CASSA FORENSE: l’avvocato in stato di bisogno ha diritto all’assistenza
Tribunale di Trani, sez. Lavoro, sentenza 2 maggio 2016, n. 807
a cura di Giacomo Romano
Il caso
Un avvocato agiva in giudizio contro Cassa Forense chiedendo che fosse dichiarata la sussistenza di tutti i requisiti previsti dall’art. 17 della L. n. 141/1992 per l’erogazione in suo favore del trattamento di assistenza ordinaria in virtù dello stato di bisogno in cui era venuto a trovarsi (per la grave difficoltà nel pagamento dei mutuo contratto per l’acquisto dell’unità immobiliare in comproprietà dove era anche il suo studio professionale, per l’impossibilità di pagare i contributi previdenziali alla stessa Cassa, tanto da aver accumulato un debito di € 6.139,00. per la difficoltà di recuperare i suoi crediti professionali, per l’aumento delle spese di gestione e formative, per la crisi della processione forense, per la soppressione del regime dei contribuenti minimi).
Costituendosi in giudizio, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense (d’ora innanzi denominata Cassa Forense) eccepiva l’infondatezza della domanda per carenza dei presupposti dei contributo assistenziale, non avendo il ricorrente fornito la prova di un “reale stato di bisogno” dinanzi alla Giunta Esecutiva e non avendo fornito ulteriori elementi dinanzi al Consiglio di Amministrazione, nonché il carattere facoltativo della statuizione di cui all’art. 17, comma 1, della L. n. 141/1992, avendo essa Cassa sempre un potere discrezionale nella concessione del beneficio senza alcun automatismo.
La decisione
Il Tribunale ha repsinto l’eccezione sollevata dalla Cassa resistente in ordine alla totale discrezionalità nella concessione del beneficio richiesto dal ricorrente.
Ritiene cioè la Cassa che, poiché I’art. 17 della L. n. 141/1992 utilizza il termine “può”, la concessione del beneficio è totalmente discrezionale e mai vincolante.
Tale interpretazione non è condivisibile almeno per due ragioni.
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in primo luogo una siffatta interpretazione darebbe luogo non alla discrezionalità della Cassa, bensì al suo mero arbitrio, non divenendo mai sindacabili i suoi provvedimenti (di accoglimento o rigetto delle istanze), nemmeno in sede giudiziaria (circostanza che invece non è mai stata messa in discussione). Il termine “può” appare piuttosto legato ad una discrezionalità per la Cassa di introdurre nel suo regolamento il contributo assistenziale, purché ciò sia finanziato dalle quote di contribuzione stabilite dalla legge medesima;
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in secondo luogo, allorquando la legge stessa stabilisce dei criteri per l’erogazione del beneficio e allorquando quei criteri siano acquisiti nel regolamento interno, l’erogazione del beneficio richiesto è subordinato solo alla verifica della sussistenza dei requisiti previsti, non apparendo che possano essere richiesti ulteriori requisiti (a meno che non vi sia un’incapienza di fondi rispetto alle richieste pervenute, rendendosi in tal caso necessaria una comparazione fra le situazioni dei richiedenti l’assistenza).
Negli articoli (da 2 a 9) del Regolamento della Cassa Forense (deliberato dal Comitato dei Delegati ed approvato con Ministeriale del 25.10.2004 e successive modifiche) la concessione del beneficio non è infatti subordinata ad altro se non all’accertamento dello stato di bisogno, il quale deve essere valutato secondo parametri predeterminati.
Nel caso di specie il ricorrente (iscritto alla Cassa Forense) ha dedotto e provato di essersi trovato in stato di bisogno, dal momento che:
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aveva contratto un mutuo per l’acquisto di un immobile dove è ubicato il suo studio professionale;
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il suo reddito negli anni 2010 e 2011, congiunto a quello convivente, non aveva mai superato la soglia di reddito stabilita dall’art. 3 (importo pari a tre volte l’ammontare della pensione minima erogata dalla Cassa nell’anno precedente a quello della proposta erogazione, maggiorato di un importo pari alla predetta pensione minima per ogni componente del nucleo familiare dell’istante oltre il numero di quattro);
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era in ritardo con il pagamento degli stessi contributi alla Cassa, a causa della difficoltà economica in cui si era venuto a trovare.
In definitiva, la domanda del ricorrente è stata accolta e la Cassa Forense è stata condannata ad erogare al ricorrente il trattamento assistenziale di cui all’art. 17 della L. n. 141/1992, nella misura di € 4.000,00 (somma proposta dal Consiglio dell’Ordine di Trani e non contestata in giudizio), oltre accessori di legge.
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avv. Giacomo Romano
Ideatore, coordinatore e capo redazione at Salvis Juribus
Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali.