È reato se la patatina non fa crok?
È reato se la patatina non fa crok? Certamente, potrebbero rispondere flotte di cuoche provette!
Ma questa volta è la Cassazione a dire la sua con la recente pronuncia del 20 settembre 2016 n. 3884, con la quale ha confermato ancora una volta l’orientamento delle Sezioni Unite in merito alla configurabilità del reato di cui all’art. 516 c.p., rubricato “Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine”.
Ma procediamo con ordine.
Nel 2009 due militari dell’Arma dei carabinieri, liberi dal servizio, avevano acquistato due buste di patatine presso un punto vendita all’interno di uno stadio. Subito notavano non solo che il prodotto era scaduto di validità ma, soprattutto, che le patatine avevano perduto le loro “qualità specifiche”di freschezza e fragranza.
Da qui, la pronuncia della Suprema Corte in merito alla configurabilità o meno del reato di cui all’art. 516 c.p. nel caso di messa in vendita di prodotti scaduti di validità.
Ebbene la risposta della Corte è chiara: perché si configuri il reato dovrà essere dimostrato che la singola merce abbia perso le sue qualità specifiche, atteso che il superamento della data di scadenza dei prodotti alimentari non comporta necessariamente la perdita di genuinità degli stessi (Sez. U, n. 28 del 25/10/2000). Ma cosa intende la giurisprudenza di legittimità per genuinità? Ebbene, la Corte fornisce una duplice indicazione: naturalezza e formalità. Il prodotto per essere genuino dovrà essere costituito da elementi naturali e dovrà essere prodotto rispettando tutte le modalità di produzione prescritte dal legislatore.
Per la Corte nessun dubbio: il reato si è configurato, essendo emerso dalle dichiarazioni dei due militari che il prodotto aveva perso le caratteristiche proprie che il compratore si sarebbe aspettato di trovare.
Circa l’elemento soggettivo del reato, inoltre, la fattispecie di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine richiede la rappresentazione della non genuinità della sostanza alimentare posta in vendita (Cass. pen. Sez. III, 09/07/2003) e per la Suprema Corte nel caso in questione non esiste alcun dubbio quanto alla sussistenza dell’elemento psicologico normativamente richiesto, “come reso palese dalla condotta tenuta dall’imputato al momento dei fatto, avendo questi tentato di disfarsi, all’atto dei controllo, di alcune confezioni di patatine, gettandole nel cestino dei rifiuti”.
Avv. Pierfrancesco Cascio
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