E’ Illegittima la proroga automatica delle concessioni balneari
Corte giust., 14 luglio 2016, n.C-458/14
Il caso
La direttiva servizi disciplina la libertà di stabilimento nonché i principii di non discriminazione e di tutela della concorrenza. All’art.12 disciplina l’ipotesi specifica in cui, tenuto conto della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato. In tale contesto, essa prevede che gli Stati membri possano subordinare un’attività di sfruttamento economico a un regime di autorizzazione. Nel nostro ordinamento, la normativa nazionale ha previsto una proroga automatica e generalizzata della data di scadenza delle concessioni rilasciate, anche senza previa procedura di selezione, per lo sfruttamento turistico di beni demaniali marittimi e lacustri (spiagge in particolare). La scadenza è stata da ultimo rinviata al 31 dicembre 2020.
Nonostante tale legge, ad alcuni operatori privati del settore turistico è stata negata da parte delle autorità italiane la proroga delle concessioni. Essi hanno quindi presentato ricorso contro tali provvedimenti di diniego. I giudici italiani aditi si sono rivolti alla Corte di giustizia per ricevere chiarimenti in merito alla compatibilità della normativa italiana con il diritto dell’Unione
La decisione
Con la sentenza del 14 luglio 2016, resa nel caso Promoimpresa (cause riunite C 458/14 e C 67/15), rispondendo a dei quesiti pregiudiziali sollevati dal TAR Lombardia e dal TAR Sardegna, la Corte di giustizia ha dichiarato, si è espressa nel senso che la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (c.d. “direttiva servizi”) è ostativa a misure, quali quelle adottate dall’Italia, che prevedono la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime (e lacuali) in essere per attività turistico ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati.
In particolare, la Corte ha riconosciuto in primo luogo che, in base a quanto previsto dall’art. 12 della direttiva servizi, uno Stato membro può limitare il numero di concessioni disponibili per l’esercizio di una determinata attività di sfruttamento economico, tenuto conto “della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili”. Posto, poi, che spetta al giudice del rinvio valutare se tali condizioni sono soddisfatte nei casi di specie (relativi a concessioni d’uso del demanio tanto marittimo che lacustre), e quindi se la direttiva servizi è in effetti applicabile, la Corte ha affermato che, in base a detta direttiva, il rilascio di tali concessioni deve essere soggetto a una procedura di selezione tra i potenziali candidati che offra tutte le garanzie di imparzialità e di trasparenza (in particolare, un’adeguata pubblicità), requisiti, questi, sicuramente non soddisfatti in caso di proroga automatica.
Inoltre, sempre secondo la Corte, una simile proroga non può essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, come la necessità di tutelare il legittimo affidamento dei titolari delle stesse concessioni in maniera tale che essi possano ammortizzare gli investimenti effettuati. Questi motivi, però, potranno essere tenuti in conto al momento di stabilire le regole della procedura di selezione in questione.
Ancora, i giudici di Lussemburgo hanno statuito che, nel caso in cui la direttiva servizi non fosse applicabile e qualora concessioni come quelle in oggetto presentino “un interesse transfrontaliero certo”, la loro proroga automatica a favore di imprese di uno Stato membro, senza bandire alcuna procedura trasparente di gara, realizza una disparità di trattamento a danno delle imprese di altri Stati membri potenzialmente interessate a tali concessioni, che risulta contraria all’art. 49 TFUE relativo alla libertà di stabilimento.
Del resto, il principio, invocato dal governo italiano, della certezza del diritto, che mira (attraverso la proroga automatica) a consentire ai concessionari di ammortizzare i loro investimenti, non può essere addotto per giustificare una disparità di trattamento di tal fatta laddove le concessioni siano state attribuite quando era già chiaro che esse presentavano un interesse transfrontaliero certo, dovendo, di conseguenza, essere soggette a un obbligo di trasparenza.
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