CTU, punito il magistrato che concentra gli incarichi
Perde un anno di anzianità il giudice che concentra gli incarichi su due o tre consulenti d’ ufficio, senza rispettare il criterio della rotazione.
Le Sezioni unite della Cassazione, con la sentenza 10157, hanno respinto il ricorso di una toga contro la sentenza del Consiglio superiore della magistratura che aveva punito la violazione dell’obbligo di trasparenza nella trattazione degli affari.
Il caso
Il magistrato sceglieva sempre gli stessi professionisti per affidare loro incarichi di consulenza tecnica d’ufficio nonostante l’invito del Presidente del Tribunale a rispettare il criterio della rotazione.
Situazione paradossale, più del 50% degli incarichi erano stati assegnati a due soli professionisti.
Il giudice, accusato, si è difeso sostenendo che il limite del 10%, indicato come tetto di assegnazione degli incarichi, dall’ articolo 23 delle disposizioni attuative del Codice civile, deve essere riferito ai mandati conferiti dall’ intero ufficio giudiziario.
La decisione
Gli Ermellini hanno evidenziato che la regola fondamentale della norma citata è nella frase «gli incarichi siano equamente distribuiti tra gli iscritti all’ albo». La successiva precisazione, relativa al limite del 10% (introdotta dall’ articolo 52 della legge 69/2009), è un criterio che deve essere applicato dal presidente del Tribunale in relazione a tutti gli incarichi complessivi, conferiti da tutti i magistrati dell’ufficio ad un singolo consulente.
Tuttavia, solo il presidente è nella condizione di avere cognizione dell’ insieme dei “lavori”.
Nei tribunali di dimensioni medio-grandi la percentuale fissata sarebbe talmente alta, che ogni giudice potrebbe concentrare gli incarichi su un unico consulente senza mai raggiungerla.
Il criterio corretto è dunque nell’«equa distribuzione degli incarichi che fa in ogni caso capo ai singoli magistrati e che non è suscettibile di una predeterminazione numerica o percentuale, dovendosene di caso in caso verificare la violazione».
Si badi, però, che la nozione di ufficio è flessibile: se in questa rientra il Tribunale, nelle sedi più ampie è evidente che il limite è nei fatti privo di conseguenze.
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avv. Giacomo Romano
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Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali.