COMUNE: da oggi potrebbe risarcire anche “l’ansia da lavavetri”
Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 02/07/2015, n. 13568
a cura della redazione di Salvis Juribus
“La pretesa a che un’autorità amministrativa eserciti i poteri che la legge le assegna per la tutela di un interesse pubblico non può sicuramente essere configurata come un diritto soggettivo di colui il quale quella pretesa voglia far valere in giudizio, nè quando essa investa la scelta dell’amministrazione se esercitare o meno quel potere, in una situazione data, nè quando sia volta a sindacare i tempi ed i modi in cui lo si è esercitato
Alla cognizione del giudice amministrativo – giudice del legittimo esercizio della funzione amministrativa – sono attribuite le domande di risarcimento del danno che si ponga in rapporto di causalità diretta con l’illegittimo esercizio del potere pubblico, mentre resta riservato al giudice ordinario soltanto il risarcimento del danno provocato da “comportamenti” della p.a. che non trovano rispondenza nel precedente esercizio di quel potere”.
Il fatto
Un automobilista conveniva in giudizio dinanzi al Giudice di pace di Udine il Comune di Udine, chiedendone la condanna al risarcimento de danno esistenziale, quantificato in via equitativa in Euro 2.500, che assumeva di aver patito quale “cittadino automobilista circolante e fruitore delle strade pubbliche“, per il disagio e l’ansia che gli sarebbero derivati dalla “pratica di pedoni ben vestiti e ben pasciuti, anche deambulanti con stampella/e, muniti di cartello, marsupio e berretto” che, all’altezza dell’impianto semaforico esistente all’incrocio tra viale (OMISSIS) e viale (OMISSIS), da oltre un anno erano soliti chiedere denaro agli automobilisti. A tal fine, l’attore addebitava al convenuto, quale ente proprietario della strada, di non avere adottato, ai sensi dell’art. 14 C.d.S. (Poteri e compiti degli enti proprietari delle strade), misure idonee ad impedire o far cessare questi comportamenti “molesti“, oltre che “pericolosi per la circolazione“.
Il Giudice di pace declinava la giurisdizione in favore del giudice amministrativo.
Il Tribunale di Udine, poi, rigettava l’appello dell’automobilista giudicando non pertinente, al fine di radicare la giurisdizione del giudice ordinario, il richiamo dell’appellante all’art. 2051 c.c..
Per la cassazione della sentenza del Tribunale l’automobilista proponeva ricorso.
La decisione
L’automobilista affermava che i “pedoni che domandano (con insistenza) soldi sulla strada comunale” fossero equiparabili “al tronco caduto sull’asfalto e perciò (…) fuori posto rispetto al diritto di circolare dell’automobilista ricorrente“, di talchè il Comune sarebbe stato “tenuto alla materiale attività di sgombero della carreggiata da tali pericoli/insidie per garantire la sicurezza e la fluidità del traffico“.
A parere della Corte, si tratta di una premessa erronea, essendo del tutto priva di fondamento l’equiparazione, tra cose ingombranti e lavavetri all’incrocio o al semaforo, che il ricorrente prospettava rivendicando il diritto all’ordine nelle strade in nome di uno spazio di viabilità asettico.
Quando, infatti, viene in rilievo un’attività umana espressione di una forma di mendicità e di una “semplice richiesta di aiuto” (Corte cost., sentenza n. 519 del 1995) proveniente da chi si trova in condizioni di povertà, non è pertinente il richiamo al dovere dell’ente proprietario della strada di porre in essere una attività materiale, un mero comportamento di “pulizia delle strade“, come recita l’art. 14 C.d.S..
Quanto, poi, al riparto di giurisdizione la Cassazione ha affermato che la posizione soggettiva di cui l’attore pretende la tutela non è, nemmeno in astratto, qualificabile in termini di diritto soggettivo, ma, semmai, di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, giacchè, ai sensi dell’art. 7, comma 4, cod. proc. amm., sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità di questo giudice le controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma.
Alla cognizione del giudice amministrativo – giudice del legittimo esercizio della funzione amministrativa – sono attribuite le domande di risarcimento del danno che si ponga in rapporto di causalità diretta con l’illegittimo esercizio del potere pubblico, mentre resta riservato al giudice ordinario soltanto il risarcimento del danno provocato da “comportamenti” della p.a. che non trovano rispondenza nel precedente esercizio di quel potere (Sez. Un., 1 giugno 2015, n. 11292).
In ogni caso – aggiungono gli Ermellini – anche se si volesse ipotizzare l’esistenza di una situazione di diritto soggettivo facente capo all’attore, la questione ricadrebbe nell’ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, quale prevista dall’art. 133, comma 1, lett. q), cod. proc. amm., trattandosi di controversia relativa alla mancata adozione di provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di sicurezza urbana.
Spetterà al giudice amministrativo stabilire se, in concreto, risulti davvero configurabile l’interesse legittimo fatto valere nella specie dal “cittadino automobilista circolante e fruitore delle strade pubbliche“, o se invece si tratti di interesse indifferenziato di mero fatto che non consente l’accoglimento della domanda.
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