Sussiste l’obbligo di rinegoziare i contratti di durata in periodo di emergenza sanitaria?
Con l’ ordinanza numero 29683 del mese di agosto 2020 il Tribunale di Roma si è di fatto sostituito ai contraenti di un contratto di locazione commerciale, al fine di stabilire l’entità della riduzione del canone mensile da corrispondere in conseguenza del pesante calo degli affari subito dal conduttore a causa del Covid-19.
Si tratta di un precedente senz’altro innovativo in quanto l’autorità giudiziaria della Capitale ha cercato di far luce su quale, tra le parti di un rapporto di locazione, debba accollarsi le conseguenze di un evento imprevedibile e sopravvenuto, di portata tale da incidere in maniera significativa sull’impegno pattizio stipulato in tempi non sospetti.
Nel nostro caso specifico ci riferiamo ovviamente all’epidemia da Covid-19 ancora in corso.
In una simile situazione, a rigor di logica e di buon senso, la soluzione preferibile sarebbe quella di una rinegoziazione spontanea tra i contraenti, tenuto conto delle mutate condizioni.
Nel caso altamente probabile che ciò non avvenga, però, il nostro ordinamento non è allo stato in grado di offrire un rimedio giuridicamente percorribile che vada in tale direzione.
In aiuto dello sfortunato conduttore che si veda costretto a chiedere una riduzione di canone in conseguenza della pandemia si potrebbe al più invocare l’articolo 1467 c.c. in materia di eccessiva onerosità sopravvenuta nei contratti a prestazioni corrispettive.
Senonché tale norma, nel prevedere la possibilità di rescissione dal contratto, non fornisce di certo risposta adeguata al soggetto che, invece, vorrebbe continuare a fare impresa in attesa di tempi migliori, rimettendo la possibilità di negoziazione al solo locatore che si veda chiedere la risoluzione.
Il Tribunale di Roma ha ritenuto che la condotta del locatore che continui ad esigere il pagamento del canone integrale anche in un momento emergenziale, quale è quello che stiamo vivendo, viola uno dei cardini della disciplina legale delle obbligazioni, ovvero quello di buona fede in sede di esecuzione del contratto così come dettato dall’art. 1375 c.c.
Ancora una volta ci si richiama ad un principio generale dell’ordinamento per trovare risposta ad una fattispecie concreta insorta in conseguenza dell’attuale momento di crisi in cui versa il nostro paese.
Soluzione molto lontana da quelle già adottate nell’ambito della contrattualistica internazionale dove, ormai da anni, vengono previste clausole che obbligano le parti a rinegoziare le condizioni economiche in presenza di gravi eventi sopravvenuti. Si tratta delle cosiddette clausole di “hardship” purtroppo ad oggi sconosciute in Italia.
Ancora una volta l’ordinamento italiano soffre la mancanza di uno strumento per così dire “elastico” che permetta di adattare il contratto alle mutate circostanze e consente alla magistratura di intervenire in modo preponderante a dirimere una controversia di così grande attualità.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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