che, in effetti, quando si vuole diminuire l’importanza di un organo rappresentativo s’incomincia sempre col limitarne il numero dei componenti, oltre che le funzioni.

Quanto all’osservazione fatta dall’onorevole Nobile circa l’alto costo di un’assemblea parlamentare numerosa, rileva che, se una Nazione spende un miliardo in più per avere buone leggi, non si può dire che la spesa sia eccessiva, specie se le leggi saranno veramente buone ed anche se si consideri l’ammontare complessivo del bilancio in corso.

(…) per queste considerazioni un’eventuale riduzione del numero dei componenti la prima camera costituirebbe a suo avviso un grave errore politico.

LA ROCCA: voterà a favore della cifra di 80.000, perché ritiene che occorra rafforzare l’istituto parlamentare e dargli quella autorità che gli è necessaria per essere l’organo sovrano della Nazione.

La seduta termina alle ore 12,00

Lunedì 27 gennaio 1947 Adunanza Plenaria, presidenza del presidente Ruini – all’ indice “elezione della camera dei deputati” pag. 193 – “elezione della camera dei senatori” pag. 195 – “prorogatio delle due camera” pag. 198 – “giuramento dei membri del parlamento” pag. 201 – la seduta inizia alle ore 10:45:

Il PRESIDENTE RUINI avverte che è da prendere in esame l’articolo relativo alla elezione della Camera dei Deputati. Nel testo del Comitato di redazione esso è così formulato:

La Camera dei Deputati è eletta a suffragio diretto ed universale in ragione di un Deputato per centomila o frazione superiore a cinquantamila abitanti. L’onorevole Fuschini ha proposto invece una modificazione tendente all’ampliamento del numero dei deputati, portando la cifra degli abitanti da centomila a ottantamila.

FUSCHINI: rileva che la diminuzione del numero dei membri della Camera dei Deputati si risolve, in ultima istanza, in una diminuzione della sua autorità.

CONTI: dichiara di essere nettamente contrario all’aumento del numero dei Deputati e propone anzi che l’aliquota di 100.000 abitanti sia elevata a 150.000. Le ragioni addotte dall’onorevole Fuschini piaceranno forse moltissimo a tanti fuori di qui; ma crede che, per quanto riguarda i corpi legislativi, la Costituzione debba essere fatta con una alta preoccupazione: quella di costituire dei complessi che non siano suscettibili di trasformarsi in comizi. Non occorre che i legislatori siano tanti: è necessario che siano buoni. Non ritiene che il numero significhi rappresentanza esatta, autentica, genuina della volontà popolare; la volontà popolare la interpretano uomini onesti, sinceri.

(…) il criterio fondamentale che sostiene è che il numero dei deputati debba essere ridotto respingendo la proposta dell’onorevole Fuschini di diminuire a 80.000 il numero di abitanti per ogni deputato, e portandolo se mai a 150.000.

TERRACINI: accetta la proposta dell’onorevole Fuschini per tutte le argomentazioni che egli ha svolto, e desidera dire che le argomentazioni contrarie esposte dall’onorevole Conti in realtà sembra che riflettano certi sentimenti di ostilità, non preconcetta, ma abilmente suscitata fra le masse popolari contro gli organi rappresentativi nel corso delle esperienze che non risalgono soltanto al fascismo, ma assai prima, quando lo scopo fondamentale delle forze antiprogressive era la esautorazione degli organi rappresentativi.

Quanto alle spese, ancora oggi non v’è giornale conservatore o reazionario che non tratti questo argomento così debole e facilone. Anche se i rappresentanti eletti nelle varie Camere dovessero costare qualche centinaio di milioni di più, si tenga conto che di fronte ad un bilancio statale che è di centinaia di miliardi, l’inconveniente non sarebbe tale da rinunziare ai vantaggi della rappresentanza.

TARGETTI: è favorevole alla proposta Fuschini, alla quale augura una fortuna migliore di quella che ebbe una sua proposta fatta in seno alla seconda Sottocommissione. (…)

Vuol ricordare ai colleghi qualche dato statistico circa la consistenza numerica del Parlamento in altre nazioni europee. La Francia ha 617 Deputati con una popolazione inferiore alla nostra. Il Belgio, con una popolazione a stima (cioè superiore a quella dell’ultimo censimento) di circa 9 milioni di abitanti ha 202 Deputati. La Gran Bretagna ha 615 Deputati. Non comprende ora in base a quale nuova concezione si dovrebbe da parte nostra fare la riduzione proposta.

Il Presidente Ruini pone ai voti la proposta Fuschini di sostituire alla cifra di 100.000 l’altra di 80.000.

(La Commissione approva).

Martedì 23 settembre 1947 presidenza del presidente On. Terracini indi del vicepresidente On. Conti ( pag. 425 – 435 )

PRESIDENTE: l’ On. Nitti propone che la cifra di 80.000 sia elevata a 100.000 abitanti.

RUINI: (…) in origine, la seconda sottocommissione aveva votato il rapporto tra un deputato e 100.000 o frazione superiore a 50.000 abitanti. In commissione plenaria si abbassò la cifra ad 80.000 e 40.000. Abbiamo ora la proposta dell’onorevole Nitti di ripristinare il numero di 10.000 e 50.000 e la proposta dell’onorevole Conti di salire a 50.000 e 75.000. Il comitato ha ritenuto, a maggioranza, questa mattina, che sarebbe opportuno tornare alla cifra iniziale di 100.000 e 50.000.

Debbo qui, onorevoli colleghi, mettere questo tema in relazione con l’articolo 59 del nostro progetto. Esso dice che il numero dei deputati e dei senatori sarà commisurato ai risultati dell’ultimo censimento. L’ultimo censimento a tutt’oggi è quello del 1936 nel quale la popolazione ammontava a 42.990.000 (…) possiamo prende a base, per vedere quale sarà il numero dei deputati, una cifra almeno di (…) se prendiamo il quoziente 100.000, saranno più di 450 deputati; se prendiamo invece 150.000, discenderanno a più di 300; se ci atterremo ad un quoziente di 80.000 andremo a più di 580. Non tengo conto, in nessun caso, degli aumenti che vi possono essere per le frazioni superiori alla metà del quoziente base, giacché si deve tener conto che vanno perdute le frazioni inferiori alla metà.

Non è inesatto dire che per le tre ipotesi abbiamo: verso 600 deputati con un quoziente di 80.000.

Debbo far notare che le cifre addotte sono un punto di partenza, un minimo, che andrà ad ingrossarsi nelle successive legislature con gli incrementi demografici.

TOGLIATTI: Onorevoli colleghi, nonostante i fulmini che ci ha minacciato l’onorevole Conti, il nostro Gruppo parlamentare voterà per la cifra più bassa. E questo per due motivi. In primo luogo perché una cifra troppo alta distacca troppo l’eletto dall’elettore; in secondo luogo perché l’eletto, distaccandosi dall’elettore, acquista la figura soltanto di rappresentante di un partito e non più di rappresentante di una massa vivente, che egli in qualche modo deve conoscere e con la quale deve avere rapporti personali e diretti.

La seduta termina alle ore 19:55

Dalle parole dei Rappresentati della Assemblea Costituente emerge chiaramente come le argomentazioni che oggi vengono addotte come “essenziali” circa la necessità di dover diminuire il numero dei parlamentari in quanto considerati eccessivi, esageratamente costosi, e di maggiore entità numerica rispetto agli altri paesi europei, fossero già tematiche ampiamente dibattute e superate nel lontano 1946!

Quindi, a cosa serve davvero il taglio dei parlamentari?

In conclusione, mi auguro che la conoscenza della storia costituzionale del nostro paese possa indirizzare quanto più correttamente, non solo l’elettorato attivo bensì la classe politica dirigente a poter prevedere ed attuare riforme istituzionali che possano, nel loro contenuto, essere ben più virtuose di quella che si vorrebbe oggi adottare, rappresentante un tema privo di novità, progresso, denotante una scarsa se non assente conoscenza – da parte della classe politica – della storia costituzionale italiana.


Note:
  • Storia.camera.it (Camera dei Deputati / Portale Storico) – Parlamento Italiano – lavori parlamentari – verbali dell’Assemblea Costituente 25 giugno 1946 / 31 gennaio 1948.

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Avv. Roberto Andrea Fivizzani

L'Avvocato Roberto Andrea Fivizzani, è un giovane Avvocato iscritto all'albo del Foro di Grosseto, con Studio Legale - in attività fin dal 1978 - a Massa Marittima e Follonica (Gr). I valori cui si ispira nell'esercizio della sua professione si collocano fra Tradizione, Innovazione e Tutela dei Diritti.

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