Sull’elezione diretta del Presidente della Repubblica
Sommario: 1. Introduzione – 2. Il sistema italiano – 3. Esempi di diritto comparato – 4. Conclusioni.
1. Introduzione
I recenti avvenimenti politici hanno scosso l’idea dell’intangibilità del sistema istituzionale delineato dalla Costituzione: una profonda crisi di rappresentanza che porta numerosi cittadini a manifestare il bisogno di uno Stato più vicino alle loro esigenze.
In questo quadro è stata suggerita (seppur non in forma di proposta di revisione costituzionale né di altro atto giuridicamente rilevante) l’elezione diretta, da parte del popolo, del Presidente della Repubblica, soluzione adottata da alcuni ordinamenti stranieri ma presa in considerazione anche in seno alla nostra Assemblea Costituente.
2. Il sistema italiano1
L’art. 83 della Costituzione statuisce che il Presidente della Repubblica “è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri” integrato da “tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio Regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze” (per la Valle d’Aosta è previsto un solo delegato). Questo meccanismo bilancia le altre due proposte avanzate nella Costituente: l’elezione a suffragio universale e quella da parte delle sole Camere.
Si sostenne che la prima avesse l’inconveniente di attribuire un potere eccessivo ad una figura avente funzione di garanzia; altri ritennero invece che proprio il suffragio universale avrebbe permesso al Presidente di essere super partes nell’espletamento di una funzione quale lo scioglimento delle Camere, decisione che sarebbe stata invece potenzialmente non indipendente in caso di elezione da parte del Parlamento.
Si pervenne dunque alla soluzione intermedia. La compresenza, nell’assemblea chiamata ad eleggere, di deputati, senatori e soggetti delegati dai Consigli Regionali garantisce sufficiente democraticità alla votazione: questi ultimi, ex artt. 121 e 122 Cost., sono organi elettivi aventi potestà legislative e regolamentari, nonché ben rappresentativi degli enti locali data l’incompatibilità tra le cariche di consigliere, consigliere di altra Regione e parlamentare.
3. Esempi di diritto comparato2
Un esempio storico è dato dalla Costituzione di Weimar del 1919, ove il Capo dello Stato era garante della democraticità dei provvedimenti legislativi in caso di stallo per conflitto tra Parlamento ed Esecutivo: egli aveva facoltà di indire referedum sulle leggi già approvate dalla Camera politica (il Reichstag). In presenza tuttavia di un Parlamento molto frammentato, egli divenne sempre meno rappresentativo dell’unità nazionale e sempre più invasivo delle competenze legislative.
Tale esperienza fu istruttiva: la Costituzione tedesca del 1949 (Grundgesetz, ovvero Legge Fondamentale) prevede un Presidente non eletto dal popolo, proprio per evitare che protagonismi esorbitanti rispetto alle sue funzioni di garanzia e rappresentanza vengano legittimati. E’ invece eletto da un collegio ad hoc composto dai deputati della Camera rappresentativa di tutto il popolo (il Bundestag) ed un egual numero di soggetti nominati dagli organi legislativi di ciascuno Stato federato. E’ evidente il parallelismo con il nostro attuale sistema.
In Francia, la forma c.d. semipresidenziale prevede l’elezione diretta di una carica avente poteri esecutivi, spartiti con il Primo Ministro.
Anche in Russia l’elezione è a suffragio universale diretto e le funzioni, oltre che esecutive, sono anche di iniziativa legislativa.
Oltreoceano, nei Paesi dell’America Latina, il Presidente viene eletto direttamente ed ha poteri molto ampi: di iniziativa legislativa, di indirizzo politico, di decretazione, idonei ad imporsi sul Parlamento, ed emergenziali, sospensivi delle garanzie costituzionali. Funzioni storicamente esercitate in modo autoritario per reprimere le situazioni di forte instabilità sociale dettate dalle diseguaglianze economiche (i populismi, per usare un termine tornato attuale).
4. Conclusioni
Da quanto sopra descritto emerge un paradigma costante: dove alla carica presidenziale sono attribuiti poteri che potrebbero definirsi “di merito”, egli viene eletto direttamente dal popolo; dove invece sono previste funzioni di garanzia e rappresentanza si prevede l’elezione indiretta.
Questo schema riflette esattamente le dinamiche a fondamento dell’ipotesi dell’elezione diretta recentemente riemersa: la questione si è posta proprio quando questa carica è intervenuta in modo importante su temi “di sostanza” quali la politica economica o la posizione internazionale del Paese. L’espletamento di una funzione in modo non più apolitico è percepito come illegittimo ove non accompagnato dal volere del popolo, cui appartiene la sovranità nella nostra Repubblica, ex art. 1 della Costituzione.
1. Per una descrizione completa delle proposte si veda Falzone, Palermo, Cosentino (a cura di), La Costituzione della Repubblica Italiana illustrata con i lavori preparatori, Milano, 1976.
2. Vedasi, per approfondimenti anche storici, Violini (a cura di), Temi e problemi di diritto pubblico comparato, Santarcangelo di Romagna, 2014, dove è riportato anche il complesso meccanismo statunitense, qui non trattato, dei Grandi Elettori.
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Lara Gallarati
Avvocato presso il Foro di Milano.
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