AUTOCERTIFICAZIONI E CONCORSI: la non veridicità conduce alla decadenza dall’impiego

AUTOCERTIFICAZIONI E CONCORSI: la non veridicità conduce alla decadenza dall’impiego

Consiglio di Stato, Sez. II, 28 aprile 2015, n. 1271

a cura di Marco La Grotta

Le dichiarazioni rese in sede di partecipazione al concorso pubblico che, successivamente alla verifica, dovessero dimostrarsi non veritiere, comportano la decadenza dall’impiego acquisito. Il decorso del tempo non impedisce di dare corso all’applicazione dell’art. 75, D.P.R. n. 445 del 2000, in quanto se “dal controllo di cui all’art. 71 emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera

Fatto

Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica il ricorrente chiedeva l’annullamento del decreto di depennamento dalla graduatoria permanente dei collaboratori scolastici di cui al D.M. 19.04.2001, n. 75, nonché della nota a firma del Dirigente scolastico competente della comunicazione di cessazione dal contratto di lavoro a tempo determinato e relativi benefici, perché in sede di presentazione della domanda di inserimento nelle graduatorie nel lontano 1987, lo stesso ometteva di comunicare alcuni precedenti penali risalenti nel tempo adducendo la propria buona fede e ingenuità, asserendo che la condanna era stata scontata e che in ogni caso aveva beneficiato della “non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale”.

Di contro l’Amministrazione resistente concludeva per l’infondatezza del ricorso, sostenendo di aver operato nel rispetto della normativa vigente.

La decisione

Il Consiglio di Stato con sentenza n. 1271 del 28 aprile 2015, ha stabilito, in primo luogo, l’inammissibilità del ricorso per difetto di specifici vizi di legittimità, in conformità alla consolidata giurisprudenza delle Sezioni Consultive (cfr. parere del 30 ottobre 2001, n. 906/01), in quanto il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, disciplinato dal d.p.r. 1199/1971 e modificato dalla legge n. 69/2009, può essere esperito solo per vizi di legittimità e non di merito, mentre il ricorrente si è limitato ad eccepire una generica ingiustizia del provvedimento impugnato.

In secondo luogo che, anche volendo ricondurre l’ingiustizia del provvedimento impugnato nell’ambito dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, lo stesso è da ritenersi infondato nel merito.

Nel caso in oggetto il Consiglio di Stato ha ritenuto corretto il comportamento della Pubblica Amministrazione e pertanto legittimi gli atti impugnati dal ricorrente, ritenendo applicabile l’art. 75 del d.p.r. 28.12.2000, n. 445 che stabilisce: <<Fermo restando quanto previsto dall’articolo 76, qualora dal controllo di cui all’articolo 71 emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera>>.

Invero, il ricorrente aveva effettivamente omesso di dichiarare i suoi precedenti penali al momento della compilazione della domanda di inserimento nelle graduatorie provinciali, violando pertanto sia le disposizioni dell’art. 75 del d.p.r. 445/00, sia quelle contenute nel bando di concorso per titoli approvato con provvedimento del Direttore Generale dell’U.S.P. competente; pertanto i Giudici Amministrativi hanno ritenuto corretto il provvedimento di esclusione adottato dalla P.A., sia con riferimento alla normativa richiamata in sentenza, sia con riferimento alla consolidata giurisprudenza amministrativa sulla natura vincolata del provvedimento di esclusione ( SEZ. III, 10.7.2006, n. 2580/06 e 23.01.2007, n. 4033/06).

Ad ogni buon conto, occorre evidenziare che a nulla rileva la circostanza che eventuali precedenti penali siano risalenti nel tempo, perché il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale previsto dall’art. 175 c.p. fa riferimento solo ai certificati spediti a richiesta dei privati e non a quelli richiesti dalla P.A. e comunque non pone limiti temporali circa la durata dell’iscrizione della condanna.

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Avv. Marco La Grotta

Laurea Magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza, conseguita presso Università degli Studi di Bari "Aldo Moro". Pratica forense svolta in ambito civile, penale e amministrativo. Attestato di frequenza della Scuola Forense Taranto. Abilitazione alla professione di Avvocato conseguita presso la Corte di Appello di Lecce. Attualmente Avvocato iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Taranto ed esercita la professione forense prevalentemente in ambito penale.

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