Supercondominio e sottosuolo: la Cassazione fa chiarezza
Con la sentenza n. 18031 del 1° luglio 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato una controversia particolarmente rilevante riguardante la proprietà del suolo e del sottosuolo all’interno di un complesso immobiliare strutturato come supercondominio. La decisione chiarisce la natura giuridica delle parti comuni in contesti condominiali complessi, ribadendo l’importanza di un’interpretazione precisa dei regolamenti condominiali e della necessità di una chiara riserva per escludere la comunione.
Contesto della controversia. La controversia è scaturita da un ricorso presentato da un condomino contro la sentenza della Corte d’Appello di Milano, che aveva escluso la natura comune del suolo e del sottosuolo delle particelle interessate, attribuendole come di proprietà esclusiva della società (…) Srl. Il complesso immobiliare in questione, situato a Milano, è composto da quattro fabbricati distinti, il cui sottosuolo è stato oggetto di contestazioni a seguito di lavori di ristrutturazione edilizia promossi dalla società, che mirava a trasformare alcune autorimesse in edifici residenziali con parcheggi.
La regolamentazione della situazione condominiale era disciplinata da un regolamento di supercondominio risalente al 1978, che includeva disposizioni specifiche relative alle parti comuni, inclusi il suolo e il sottosuolo. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva interpretato tali clausole in modo restrittivo, escludendo la comunione tra tutti i condomini e attribuendo il suolo esclusivamente ad alcuni proprietari.
La decisione della Cassazione
Riconoscimento del suolo comune. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del condomino, ritenendo che la Corte d’Appello avesse commesso un errore nell’interpretazione del regolamento condominiale. In mancanza di un titolo chiaro che attribuisce la proprietà esclusiva del suolo a uno dei condomini, il suolo e il sottosuolo devono essere considerati beni comuni. La Cassazione ha ribadito l’importanza dell’art. 1117 c.c., che presuppone la condominialità del suolo su cui sorgono gli edifici condominiali, salvo una disposizione contraria espressa in un titolo valido. In questo caso, tale disposizione non esisteva, e pertanto la presunzione di comunione non poteva essere superata.
Principio di accessorietà necessaria. La Corte ha evidenziato la necessità di verificare la relazione di accessorietà necessaria tra il suolo e il complesso immobiliare nel suo insieme. Tale relazione può esistere anche in un supercondominio composto da edifici distinti, purché questi condividano strutture essenziali e impianti comuni. Se tale relazione è presente, il suolo deve essere considerato comune, a meno che non vi sia un titolo contrario. In questo caso, la Corte ha stabilito che la presenza di strutture comuni tra i fabbricati rafforza la condominialità del suolo e del sottosuolo, nonostante la diversità degli edifici.
I limiti dei regolamenti condominiali. Uno degli aspetti chiave della sentenza riguarda i regolamenti condominiali. La Corte ha sottolineato che, per derogare alla presunzione di condominialità prevista dall’art. 1117 c.c., i regolamenti devono contenere clausole chiare e univoche. Nel caso specifico, il regolamento predisposto dall’originaria proprietà nel 1978 non esprimeva con sufficiente chiarezza la volontà di escludere il suolo dalla comunione. Inoltre, la Cassazione ha ribadito che un regolamento condominiale non costituisce, di per sé, un titolo di proprietà, a meno che non sia allegato come parte integrante al primo atto d’acquisto trascritto o accettato con chiara volontà dai condomini. Poiché tale condizione non era presente, il suolo è stato considerato comune a tutti i condomini.
Considerazioni finali. La pronuncia della Cassazione offre chiarimenti fondamentali in tema di proprietà condominiale, in particolare per i supercondomini. Stabilendo un criterio più rigoroso per l’esclusione di parti dalla comunione, la Corte ha fornito una guida chiara per la gestione di queste complesse strutture immobiliari.
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