È Illegittima la revoca di un’aggiudicazione definitiva in vista del contenzioso
Consiglio di Stato, Sezione V, 19 maggio 2016, n. 2095
Il caso.
In riferimento ad un bando relativo all’affidamento di un servizio di direzione lavori e relative attività per il potenziamento e sistemazione della rete idrica comunale, una ditta partecipante al bando proponeva ricorso al T.a.r. ritenendo insussistenti i requisiti in capo alla ditta aggiudicataria definitiva. Il comune, infatti aveva indicato, in violazione del Regio Decreto 2537/1925, quale direttore dei lavori un architetto e non un ingegnere.
Nelle more del giudizio innanzi al T.a.r., il Comune decideva di revocare in autotutela la gara di appalto, disponendo la nomina di una figura interna all’ente. Dopo aver deciso di esternalizzare il servizio di direzione lavori dell’impianto idrico, trascorso un breve lasso di tempo, venivano rinvenute proprie risorse interne che rendevano possibile l’internalizzazione (si trattava, comunque, di figure apicali già parti della pianta organica del Comune).
Sia la ditta aggiudicataria, sia la controinteressata provvedevano ad impugnare il provvedimento di revoca innanzi al T.a.r., che, però, rigettava le istanze cautelari, successivamente accolte in riforma dal Consiglio di Stato.
Il T.a.r. decideva poi sui due ricorsi, previa loro riunione, affermando la legittimità del provvedimento di revoca del comune.
Le due ditte ricorrono al Consiglio di Stato, che decide di accogliere i ricorsi e riformare la sentenza impugnata del T.a.r.
La decisione
Le motivazioni del T.a.r. che avevano portato a ritenere legittimo il provvedimento di revoca in autotutela da parte dell’ente comunale, possono essere così riassunte: «il Collegio riteneva che sarebbe stato comunque applicabile alla fattispecie in questione il disposto dell’art.21 octies della legge 7 agosto 1990 n.241, in quanto il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato»; «Il Collegio rilevava come l’ordinamento giuridico riconosceva in via generale ad un’amministrazione potesse revocare l’affidamento dell’incarico e l’intera procedura di gara di gara, fino alla stipula del contratto di appalto, qualora l’affidamento non fosse più rispondente all’interesse pubblico, salve le conseguenze di natura risarcitoria o indennitarie»; «Nel caso di specie poi la motivazione di interesse pubblico fornita dal Comune, consistente nelle ragioni di urgenza di far iniziare i lavori dell’appalto collegato, per il rischio di perdere il finanziamento relativo a quest’ultimo, giustificava del tutto la revoca»
La ditta appellante, da parte sua, si doleva della disapplicazione delle norme in materia di necessità della comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca, considerato che l’aggiudicazione definitiva è idonea ad ingenerare un legittimo affidamento tale da imporre l’instaurazione del contraddittorio procedimentale prima di un passaggio così radicale.
Censurava, oltretutto, la sentenza dei giudici amministrativi relativamente all’assolvimento degli oneri di motivazione.
Il Consiglio di Stato ritiene le censure dei ricorrenti fondate.
Secondo i giudici amministrativi, infatti, quanto deliberato dal Comune non appare configurare un annullamento d’ufficio giustificato in primo luogo da ragioni giuridiche, bensì una revoca posta in essere per sopravvenuti motivi di opportunità, riconducibili da un lato al non previsto contenzioso giurisdizionale apertosi a seguito dell’aggiudicazione, contenzioso che avrebbe cagionato sia tempi lunghi per l’affidamento definitivo sia la perdita dei finanziamenti, dall’altro alla possibilità sopravvenuta di internalizzare la direzione dei lavori idraulici oggetto della gara con la conseguente minor spesa derivante alle casse comunali da tale internalizzazione.
Del resto, ricordano i giudici amministrativi, la revoca dell’aggiudicazione definitiva può sempre intervenire quando accompagnata da ragioni convincenti sull’interesse della PA coinvolta tanto da non comprimere, oltre la giusta misura, l’affidamento del privato e soprattutto deve essere corredata da un’applicazione corretta sia delle norme in materia, sia dei principi generali dell’ordinamento giuridico.
Secondo il Consiglio di Stato, in questo caso, si deve ritenere illegittima una deliberazione di ritiro di un’aggiudicazione definitiva in vista del formarsi di un contenzioso giurisdizionale, sia perché ciò porterebbe ad una chiara ed evidente violazione della tutela dei diritti degli interessi dei soggetti, garantiti dall’art. 24 della Costituzione, e ciò in un campo ove la velocizzazione dei processi negli ultimi anni non può essere messa in discussione se non cadendo in grave mala fede e senza ignorare i lunghi tempi amministrativi richiamati dalle parti appellanti che hanno preceduto l’aggiudicazione in questione; sia perché una diversa interpretazione potrebbe portare facilmente ed assurdamente ad una continua elusione di qualsiasi forma di tutela giurisdizionale.
Il Collegio conclude poi accogliendo appieno le ragioni degli appellanti in considerazione anche della mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca con il conseguente mancato ascolto delle parti interessate, passaggio, questo, che avrebbe implicato la spendita di pochi giorni, nonché della mancata previsione di un indennizzo, rinviabile ma nemmeno menzionata.
Decide quindi di annullare la revoca impugnata, con conseguente reviviscenza dell’aggiudicazione definitiva, dando, inoltre, la possibilità alla ditta controinteressata di procedere avverso l’aggiudicazione.
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