Superamento o temperamento del “numerus clausus” e della tipicità dei diritti reali? Punti di contatto e differenze con i diritti obbligatori
Sommario: 1. Diritti reali e diritti di obbligatori: differenze e punti di contatto – 1.1 Premessa – 1.2 Origine ed evoluzione storico-comparativa – 1.3 Caratteri principali dei diritti reali e dicotomie con i diritti di credito – 1.3.1 Critiche e risposte riguardo la tradizionale ricostruzione dei diritti reali – 1.4 La categoria “mediana” delle obbligazioni propter rem e gli oneri reali – 2. Differenze in termini di “numerus clausus” e di tipicità dei diritti reali – 2.1 Verso il superamento o un temperamento del “numerus clausus” e della tipicità dei diritti reali? Tesi a confronto e fondamento giuridico
1. Diritti reali e diritti di obbligatori: differenze e punti di contatto
1.1 Premessa
Il diritto reale, come evidenziato dalla stessa parola, è un diritto sulla “res” ovvero sulla cosa, un diritto che consente la soddisfazione immediata del titolare dello stesso attraverso l’utilizzo del bene in oggetto.
Diversamente il diritto di credito, è un diritto nei confronti di qualcuno, un diritto che “vive in un rapporto” in quanto diritto relativo che, per poter essere appagato, necessità della partecipazione di un soggetto, il debitore. Questa considerazione, è dimostrata dalla locuzione credito che proviene da “credere” che significa avere fiducia, ovvero la fiducia che il titolare del diritto di credito, il creditore, ripone in un altro soggetto, il debitore, affinché quest’ultimo soddisfi il suo diritto.
Analizzati i rispettivi elementi di caratterizzazione e le specifiche peculiarità, vedremo che le differenziazioni tra diritti reali e diritti di credito, pur continuando a sussistere, si sono negli ultimi anni, notevolmente attenuate, anche in considerazione della nascita di “nuovi diritti” di dubbia ed incerta collocazione sistematica in quanto fattispecie di confine, è il caso ad esempio del supercondominio, della multiproprietà, dei diritti edificatori, del trust, della cessione di cubatura, dei nuovi pegni, dell’usufrutto non sottoposto a vincoli di destinazione e della proprietà “temporanea”.
1.2 Origine ed evoluzione storico-comparativa
La contrapposizione fra diritti reali e diritti di credito, non ha origine nel diritto romano dove vigeva la differente e più ampia categoria delle “actiones in rem”, ma trova la sua genesi nel diritto medievale a seguito della bipartizione fra jus in rem e jus in personam, distinzione successivamente rielaborata dalla pandettista tedesca del XIX secolo.
Tale dicotomia è stata in seguito recepita prima dal Code Napoléon del 1804, e poi all’interno del nostro ordinamento giuridico dal codice civile del 1865 e da ultimo nel codice attuale del 1942. A tal riguardo giova evidenziare che nel nostro attuale codice il diritto di proprietà, considerato il diritto reale per eccellenza, perde la sua tradizionale centralità che aveva connotato le previgenti legislazioni codicistiche, a vantaggio del trionfo del rapporto obbligatorio e del contratto, ai quali il codice del 1942 dedica un intero libro IV intitolato giustappunto “Delle obbligazioni”.
Secondo la disciplina dell’analisi economica, tale crisi del diritto reale è rinvenibile, nell’evoluzione della nostra società da un’economia di tipo agricolo- rurale, dove la proprietà assumeva un ruolo di fondamentale rilevanza, ad un’economia di tipo industriale-commerciale, dove lo strumento contrattuale, assume un ruolo fondamentale nella circolazione della ricchezza.
Muta altresì la stretta connotazione del denaro, sotto una duplice prospettiva:
a) prima strettamente connessa alla proprietà terriera, adesso nei rapporti e nelle aspettative di tipo obbligatorio;
b)la moneta non è più materialmente intesa quale liquidità, ma in senso scritturale (depositi bancari ) ed elettronica (come le carte di credito), si parla a tal proposito di dematerializzazione della cartamoneta, che trova la sua ratio giustificatrice nella funzione del soddisfacimento di bisogni fondamentali dell’individuo e della collettività ex art. 2 Cost..
Giova però evidenziare che questa “perdita” di rilevanza della proprietà non è stata accolta in ambito sovranazionale, dove sia a livello comunitario ex art. 17 della Carta dei diritti fondamentali (Carta di Nizza), che a livello convenzionale ex art. 1 Protocollo addizionale Cedu, la proprietà privata è considerata come un diritto fondamentale della persona; nel nostro ordinamento invece, al di là delle suesposte considerazioni, è collocata all’interno dei rapporti economici di cui all’art. 42 , titolo III, Cost. relativo ai rapporti commerciali.
Appare inoltre importante considerare che la differenziazione tra jus in rem e jus in personam, non è rinvenibile né nella tradizione europea né nei sistemi di common law, dove si tende a distinguere, come nel diritto romano, fra real right (azioni reali) e personal right (azioni personali), e quindi sulla base della del regime processuale o sostanziale di tutela dei diritti. Negli ordinamenti di common law infatti, il diritto reale è strettamente connesso alla nozione di immobile, e per i beni mobili si utilizza l’espressione personal property.
1.3 Caratteri principali dei diritti reali e dicotomie con i diritti di credito
Prima di analizzare le caratteristiche principali dei diritti reali e le opportune differenziazioni nei confronti dei diritti di credito, occorre brevemente considerare, quanto ai primi, che gli stessi si dividono in due categorie fondamentali: i diritti che hanno ad oggetto una cosa propria come il diritto di proprietà, iura in re propria; e i diritti reali che hanno ad oggetto una cosa altrui (iura re aliena).
Tradizionalmente si ritiene che i diritti di credito siano dotati di tre fondamentali caratteristiche: 1. l’immediatezza, 2. l’assolutezza e 3. l’inerenza.
Per l’immediatezza si indica il potere di utilizzo diretto da parte del titolare dello stesso, senza bisogno di intermediari per il suo soddisfacimento. Nello specifico, il titolare del diritto può godere del bene senza necessità di interventi da parte di altri soggetti.
Per assolutezza si intende l’obbligo da parte di tutti gli altri soggetti, con esclusione naturalmente del titolare del diritto, di interferire negativamente sul libero utilizzo e godimento del soggetto titolare. A tal proposito si afferma che il diritto reale ha efficacia contro tutti ovvero “erga omnes”.
L’inerenza detta anche “incorporazione” attiene all’opponibilità del diritto nei confronti di chiunque vanti o possieda diritti sulla cosa. Si considera come tali diritti, soprattutto con riguardo ai diritti reali minori, siano “ diritti di sequela” nel senso che seguono il bene anche quando muta la titolarità del diritto, senza che il titolare dello stesso subisca a seguito di tale mutamento alcun effetto pregiudizievole.
1.3.1 Critiche e risposte riguardo la tradizionale ricostruzione dei diritti reali
Si è a tale riguardo criticato che le caratteristiche dell’immediatezza, dell’assolutezza e dell’inerenza sopra analizzate, non siano ad appannaggio esclusivo dei diritti reali ed allo stesso modo che non siano presenti in tutti i diritti reali.
Nello specifico, per quanto concerne l’immediatezza, la dottrina tedesca ha evidenziato che la stessa si rivolga ai beni e non ai soggetti, e di conseguenza l’inesistenza di un potere giuridico esercitabile sulla cosa (teoria c.d. personalistica). A sostegno di tale assunto, è stato affermato che il requisito dell’immediatezza, non sarebbe presente ad esempio nel caso dell’ipoteca e delle servitù negative.
Per quanto riguarda l’assolutezza, dubbi sono stati sollevati in relazione alla presenza della stessa nel diritto di proprietà acquistato in base a un atto non trascritto, e la stessa critica è stata mossa in relazione ai diritti personali, con specifico riguardo alla locazione.
Dell’inerenza si è osservato, come non sia una caratteristica principale dei soli diritti reali, ma trova altresì riscontro in alcuni tipi di obbligazioni, definite propter rem, che si trasferiscono insieme alla proprietà del bene, obbligando tutti coloro che ne siano proprietari (c.d. ambulatorietà). Analoga critica è stata sollevata con riguardo a quei negozi che se trascritti, sono opponibili a terzi, come nel caso del contratto preliminare immobiliare, del negozio di destinazione e della locazione ultranovennale.
A tali critiche si è risposto che, l’immediatezza è una caratteristica attinente alla struttura del diritti reali e non al rapporto pertanto un elemento intrinseco dello stesso e non esterno, in difetto di ciò infatti il diritto non è reale; quanto all’assolutezza e all’inerenza si tratta di profili relazionali, che se presenti anche nei diritti di credito, non trasformano quest’ultimi in diritti reali.
Come è facilmente intuibile, le differenziazione tra diritti reali e di credito non appare sempre così chiara, vi sono infatti delle fattispecie di difficile inquadramento sistematico come nel caso delle obbligazioni propter rem e degli oneri reali.
1.4 La categoria “mediana” delle obbligazioni propter rem e gli oneri reali
Le categorie delle obbligazioni propter rem e degli oneri reali, tuttora oggetto di discussione, erano sconosciute al diritto romano, i giuristi romani erano infatti contrari all’idea di imporre vincoli obbligatori sui successivi proprietari dell’immobile.
Le obbligazioni propter rem, dette anche obbligazioni reali (da non confondere con gli oneri reali), sono un istituto di elaborazione dottrinale e si collocano in una posizione mediana tra i diritti di credito e i diritti reali. Il codice infatti, non contempla tale istituto come categoria generale, ma disciplina singole ipotesi tradizionalmente ricomprese in tale categoria.
Le caratteristiche delle obbligazioni reali si identificano nell’accessorietà rispetto al diritto reale e per l’obbligato che viene individuato in base alla sua qualità di proprietario o soggetto titolare di un altro diritto reale su una cosa. Ulteriori caratteristica tipica delle obbligazioni reali è l’ambulatorietà, come già accennato, tali obbligazioni si trasferiscono automaticamente, ovvero a prescindere dalla volontà del creditore, in capo al successivo acquirente della res ed anche nel caso in cui quest’ultimo non ne sia a conoscenza.
E’ concesso al debitore di liberarsi delle obbligazioni propter rem con il c.d. abbandono del bene su cui verte l’obbligazione così come stabilito dagli artt. 882, co. 2, c.c. e 1070 c.c.
Controversa è dunque la natura giuridica delle suesposte obbligazioni, secondo una tesi minoritaria, si tratterebbe di diritti reali in quanto ivi presente il carattere dell’inerenza; secondo altra tesi contraria alla precedente e maggioritaria, avrebbero natura personale, poiché hanno ad oggetto una prestazione di natura personale consistente in un fare o in un dare e perché il collegamento tra l’obbligato e il bene ha il solo scopo di individuare il debitore. Infine per l’ultima tesi mediana, che accomuna le considerazioni delle precedenti tesi, si tratterebbe di obbligazioni personali con profili di realità.
Su tale problematica si è interrogata anche la giurisprudenza che , fino agli anni ’50 del secolo scorso ammetteva la costituzione delle obbligazioni reali atipiche, successivamente con specifico riguardo a problemi inerenti alle servitù prediali, ha ripetutamente affermato il principio di tipicità delle obbligazioni reali, potendo dunque le stesse essere costituite solo se legislativamente stabilite.
Giova a tal proposito evidenziare, come analizzeremo specificamente in seguito, che di particolare rilevanza è la distinzione tra servitù prediali e rapporti obbligatori di natura reale, soprattutto in conseguenza delle differenti applicazioni che ne derivano riguardo ai rimedi: nel caso delle servitù prediali, nel caso di lesione si tratterà di responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., nel caso i cui si tratti di rapporti obbligatori reali la responsabilità sarà di tipo extracontrattuale ex art. 2043 c.c. (Cass. civ. n. 1131/1981).
Da non confondere con l’obbligazione reale, è l’onere reale, in base al quale un soggetto in quanto proprietario di un determinato immobile, conferisce pagamenti di somme di denaro o altre cose generiche ad un altro soggetto. Tali prestazioni possono consistere in un dare o in un facere nei confronti di un altro soggetto che non solo ha diritto di riceverle, ma nel caso di inadempimento ha inoltre la facoltà di soddisfarsi sul bene stesso espropriandolo al proprietario.
Le principali caratteristiche dell’onere reale sono l’inerenza ad un fondo, e la nascita automatica a seguito dell’acquisto della titolarità del diritto reale.
Appare opportuno specificare, che l’onere reale si differenzia dalla servitù in relazione a diversi profili: il primo impone un peso periodico, diversamente dalle servitù che implicano un peso continuativo; inoltre nell’onere l’obbligo è di dare o fare , diversamente nelle servitù si tratta di un pati o di un non facere; infine l’onere può disporsi anche a vantaggio di più persone, la servitù invece è a vantaggio solo di un fondo.
Discussa è non solo la natura giuridica dell’onere reale, ma altresì la sua stessa configurazione nell’attuale sistema giuridico, in quanto parte della dottrina afferma che le ipotesi tradizionalmente intese quali oneri reali, sarebbero diversamente da considerare quali ipotesi di servitù prediali, e qualora abbiano ad oggetto un facere , come semplici obbligazioni.
Riguardo tale problematica, sul tema sono emerse due elaborazioni dottrinali: da un lato, prediligendo l’inerenza del diritto alla cosa, vengono ricondotte alla categoria dei diritti reali; altra tesi li considera diritti di credito assistiti da garanzia reale, ciò sia evidenziando le differenze suesposte sulla servitù, sia per la mancanza di un potere immediato del titolare sulla res.
Anche in tal caso, come per le obbligazioni reali, l’adesione all’una o all’altra teoria impone rilevanti conseguenze sul piano pratico, le medesime suesposte in relazione ai rimedi esperibili in termini di azioni reali erga omnes e di responsabilità extracontrattuale e nel caso in cui si abbracci la tesi della natura di diritti obbligatori, diversamente si tratterà di inadempimento ex art. 1218 c.c. da responsabilità contrattuale.
2. Differenze in termini di “numerus clausus” e di tipicità dei diritti reali
Secondo l’impostazione tradizionale, fra gli elementi caratterizzanti i diritti reali, a dispetto dei diritti di credito, abbiamo il c.d. numerus clausus e la tipicità.
Numerus clausus e tipicità seppur connessi devono essere ben distinti: il numerus clausus impone che i diritti reali siano esclusivamente quelli disciplinati dalla legge, e la tipicità che i privati non possano modificarne la disciplina mediante l’autonomia privata.
La ratio è quella di evitare che si possano imporre vincoli ulteriori sul bene diversi da quelli stabiliti dalla legge, e dunque ridurne la destinazione economica; dall’altro la tutela dei terzi che devono poter conoscere tassativamente i vincoli che pesano sul fondo.
Si tratta quindi di due caratteristiche collegate fra loro ma che pongono problematiche diverse: la prima ha ad oggetto la fonte e quindi l’esigenza che siano quelli legislativamente previsti, la seconda, attiene al contenuto dei diritti in esame e alla loro disciplina.
Per quanto concerne le origini del numerus clausus, le stesse sono rinvenibili nel diritto romano, diritto fortemente legato ad una proprietà fondiaria che, in quanto la principale fonte di ricchezza , non doveva subire ulteriori limitazioni attraverso la creazione di matrice privatistica di diritti reali atipici.
Durante il periodo feudale, a seguito di una crescente moltiplicazione di diritti e pesi sulle cose, tale principio è stato abbandonato, per poi essere trovare di nuovo la sua valenza a seguito della rivoluzione francese, in virtù dell’esigenza di porre dei freni alla limitazione dei diritti reali perpetui.
Nuova rivalutazione del numerus clausus è avvenuta a seguito dei numerosi interventi sulla legislazione speciale e in seguito ad opera del legislatore del 1942: dove da un lato si è evidenziata l’esigenza di garantire libertà e sicurezza dei traffici mobiliari e immobiliari,: dall’altro lato per esigenze di tutela dei terzi e dei creditori del proprietario particolare che potrebbero subire pregiudizi nel caso di creazione di nuovi diritti reali ad opera della volontà privata.
Per quanto concerne gli altri ordinamenti giuridici, nei paesi di civil law il principio del “numero chiuso dei diritti reali” trova ampia diffusione come ad esempio in Inghilterra e soprattutto in Germania. In Francia, il dibattito è aperto e la Spagna ha accolto una soluzione “temperata”.
Nei paesi di common law, la dottrina appare divisa in ordine ad un accoglimento del suesposto principio.
2.1.Verso il superamento o un temperamento del “numerus clausus” e della tipicità dei diritti reali? Tesi a confronto e fondamento giuridico
I principi del “numerus clausus” e della tipicità dei diritti reali, negli ultimi anni hanno subito un notevole mutamento, soprattutto in conseguenza della nascita di nuovi fattispecie come ad esempio il supercondominio, la multiproprietà , i diritti edificatori, il trust, la cessione di cubatura , i nuovi pegni, l’usufrutto non sottoposto a vincoli di destinazione e la proprietà temporanea.
La dottrina tradizionale considera tali novità non invalidanti del principi suesposti sulla base di diverse argomentazioni che attengono alla nozione di proprietà disciplinata dall’art. 833 c.c. , alla ratio del “numerus clausus” che ha come finalità quella di soddisfare esigenze di ordine pubblico ed economico di cui agli artt. 41 e 42 Cost., in base agli art. 1322 e 922 che considerando i contratti obbligatori atipici, per converso non lasciano spazio alla atipicità in materia di diritti reali; per l’efficacia verso i terzi opponibili in deroga all’art. 1372 c.c. in relazione alla tassatività dei negozi trascrivibili di cui all’art. 2643 c.c.; e per ragioni di tutela ravvisabili in un abuso distorto del potere negoziale.
La tesi opposta confuta tutte le argomentazioni precedenti: una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 833 c.c. aprirebbe la strada ai diritti reali atipici; quanto a secondo argomento la certezza dei rapporti economici non sarebbe intaccata da previsioni atipiche dei diritti reali, ma imporrebbero un mero controllo di meritevolezza del negozio; quanto all’argomento di cui al combinato disposto degli artt. 1322 e 922 c.c. si afferma che il primo non è in contrapposizione con il secondo, e che l’art. 922 c.c. può essere considerato quale “clausola di apertura” a nuove fattispecie atipiche; per l’art. 1372 c.c. si afferma che il negozio opponibile non sia deroghi allo stesso, in relazione alla tassatività dei diritti reali si afferma che essa riguarda gli effetti e non gli atti; ed infine riguardo alla tutela si critica che non sarebbe sacrificata in virtù del vaglio di liceità sul negozio atipico.
Infine è stata avanzata una tesi mediana volta ad armonizzare le suesposte teorie, nella quale si osserva che l’autonomia privata, anche se non può creare diritti reali senza una specifica disposizione legislativa, quindi il “numerus clausus” non può essere “intaccato”, può adattare nuove fattispecie senza stravolgere la disciplina della figure tipizzate, avallando così l’ipotesi di un temperamento del principio di tipicità dei diritti reali.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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