Equitalia deve conservare le cartelle per 10 anni
Consiglio di Stato, sez. IV, 30 novembre 2015, n. 5410
a cura di Giacomo Romano
I giudici di Palazzo Spada hanno accolto il ricorso di una società di servizi a cui era stata negata la copia integrale delle cartelle esattoriali pendenti a proprio carico da oltre cinque anni.
La sentenza di primo grado aveva ritenuto il ricorso improcedibile, in quanto l’amministrazione non aveva più l’obbligo di conservazione, essendo decorso il periodo quinquennale nel quale Equitalia era obbligata a conservare gli atti ai sensi dell’ art. 26 co. 4 del D.P.R. 602/1973 (TAR Campania, sez. VI, n. 1758/2015).
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In riforma della suddetta sentenza, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la disposizione di cui all’art. 26 citata comporti per il Concessionario un mero obbligo minimo di conservazione delle cartelle per un quinquennio e non un termine massimo di conservazione delle stesse, non potendo, d’altra parte, incidere sul termine decennale di prescrizione ordinaria.
Costituisce, infatti, un preciso interesse nonché onere dell’esattore, improntato alla diligenza, di conservare, in caso di mancata riscossione dei tributi nel quinquennio e in occasione di rapporti giuridici ancora aperti e non definiti, la copia della cartella oltre i cinque anni e per tutto il periodo in cui il credito portato ad esecuzione non sia stato recuperato, in modo da conservarne prova documentale ostensibile, anche a richiesta dei soggetti legittimati, nelle varie fasi di definizione del rapporto, onde poter compiutamente esercitare le prerogative esattoriali.
Pertanto Equitalia ha l’obbligo di conservare gli atti relativi alle pretese esattoriali, tra i quali la cartella di pagamento, con obbligo di ostensione alla richiesta del contribuente, che solo in tal modo, non essendo trascorso il periodo decennale di prescrizione, potrà esercitare gli strumenti di tutela messi a disposizione dall’ordinamento.
In conclusione, Equitalia deve conservare le cartelle di pagamento per il periodo decennale di prescrizione ordinaria poiché l’obbligo di custodirle per cinque anni stabilito dal legislatore è «un mero obbligo minimo di conservazione» e «non un termine massimo».
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avv. Giacomo Romano
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Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali.