Cocaina consegnata in bicicletta: è spaccio organizzato ma di lieve entità
Cass. Pen., Sez. III, 4 marzo 2016, n. 9155
a cura di Sara Barbesi
La fattispecie del fatto di lieve entità di cui al quinto comma dell’articolo 73 D.P.R. 309/1990 si desume dalla valutazione globale dei mezzi, delle modalità e delle circostanze dell’azione insieme agli elementi della quantità e della qualità della sostanza stupefacente, non essendo sufficiente ad escluderne la configurabilità l’esistenza di un “piccolo spaccio organizzato”.
Il fatto
Nel caso in esame il reato contestato all’indagato è la detenzione illecita a fini di spaccio di sostanza stupefacente di cui all’articolo 73 comma 1 bis D.P.R. n. 309/1990.
Il soggetto è stato trovato in possesso di più ovuli contenenti cocaina, a bordo di una bicicletta e nella disponibilità di tre telefoni cellulari, di cui uno attestante l’arrivo di chiamate da parte di alcuni “clienti”, consumatori della sostanza.
Il Pubblico Ministero aveva chiesto ed ottenuto, con ordinanza del G.I.P presso il Tribunale di Torino, la misura cautelare personale della custodia in carcere, ma il Tribunale della libertà, pronunciandosi sull’istanza di riesame, ha deciso per l’immediata scarcerazione del soggetto.
Si è ritenuta infatti configurabile l’ipotesi di lieve entità del fatto in considerazione dell’esiguo quantitativo di droga detenuto e delle “modalità non organizzate” della condotta, valutando, ai sensi del combinato disposto degli articoli 73 co. 5 D.P.R. 309/1990 e 280 co. 2 c.p.p., non conforme alle norme vigenti in materia la misura cautelare applicata, poiché operante il limite oggettivo della prevista pena edittale.
La decisione
Il Pubblico Ministero ha proposto ricorso avverso la decisione del Tribunale del Riesame lamentando un’erronea applicazione dell’articolo 73 D.P.R. n. 390/1990 comma quinto, in considerazione della sussistenza di diversi elementi che escluderebbero l’ipotesi di lieve entità del fatto.
In particolare la Pubblica Accusa ha sostenuto che non erano stati valutati correttamente i parametri indicati dalla norma in questione, quali i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione che, insieme al sequestro della somma di euro 985 in possesso dell’indagato, sarebbero indicativi di un’attività di spaccio abituale e organizzata.
I giudici del Palazzaccio, richiamando recenti pronunce della terza sezione, hanno precisato come la fattispecie del fatto di lieve entità possa essere riconosciuta solo nell’ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dall’oggetto del reato (quantità e qualità della sostanza stupefacente), sia dai mezzi utilizzati.
Esemplare, a questo proposito, il fatto che l’uomo sia stato beccato ad usare una bicicletta «per la consegna della droga ai clienti, plausibilmente sentiti prima per telefono».
A fronte della organizzazione dello «smercio» e del «numero comunque limitato di potenziali acquirenti», è legittimo, sanciscono i Giudici, escludere «particolare offensività del fatto e diffusività della condotta di spaccio».
Regge, quindi, l’ipotesi del fatto «di lieve entità», e ciò conduce alla conferma della «scarcerazione» dell’uomo.
Per tali motivi il ricorso è stato rigettato, confermando la decisione del Tribunale del Riesame.
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Sara Barbesi
Nata a Verona nel febbraio del 1990, nell'ottobre 2015 consegue la Laurea Magistrale in Giurisprudenza in Diritto Europeo e Transnazionale presso l'Università degli Studi di Trento, con una tesi in diritto penale internazionale dal titolo “I criteri di imputazione nello Statuto della Corte Penale Internazionale. Un'analisi del caso Lubanga”, relatore Prof.ssa Emanuela Fronza. Da settembre 2013 a marzo 2014 trascorre un periodo di studi all'estero presso Universiteit Maastricht - Faculty of Law, occupandosi principalmente di diritto penale, europeo e internazionale.
Attualmente iscritta al registro speciale dei praticanti avvocati presso il Foro di Verona, da novembre 2015 collabora con lo studio legale Callipari, operando prevalentemente nell'ambito del diritto penale.