Terrorismo Internazionale: analisi normativa e forme di prevenzione
1.Premessa: Scenari geopolitici e sviluppo del Terrorismo – 2. Legislazione d’emergenza: Lg. n° 43/2015 e Lg. n° 153/2016 – 3. La presunzione di adeguatezza della Misura cautelare in carcere e l’evoluzione giurisprudenziale – 4. Gli U.S.A. ed il contrasto alle forme di Terrorismo: “Patriot Act” – 5. Conclusioni ed Osservazioni
1. Premessa : Scenari geopolitici e militari nello sviluppo del Terrorismo
Con gli strumenti di analisi che erano propri dei vari Stati occidentali, già alla fine del 2006 si avvertiva che la Siria era sull’orlo della guerra civile – quella guerra che sarebbe esplosa cinque anni dopo, a cui però, almeno nella fase iniziale, nessuno delle super potenze faceva caso. Ed è proprio da questa serie collegata di eventi geopolitici e militari che si sviluppa il problema dell’ organizzazione terroristica facente parte dello stato Islamico. I governi occidentali durante le guerre arabe hanno preferito affidarsi a improbabili garanti dello status quo internazionale, o a fingere di non vedere la doppia ‘’faccia’’ dei macellai governativi e islamisti contro la componente democratica presente in quei territori, che seppur minima avrebbe potuto quanto meno fornire un apporto sociale di sviluppo differente, pur senza destrutturare le identità culturali tipiche di quegli stati islamici. Ora che l’esito è sotto gli occhi di tutti, si tratta di capire che nella storia ogni azione produce sempre effetti di media e lunga durata che hanno delle ripercussioni notevoli. Riconoscere l’origine diretta del Daesh non può comportare una qualsiasi forma di giustificazione ed esclusione di colpa da parte delle potenze occidentali – anche se è intuibile la necessità psicologica di salvarsi la coscienza dando tutta la colpa – ai governi dittatoriali di quei territori dell’ area siriana-afgana ed Iraqena. Oggi quella Mesopotamia allargata che è il luogo di germinazione del Daesh è un guazzabuglio dove non ci sono amici, ma solo diversi – e tutti intollerabili – gradi di inimicizia ed odio. Strutturalmente le origini del gruppo risalgono ad “Al- Quaeda in Iraq” (2004–2006), poi rinominata “Stato Islamico dell’Iraq” (2006–2013), fondata da Abu Mus’ab al-Zarqawi nel 2004 per combattere l’invasione statunitense in Iraq e il governo iracheno di matrice sciita sostenuto dagli Stati Uniti dopo il rovesciamento del dittatore Saddam Hussein. Nel 2013 lo Stato Islamico dell’Iraq ha proclamato unilateralmente la propria unificazione con l’ala siriana di Al-Qaeda, che aveva conquistato una parte del territorio siriano nell’ambito della lotta civile contro il governo di Baššār al-Asad. In seguito a questo contrastato annuncio il gruppo, scelta come propria capitale la città siriana di Raqqa, ha cambiato nome in Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS). Nel 2014 l’ISIS ha esteso il proprio controllo in territorio iracheno (con la presa in giugno di Mosul), adottando il nome attuale e proclamando la nascita del “califfato” il 29 giugno 2014. Le rapide conquiste territoriali dell’ISIS hanno finito per attrarre la preoccupazione della comunità internazionale, spingendo gli Stati Uniti, altri Stati occidentali ed arabi ad intervenire contro l’organizzazi “nera” con bombardamenti aerei in Iraq a partire da agosto 2014 e in Siria da settembre 2014. Dapprima alleato di Al-Quaeda, rappresentata in Siria dal gruppo Al-Nusra, l’ISIS se ne è definitivamente distaccato nel febbraio 2014, diventandone il principale concorrente per il primato nella jihad globale. Tuttavia è soltanto a partire da questa data che ufficialmente e con massima diffusione comunicativa tramite internet ed altri social si apprende della nascita dello Stato Islamico ( IS in arabo: الدولة الإسلامية, al-Dawla al-Islāmiyya) che si è articolato come un’organizzazione a rete mondiale di stampo salafita, attiva in Siria e Iraq, dove controlla militarmente un ampio territorio. Il suo capo attualmente è il califfo Abu Bakr Al-Baghdadi , ricercato numero dai servizi segreti di tutto il mondo. Oggi l’ISIS è del tutto autonomo e conta gruppi affiliati in circa venti paesi del modo tra cui anche zone dell’ Europa occidentale, forte anche dell’ appoggio dei principali gruppi terroristici mondiali tra cui il famigerato Boko Haram. Economicamente il Daesh fonda le proprie basi con traffici illeciti di droga, armi, petrolio ed esseri umani, grazie a documenti rinvenuti dal controspionaggio iracheno si stima che l’Isis possa contare su un patrimonio in dollari pari a circa due miliardi. Insomma è il gruppo terroristico jihadista più ricco e solido economicamente al mondo e questo infatti gli consente sia di poter manipolare non solo i propri adepti sparsi in ogni dove, ma soprattutto le fasce deboli del popolo iracheno e siriano affranti da guerra e miseria oltre che poter investire in equipaggiamenti e strumenti informatici comunicativi. Rappresenta dunque una vera e propria sfida per l’intelligence delle varie potenze, in quanto mai ci si sarebbe aspettata una organizzazione strutturale così rapida e duttile, capace di adattarsi ad ogni situazione. Ma come ogni nucleo terroristico anche questo possiede un “tallone d’Achille” su cui colpire.
2. Legislazione d’emergenza: Lg. n° 43/2015 e Lg. n° 153/2016
Solo a seguito degli attentati di Parigi avvenuti inizialmente nella redazione del giornale satirico Charlie Hebdo, i paesi dell’ Unione Europea hanno alacremente lavorato ad una serie di leggi antiterrorismo d’emergenza. Per quanto concerne l’ Italia, il legislatore, conformandosi sia agli eventi accaduti e sia alle fonti sovranazionali ha adottato il Dl 18.2.2015 n 7 conv. in Legge 17/04/2015 n 43 la cui focalizzazione, rispetto alle norme di diritto penale sostanziale, è incentrata su quattro aree essenziali: inasprimento del trattamento sanzionatorio per il compimento di atti eversivi, riduzione della soglia di tollerabilità per chi detiene esplosivi, misure preventive e punitive estese anche ai cosiddetti Foreign Fighters, supporto alle iniziative militari dei processi di ” peace building” . A brevissima distanza ed a seguito degli attacchi al Bataclan il legislatore italiano interviene nuovamente sulla materia del terrorismo internazionale con la legge n 153 del 28.07.2016, adeguando il nostro ordinamento ed il sistema penale agli impegni internazionali assunti con la Comunità Europea. I contenuti della novella disposizione si aggiungono alla già nutrita costellazione di fattispecie incriminatrici e nello specifico riguardano la repressione: finanziamento di condotte con finalità di terrorismo (art 270 – quinquies.1 cp), sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro (art 270 – quinquies.2 cp) atti di terrorismo nucleare (art 280- ter c.p.). Oltre ad interventi incidenti sulla compressione della sfera personale, sono state apportate modifiche anche per intervenire sull’aspetto patrimoniale dell’ investigato prevedendo una nuova ipotesi di confisca obbligatoria, diretta e per equivalente per tutti i reati connessi alle finalità terroristiche (art 270 – septies cp). Da un’analisi critica focalizzata sullo studio delle leggi antiterrorismo emanate nel corso degli anni emerge un vulnus comune a tutte le fasi storiche che riguarda i tempi di risposta. In realtà, a ben guardare, vi è una reazione che seppur puntuale è comunque anacronistica rispetto al susseguirsi degli eventi. Lo stato è giunto a porre rimedio in modo repressivo sempre dopo e mai prima del fatto compiuto, la mancanza è dunque ravvisata nell’attività di analisi valutativa e preventiva del rischio terroristico sia nel suo aspetto globale, sia nel suo aspetto singolo, ovvero circoscritto ai soggetti che in varie parti del mondo compiono attentati isolati. Per cui pur essendo sostanzialmente corretto e proficuo l’excursus normativo attuato, non è però possibile ritenere che ciò sia sufficiente a porre la parola “fine” o quanto meno arginare gli attentati, le stragi e le violenze indiscriminate. Tutto ciò appare, al momento, solo una fantasiosa utopia, qualora non si addivenisse ad uno studio flessibile e comparato del fenomeno nel suo complesso e delle isolate manifestazioni di eversione. Il terrorismo prima ancora che represso va studiato in ogni suo aspetto e sfaccettatura, esso è come un mondo inesplorato: ha bisogni di audaci “avventurieri”.
3. La presunzione di adeguatezza della Misura cautelare in carcere e l’evoluzione giurisprudenziale: commento alla Sent. Cassazione n 24994/2006
Riguardo ai reati di terrorismo, perpetrati da esponenti estremisti, che hanno interessato il nostro Paese, accanto al mare magnum della legislazione penale emergenziale e ad hoc, si rinviene una copiosa giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione e dei Giudici di Merito, investiti delle numerose problematiche connesse alla configurabilità dei gravi reati e alla volontà del legislatore di prevenire il compimento di atti terroristici, anticipandone la punibilità. In tema di lotta al terrorismo internazionale, merita particolare attenzione la sentenza pronunciata dalla Suprema Corte ,che ha ulteriormente avallato anche le modalità pratiche, con cui le Procure della Repubblica hanno operato in fase di indagini preliminari, proprio allo scopo preventivo. Merita a tal proposito un commento riflessivo la sentenza della Corte di Cassazione n. 24994/2006, circa la sussistenza della misura della custodia cautelare in carcere per gli autori di reato di cui all’ art 270 bis c.p. commi 1,2,3, con diverse ipotesi di aggravanti. Nello specifico i presunti rei si associavano ad altre persone con lo scopo di compiere atti di violenza con finalità di terrorismo internazionale e supporto logistico all’ organizzazione denominata Al Qaeda. Nella sentenza de qua rilevano le questioni procedurali e le motivazioni circa la corretta sussistenza dell’ applicazione della misura massimamente afflittiva della custodia cautelare in carcere, ex art 285 c.p.p., disposta dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta del PM presso la Procura di Salerno nei confronti di L.M. e S.K., indagati per il reato di “Associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione all’ ordine democratico” con l’ aggravante di cui all’ art 416 c.p., art 1 della legge n 15 del 1980, avendo commesso il fatto per finalità di terrorismo, artt. 81, 110, 482 c.p., in relazione agli artt. 476, 477, 468 c.p. e all’ art 12 decreto legislativo n 286 del 1998, per aver concorso tra loro nella contraffazione di numerosi documenti di provenienza già delittuosa ed aver consentito ad altri di ottenere un ingresso sotto falso nome e, dunque, illegale, nel territorio dello Stato senza alcun diritto di cittadinanza. Fatti commessi in Napoli, Brescia, Salerno, Vicenza. Il Tribunale Ordinario, in sede di Riesame, confermava il provvedimento del GIP, inizialmente di Salerno, ma dichiarava la propria incompetenza territoriale ex art 21 c.p.p., in favore dell’Autorità giudiziaria Napoletana. Il PM presso la Procura di Salerno richiedeva, nuovamente, stavolta al GIP presso il tribunale di Napoli, l’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per gli stessi motivi, confermata poi dal Tribunale Napoli in sede di Riesame competente. Il difensore proponeva avverso le indicate ordinanze due distinti ricorsi, che, presso la Corte di Cassazione, venivano riuniti, ex art. 17 c.p.p., sotto il numero di registro iniziale per uguaglianza di contenuto. La doglianza del ricorrente è sostanziata nella violazione dell’art 606 lett. B c.p.p., sostenendo che sarebbero stati valorizzati dai giudici territoriali elementi che non integrerebbero gli estremi del reato di cui all’art. 270 bis cod. pen., con il rischio di rendere punibile la sola adesione ideologica ai principi ispiratori dei più gravi attentati terroristici o un sentimento di ostilità verso i popoli occidentali. Si lamentava, inoltre, che i giudici di prime cure, fornendo un’interpretazione meramente suggestiva dei fatti, avrebbero trasformato questo illecito in un reato d’opinione e che, pur essendo la soglia di punibilità anticipata, avevano ritenuto punibile una semplice manifestazione di volontà, svolgendo un sillogismo induttivo ed apodittico, basato su elementi neutri. Per la difesa gli atti e le intercettazioni, valutati dal giudice come elementi sostanziali per un progetto terroristico di attentato e di violenza, tali da determinare, in via precauzionale ed anticipata, la custodia in carcere, costituivano, invece, semplicemente, un insieme di intemperanze verbali, non idonee a determinare un inizio, concreto ed attuale, di esecuzione di un attentato, ma configurabili, tutt’al più, come mera forma di adesione ideologica al progetto terroristico. Nonostante i tentativi della difesa di improntare la condotta degli imputati alla buona fede e alla mera passione per il fenomeno del terrorismo internazionale, la Suprema Corte pronuncia l’infondatezza del ricorso, considerando le condotte ascritte come manifestazioni di piena adesione concreta a progetti terroristici in itinere. Ritiene la Corte che, nel caso di specie, ricorre un delitto di pericolo presunto, che si configura anticipatamente con la sola esistenza di un progetto terroristico seppur non dettagliato o attuativo, dunque, con la mera e semplice adesione ideologica alle tesi criminali; per delinearsi occorre l’esistenza di una struttura organizzata, con un programma comune fra i partecipanti, finalizzato a sovvertire violentemente l’ordinamento dello Stato e accompagnato da progetti, anche se non specificati nei particolari, concreti ad attuali di consumazione di atti di violenza (per tutte Cass. Sez. I sent. n. 35427 del 2005). Si ritiene che, la presenza di una struttura organizzata, pur se in modo rudimentale, è sufficiente per configurare il delitto in esame, che l’adesione ideologica si sostanzi in seri propositi criminali volti a realizzare una delle indicate finalità, pur senza la loro materiale iniziale esecuzione. Integrano, già in sé, gli estremi del delitto: l’ideazione o la partecipazione ad un progetto terroristico, pur se formulato non nei suoi dettagli ma in modo ancora generico e di ampia realizzazione, ma dimostrato anche dalla dichiarata piena disponibilità alla sua futura esecuzione e fondato sulla menzionata organizzazione di persone, che ne condividono le finalità ed apprestano gli strumenti indispensabili preliminari per compiere le azioni violente o eversive. Il legislatore, a seguito delle riforme normative, ha inteso potenziare la prevenzione, ha anticipato la punibilità al momento prodromico, proprio al fine di bloccare, in nuce, anche un progetto terroristico in fase embrionale e non ancora dettagliato nei suoi obiettivi, presumendo iuris et de iure il pericolo, sulla base di un giudizio prognostico, che collega in termini di probabilità causale la situazione data e il risultato futuro. Leggendo le motivazioni di questa sentenza sembra quasi che lo Stato abbia ,in un certo qual modo, legittimato l’uso del ‘’diritto penale del nemico’’, ovvero abbia consentito che il processo penale si spogliasse delle vesti di momento di affermazione della giustizia ed assumesse il ruolo di affermazione del potere contro il nemico terrorista.
4. Gli USA ed il contrasto alle forme di Terrorismo: ‘’ Patriot act ‘’
Gli USA hanno rappresentato nello scenario internazionale il trampolino di lancio per la lotta al terrorismo. Infatti nel 2001 furono il primo paese a vivere concretamente il terrore e le conseguenze di un attacco eversivo che, in tal caso, colpì le Twin Towers uccidendo circa 2996 civili e lasciando una ferita lacerante ed ancora aperta nel cuore degli Americani e del mondo intero. La risposta politica fu immediata attraverso la promulgazione del ’’ Patriot Act’’. Tale normativa il cui acronimo è ‘’Uniting and Strengthening America by Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism Act of 2001’’ 3 è sostanzialmente una legge federale statunitense voluta dall’ allora presidente Bush il 26 ottobre 2001 , a distanza di circa un mese dall’ attacco al cuore economico degli Stati Uniti d’America. Anche quest’ atto normativo , così come osservato per la normativa Italiana , è frutto di una esigenza emergenziale , pertanto non può assolutamente ritenersi immune da vizi di compatibilità costituzionale inerenti la tutela personale e garanzie processuali. Dal punto di vista strutturale tale disposizione legislativa si concentra prevalentemente sul rafforzamento del potere di azione dei corpi di polizia sia locali che federali , con lo scopo di prevenire e ridurre il rischio di attacchi terroristici negli Stati Uniti, andando così ad intaccare inevitabilmente il principio di assolutezza della privacy dei cittadini americani. A seguito delle numerose proteste di organizzazioni cittadine e politiche fortunatamente non tutte le norme sono rimaste in vigore , solo quelle maggiormente compatibili con le esigenze di tutela delle libertà fondamentali dei cittadini hanno trovato stabilizzazione definitiva , mentre le altre sono state dapprima dichiarate incostituzionali e successivamente abolite. La necessità di lotta al fenomeno terroristico non potrebbe mai giustificare un’ indomita ed aberrante compressione della sfera dei diritti fondamentali. Del resto non è in tal modo che uno Stato riesce ad affermare la propria forza.
5. Conclusioni ed Osservazioni
Questa breve riflessione merita alcune considerazioni finali esplicative del fenomeno poliedrico del terrorismo internazionale, che oggi più che mai attira su di sé l’attenzione dell’intera comunità nazionale ed internazionale. Alla luce dei recentissimi avvenimenti terroristici rivendicati dal terrorismo jihadista facente capo allo Stato Islamico, gli Stati sono stati posti ancora una volta di fronte alle loro debolezze e all’incapacità di contrastare efficacemente ed effettivamente la minaccia terroristica, ricorrendo a strategie difensive carenti e tralaltro non rispettose delle garanzie costituzionali. Al centro del problema vi è la sentita esigenza di una definizione universalmente accolta di “terrorismo” ed una visione di contrasto multidisciplinare, che risolva definitivamente i dibattiti in materia in modo da uniformare la cooperazione internazionale nella lotta al terrorismo. Purtroppo il diritto convenzionale offre un quadro giuridico molto frammentato a causa di strumenti antiterrorismo settoriali e limitati che non sono in grado di rispondere alle molteplici situazioni di violenza ipotizzabili e che escludono dal loro ambito le ipotesi di terrorismo nel corso dei conflitti armati. Sebbene sia emersa una norma consuetudinaria che ha messo in luce alcuni elementi costitutivi del crimine di terrorismo internazionale, quantomeno in tempo di pace, essa non appare sufficiente a ricomprendere le molteplici forme in cui il terrorismo può manifestarsi. In questo contesto si rende auspicabile la convergenza ed il dialogo tra gli Stati per ultimare l’iniziato Progetto di una Convenzione globale sul terrorismo internazionale, da quasi vent’anni oggetto di dibattito che riesca così a legiferare in quelle zone grigie rimaste incerte fino ad oggi.
Bibliografia e sitografia:
Napoleoni L., ISIS lo stato del terrore l’attacco all’Europa e la nuova strategia del Califfato Feltrinelli serie Bianca anno 2014
Generale Ganzer G., Appunti sul terrorismo Internazionale convegno monotematico Evoluzione del Terrorismo Internazionale di matrice jihadista- il modello italiano di prevenzione e contrasto. Aula gruppi Parlamentari 2013
Osservatorio sulla normativa anno V n 3, 2015 Sicurezza, terrorismo e cittadinanza: la nuova legislazione francese anti-terrorismo el’impegno internazionale contro i cd. Foreign fighters. Pag 17-201
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Raffaele Iannone
Luarea in Giurisprudenza conseguita in quattro anni e una sessione, anno accademico 2016/2017 con Tesi di Ricerca in Criminologia dal titolo : L'evoluzione del Terrorismo : dalle Brigate Rosse all' Isis. Votazione 107/110 e merito semplice.
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