Esame avvocato 2015, Catania: vinti i ricorsi contro le bocciature ingiuste
T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, 3 ottobre 2016, n. 2395
di Giacomo Romano
La candidata svolgeva le prove scritte per l’esame di l’abilitazione all’esercizio della professione forense anno 2015 presso la Corte d’Appello di Catania, che venivano scrutinate dalla II Sottocommissione costituita presso la Corte d’Appello di Torino, riportando un punteggio complessivo pari a 68/150 (parere diritto civile: 22; parere diritto penale 23; atto giudiziario 23), che non le consentiva – poiché inferiore al punteggio minimo di 90/150 – di sostenere le successive prove orali.
Non persuasa della correttezza delle valutazioni operate dalla suindicata commissione, la candidata proponeva ricorso.
Il tribunale siciliano ha rimeditato la questione, già esaminata in occasione di precedenti selezioni del genere (cfr., da ultimo, T.A.R. Catania, sez. IV, 09/04/2015, n. 1033) ed ha confermato l’orientamento – di non poche pronunce giurisprudenziali e già recepito dalla IV Sezione dello stesso tribunale in numerose ordinanze cautelari (cfr. n.745/15; 770/15; 782/15) nonché dal C.G.A. (con ordinanze nn.653/15, 657/15, 660/15, 75/16) secondo cui l’attribuzione di un voto numerico, idoneo a sintetizzare il giudizio della Commissione su ogni singolo elaborato scritto, debba essere sempre accompagnato da una espressione lessicale che, anche sinteticamente, consenta di cogliere quali sono gli aspetti critici e/o deficitari che la Commissione ha individuato nell’esame dell’elaborato, in relazione ai parametri di valutazione previsti dalla legge (v. art. 22, co. 9, del R.D. 578/1933) e a quelli predisposti dalla Commissione centrale.
Solo in tal modo, infatti, è possibile ripercorrere il percorso valutativo, e quindi controllare la logicità e la congruità del giudizio formulato (Cons. St., sez. V, 17/01/2011 n. 222), mentre, diversamente, il punteggio numerico risulta opaco ed incomprensibile (Cons. St., sez. VI, 12/12/2011 n. 6491).
Pertanto, la Commissione avrebbe dovuto espressamente indicare, quanto meno, i criteri non ritenuti rispettati dall’elaborato corretto (ad esempio, esposizione, esauriente trattazione delle varie parti della traccia, capacità di soluzione di specifici problemi giuridici, dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati, correttezza della forma grammaticale, ecc.), nonché, ove necessarie (in quanto di per sé non immediatamente evidenti), le sintetiche ragioni per le quali si è espresso tale giudizio.
Del resto, parte della Giurisprudenza (cfr. TAR Lombardia Milano Sez. III, Sent., 10/02/2016, n. 253), muovendo dall’ art. 46 della L. n. 247 del 2012, secondo il quale “la commissione annota le osservazioni positive o negative nei vari punti di ciascun elaborato, le quali costituiscono motivazione del voto che viene espresso con un numero pari alla somma dei voti espressi dai singoli componenti“, pur ammettendo <<che la norma transitoria di cui al successivo art. 49 ne ha differito l’applicazione>> ha <<in ogni caso evidenziato che il precedente art. 46 non rappresenta altro che una modalità di estrinsecazione del dovere di motivazione che comunque è richiesto unitamente all’espressione di un voto in forma puramente numerica; pertanto, se si può ritenere che fino all’entrata in vigore del predetto art. 46 non si può imporre quanto contenuto nello stesso, nondimeno non può ritenersi legittima la semplice apposizione di un voto numerico senza alcun altro indice in grado di chiarire, anche sinteticamente, le ragioni della specifica valutazione. Ciò appare in linea con quella parte della giurisprudenza che ritiene non preclusa una diversa soluzione ermeneutica nel vigente quadro normativo (T.A.R. Lombardia, Milano, III, 28 dicembre 2015, n. 2757; altresì T.A.R. Lazio, Roma, II quater, 14 luglio 2015 n. 9413; in senso contrario, tra gli altri, T.A.R. Campania, Napoli, VIII, 1 settembre 2015, n. 4271, unitamente all’ordinanza n. 5167/2014 della Quarta Sezione del Consiglio di Stato, relativa proprio al caso de quo)>>.
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avv. Giacomo Romano
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Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali.