Aste giudiziarie e abusi edilizi

Aste giudiziarie e abusi edilizi

Di interessante rilievo pratico, per chi opera nel settore delle vendite giudiziarie, sia in sede di esecuzione che fallimentare, è il caso in cui un immobile oggetto di vendita giudiziaria, con o senza incanto, presenti degli accertati abusi edilizi.

Il legislatore dell’85 già anzitempo, si espresse per la totale nullità totale degli atti dispositivi, in particolare della vendita, di immobili soggetti a mutamenti realizzati senza alcuna licenza edilizia (art. 46 testo unico dell’edilizia).

La particolarità della vendita in sede esecutiva o concorsuale, si manifesta proprio nella deroga della disciplina privatistica relativa alla nullità della vendita di immobile soggetto ad abusi edilizi.

La disposizione, è rinvenibile negli, artt. 46, comma 5, del DPR 6 giugno 2001, n.380 e 40,  comma 6 della L. 28 febbraio 1985 n.47, normativa che a mio avviso, è volta principalmente a tutelare l’azione esecutiva, che in assenza di tale disciplina si troverebbe praticamente “bloccata”, e solo di riflesso vede come beneficiari i creditori che si soddisferanno sul realizzo del bene oggetto di vendita.

Tale tutela, che a primo avviso può essere risolutiva di ogni problematica, se studiata dal lato del compratore appare lacunosa di garanzie e soprattutto molto gravosa per l’acquirente.

Ipotizziamo il caso tipico che potremmo trovare nel corso di una procedura esecutiva ovvero concorsuale: il delegato alla vendita/curatore X per realizzare un minimo di massa attiva all’interno della procedura, ha come unico bene liquidabile un immobile soggetto ad abusi edilizi, cosa può fare X?  in questo caso, se fosse azionata la disciplina prevista per la vendita “privatistica”, è facile immaginare come la procedura non solo non realizzerebbe alcunchè in termini di attivo, ma al contempo si troverebbe “arrestata” a causa di questo bene “non liquidabile”; attese invece, le suddette disposizioni, la procedura è messa nella possibilità di vendere l’immobile e quindi di non trovare alcun ostacolo circa la possibile realizzazione di una massa attiva.

Ovviamente, il compratore deve essere reso edotto circa le reali condizioni dell’immobile viziato, difatti è previsto che nel bando che dispone la vendita, con o senza incanto, vengano espressamente evidenziate le condizioni dell’immobile ed i relativi vizi, pena la nullità del decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c.

Sul compratore inoltre grava a seconda dell’entità dell’abuso, l’obbligo di presentazione della domanda di condono entro 120 giorni dal decreto di aggiudicazione, se si è in presenza di abusi la cui perizia tecnica ha rilevato come sanabili, ovvero nel caso di abusi non sanabili, il compratore sarà obbligato al ripristino in toto dell’immobile allo stato ante abusi edilizi, in tal caso, il compratore vedrà decurtato dal prezzo di asta, l’importo necessario per il ripristino in bonis dell’immobile.

A mio avviso, ciò che dovrebbe essere una circostanza di “facilitazione” della vendita giudiziaria del bene immobile soggetto ad abusi edilizi, vede la posizione dell’acquirente inspiegabilmente gravata, in un tempo in cui anche la caccia all’affare nelle aste giudiziarie, non è più tanto in voga, vista la crisi di liquidità del mercato odierno, la sempre più diffidenza delle banche nella concessione di mutui e soprattutto le norme tributarie che gravano sulle case diverse dalla prima, far sobbarcare l’acquirente anche dell’onere di richiedere eventuali sanatorie, risulta senza ogni dubbio un ulteriore aggravio per la vendita del bene.

Ritengo invece consigliabile, e forse nella prassi qualcuno già può averlo sperimentato, che il professionista delegato alla vendita – e forse anche il curatore fallimentare -, nell’esperimento di tutti gli adempimenti circa la vendita forzata dell’immobile, sani anche gli eventuali abusi, in modo tale da spianare in un certo senso, la strada per il potenziale acquirente che in tal caso, avrebbe solo l’obbligo di corrispondere il prezzo aggiudicato.

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Riccardo De Simone

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