ANNULLAMENTO D’UFFICIO: non occorre la specifica motivazione per uno strumento pianificatorio non attuato

ANNULLAMENTO D’UFFICIO: non occorre la specifica motivazione per uno strumento pianificatorio non attuato

Consiglio di Stato, Sezione IV, 21 settembre 2015, n. 4392

a cura di Claudia Tufano

L’annullamento d’ufficio di uno strumento pianificatorio non attuato, non richiede una specifica motivazione circa la sussistenza del pubblico interesse che giustifica il ritiro. La ratio risiede nel fatto che l’interesse della collettività a che la pianificazione del territorio avvenga nel rispetto della normativa urbanistica, è bene superiore rispetto all’interesse del privato alla conservazione dello strumento pianificatorio.

Il fatto  

Una società, al fine di realizzare un parco urbano integrato con attrezzature sportive e residenziali su una vasta area, aveva presentato al Comune di Cellatica, in Lombardia, una Proposta di Programma Integrato d’Intervento ( P.I.I.) il quale rappresenta  uno strumento urbanistico finalizzato a riqualificare il tessuto urbano, edilizio ed ambientale con la possibilità che concorrano risorse finanziarie pubbliche e private. I P.I.I. sono promossi dal Comune attraverso il Piano di governo del territorio (P.G.T.), nell’ambito delle previsioni del Documento di piano. Nel caso di specie, il P.I.I. era stato in un primo momento adottato ed approvato con delibera consiliare, tuttavia, a seguito di elezioni comunali e di cambio della maggioranza, il Comune aveva deciso di non procedere all’adozione del P.G.T. e di avviare una nuova procedura di revisione e approvazione dello stesso; al tempo stesso aveva deciso, altresì, di agire in autotutela e disporre l’annullamento d’ufficio del P.I.I.  perché inficiato da più vizi (difformità, sotto plurimi profili, dai contenuti del documento di inquadramento approvato con delibera consiliare; mancanza della V.A.S; carenza degli standard; violazione del combinato disposto degli artt. 27 della L. n. 166/2002 e 12 della L.R. 12/2005;infine, violazione dell’art. 38 del D. Lgs. n. 267/2000 ed eccesso di potere per sviamento e travisamento “anche in relazione alla mancata scadenza del termine di 90 giorni di cui all’art. 27 della legge 166/2002, che hanno portato a giustificare l’applicazione dell’art. 38 del T.U.E.L.”).

Il riesame degli atti di accertamento. Contributo allo studio del potere di annullamento d’ufficio a favore del contribuente

La società, interessata alla conservazione dello strumento pianificatorio poi annullato, agì in giudizio contro il Comune di Cellatica, lamentando l’illegittimità di alcune delibere  recanti indirizzi per l’avvio del menzionato procedimento di annullamento d’ufficio, prima dinanzi al TAR Lombardia, poi dinanzi al Consiglio di Stato per impugnare la decisione dei giudici di prime cure i quali avevo respinto il ricorso.

La decisione

La quarta Sezione del Consiglio di Stato, esaminando solo alcune specifiche censure che la società soccombente aveva rivolto alla sentenza impugnata, ha, innanzitutto chiarito che l’interesse privato alla conservazione di un atto amministrativo, poi annullato d’ufficio da parte della p.a. , ha carattere recessivo rispetto all’ interesse della collettività a che lo sfruttamento del territorio sia fatto rispettando i canoni legali. Chiarito tale principio, nel caso di specie, il Consiglio ha rilevato che il P.I.I. era stato annullato d’ufficio prima che venisse stipulata la convenzione urbanistica e prima, quindi, che lo stesso atto potesse essere attuato. Sulla base di ciò, non era possibile configurare alcun affidamento legittimo da parte della società alla  conservazione del P.I.I., che imponesse una qualche comparazione del proprio interesse con quello pubblico al ritiro.

Neppure poteva ritenersi sussistente il vizio dello sviamento del potere da parte dell’ente comunale, così come dedotto dalla società perché, precisano i giudici d’appello, affinché tale censura risulti fondata è necessario che dagli elementi emersi risulti senza dubbio il dissimulato scopo dell’atto, condizione che nel caso di specie non era stata provata. Né era stata accolta la censura sulla ritenuta mancanza di V.A.S. ( valutazione ambientale strategica ), perché le considerazioni attengono agli effetti di natura ambientale che i piani e programmi di sviluppo genereranno, per cui se  questi ultimi vengono meno, anche la V.A.S. perderà la sua efficacia, così com’era accaduto per la valutazione contenuta nel P.G.T. non approvato. L’ente comunale, aveva, correttamente, constatato che il P.I.I. non era, dunque, sorretto da alcuna V.A.S., a nulla rilevando che il medesimo fosse conforme alle previsioni del documento di piano, sottoposto a V.A.S. , di un P.G.T. rimasto inefficace. Il P.I.I. risultava viziato anche sotto un altro profilo: la mancanza della destinazione specifica di aree che la società aveva dichiarato di voler mettere a disposizione del comune all’interno del parco urbano, ulteriori rispetto a quelle dichiaratamente da adibire a standard.

Il fulcro della sentenza in esame attiene all’istituto dell’annullamento d’ufficio, appare, pertanto, opportuno ricordare che tale potere (disciplinato dall’art. 21- nonies della L. n. 241/1990, come modificata dalla L. n. 15/2005) presuppone non solo l’accertamento dell’invalidità dello stesso ( causata o da incompetenza del soggetto che lo ha adottato, o da violazione di legge o, infine, da eccesso di potere), ma necessita di una valutazione circa la sussistenza di un interesse pubblico specifico, concreto ed attuale, che prevalga sull’interesse del destinatario alla conservazione dell’atto. In altri termini, il potere di autotutela concesso alla p.a. è funzionale alla cura dell’interesse pubblico cui è preposta l’amministrazione stessa, nel rispetto dei principi del buon andamento dell’amministrazione ex art. 97 Cost. e del principio di legalità dell’azione amministrativa la quale ha il dovere di evitare il consolidarsi di situazioni costituitesi contra legem  . Tuttavia la tutela dell’ interesse della collettività deve fare i conti con la comparazione dell’interesse del privato che venga danneggiato dal provvedimento di annullamento, di conseguenza, se il pregiudizio del destinatario dell’atto annullato è di rilevante entità, maggiore deve essere l’interesse pubblico da tutelare. Viceversa, se il sacrificio del privato è minimo, anche l’interesse della collettività da curare può essere di scarsa entità, con conseguente annullamento, ad effetto retroattivo, del provvedimento illegittimo.

Alla luce di quanto esposto, nella fattispecie esaminata, la Sezione quarta del Consiglio di Stato, confermando quanto già precisato dai giudici di primo grado, ha respinto il ricorso presentato dalla società ritenendo che l’interesse della collettività al rispetto della normativa urbana, relativa alla trasformazione del territorio, bene  superiore rispetto all’interesse del privato alla conservazione del provvedimento amministrativo (ovvero il P.I.I.), tanto più se l’atto illegittimo non ha generato alcun concreto vantaggio per il privato.

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Claudia Tufano

Nata a Napoli nel 1987, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nel luglio 2012, presso l'Università degli studi Federico II di Napoli, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Commento alla sent. TAR Umbria n. 23/2010. L'abusivismo edilizio", relatore Prof. Lorenzo Liguori. Da novembre 2012 a maggio 2014 inizia il tirocinio forense presso uno studio legale, occupandosi prevalentemente di contenzioso amministrativo e civile. Nel luglio 2014 consegue il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali. Nel gennaio 2016 è abilitata all'esercizio della professione forense.

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