FACOLTA’ A NUMERO CHIUSO: non si applica il principio di stabilizzazione

FACOLTA’ A NUMERO CHIUSO: non si applica il principio di stabilizzazione

T.A.R. Campania – Napoli, sez. II, Pres. Rovis -Est. Guarracino, 11.6.2015, n. 3647

a cura di Maria Amoruso

L’art. 4, comma 2 bis, del D.L. 30 giugno 2005 n. 115 si applica solo alle abilitazioni professionali. Tale disposizione, essendo inserita in un articolo dedicato a “Elezioni degli organi degli ordini professionali e disposizioni in materia di abilitazione e di titolo professionale” non può dunque operare nelle procedure di carattere selettivo, quali i concorsi per il conferimento di posti a numero limitato, anche perché in dette procedure esistono soggetti controinteressati che hanno diritto ad ottenere dall’autorità giurisdizionale adita una pronuncia definitiva che accerti la legittimità o meno dell’ammissione del loro antagonista.

Il fatto

Nel caso di specie, i ricorrenti – dopo aver partecipato alle prove di ammissione ai corsi di laurea delle professioni sanitarie, in data 3.9.2014, presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, ricorrevano al T.A.R. Campania – Napoli per ottenere l’annullamento, previa concessione di misure cautelari, delle graduatorie e di ogni altro atto presupposto, ai fini dell’ammissione in sovrannumero ai corsi di laurea prescelti e chiedendo, in subordine, il risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente.

Secondo gli istanti, infatti, era stato violato il principio dell’anonimato delle prove concorsuali, stante la presenza, sui fogli risposta, di un codice alfanumerico che – associato ai candidati – avrebbe consentito di ricondurre ogni elaborato al proprio autore prima della correzione.

In data 16.1.2015, con ordinanza n. 114, l’adito Tribunale Amministrativo Regionale accoglie, in quanto assistita da evidente periculum in mora, la domanda cautelare dei ricorrenti, disponendo l’immatricolazione degli stessi in sovrannumero, con “espressa riserva dell’esito finale del giudizio di merito”.

Con memoria depositata in data 9.5.2015 per l’udienza di discussione, inoltre, dodici dei tredici ricorrenti chiedevano la cessata materia del contendente, ai sensi dell’art. 34 co. 5 D.Lgs. 104/2010 (cd. codice del processo amministrativo), essendosi ormai immatricolati presso l’Ateneo Federiciano ed avendo sostenuto gli esami di profitto, alla stregua di quanto disposto con ordinanza cautelare.

La decisione

Il T.A.R. Campania – Napoli dichiara infondato il ricorso.

In via preliminare, il Tribunale Amministrativo napoletano esamina l’istanza di declaratoria di cessazione della materia del contendere, fondata sull’avvenuta immatricolazione nonché sul superamento degli esami di profitto da parte dei ricorrenti.

Tale istanza è stata motivata con il ricorso al cd. principio di stabilizzazione sancito, per gli esami di abilitazione professionali, dall’art. 4 co. 2 bis del D.L. 30.6.2005 n. 115 (convertito, con modificazioni, in L. 17.8.2005 n. 168), applicato estensivamente agli esami di ammissione alle facoltà a numero chiuso da una parte della giurisprudenza (ex plurimis, T.A.R. Lazio – Roma, sez. III bis, 29.12.2014, n. 13145; Cons. Stato, sez. VI, 16.5.2014, n. 2298).

Tuttavia, il Collegio evidenzia come l’immatricolazione sia stata disposta con ordinanza cautelare e con “espressa riserva dell’esito finale del giudizio di merito” subordinandola, così, allo scioglimento – in senso favorevole – della stessa.

In aggiunta, il T.A.R. disattende tale orientamento, abbracciando un più rigoroso indirizzo giurisprudenziale.

Particolarmente, l’art. 4 co. 2 bis D.L. n. 115/2005 – in base al quale “conseguono ad ogni effetto l’abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d’esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l’ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela” – è, secondo il Collegio, una norma di stretta interpretazione, concernente le abilitazioni professionali ed insuscettibile di estensione in quanto “inserita in un articolo dedicato a “Elezioni dgli organi degli ordini professionali e disposizioni in materia di abilitazione e di titolo professionale” (T.A.R. Toscana, sez. I, 27.6.2011, n. 1105).

Pertanto, “essa non può operare nelle procedure di carattere selettivo, quali i concorsi per il conferimento di posti a numero limitato, anche perché in dette procedure esistono soggetti controinteressati che hanno diritto ad ottenere dall’autorità giurisdizionale adita una pronuncia definitiva che accerti la legittimità o meno dell’ammissione del loro antagonista(ex multis Cons. Stato, sez. VI, 21.9.2010, n. 7002; T.A.R. Lazio, sez. III, 9.9.2010, n. 32208).

Tale interpretazione trova, altresì, conferma nella sentenza n. 108 del 9.4.2009 della Corte Costituzionale, secondo la quale la norma in esame “non si applica ai concorsi pubblici ma solo agli esami di abilitazione”. Secondo i giudici costituzionali, infatti, “presupposto per l’applicazione della disposizione impugnata è che, a seguito di provvedimento giurisdizionale o di iniziativa della stessa amministrazione, vi sia stato un nuovo accertamento dell’idoneità del candidato, con la ripetizione delle prove o con una nuova valutazione di esse. È questo accertamento amministrativo, e non il provvedimento del giudice, a produrre l’effetto di conseguimento dell’abilitazione, che la disposizione rende irreversibile. Il legislatore ha ritenuto che, una volta operato il nuovo accertamento, la prosecuzione del processo, avviato per contestare l’esito del precedente accertamento, fosse superflua e potesse andare a detrimento dell’affidamento del privato e della certezza dei rapporti giuridici”.

La ratio della norma, dunque, collide con le finalità dei test di ammissione ai corsi di laurea per le professioni sanitarie che sono finalizzati a selezionare i candidati più meritevoli a ricoprire i posti banditi. Invero, il superamento degli esami di profitto non può essere considerato come elemento per riconoscere una “posizione poziore nella graduatoria degli aspiranti all’iscrizione” in quanto l’art. 4 co. 2 bis consente il definitivo conseguimento del titolo ottenuto mediante nuovi accertamenti dell’idoneità dl candidato, grazie ad una nuova valutazione delle prove già svolte o ad una ripetizione delle stesse.

Nel merito, il T.A.R. respinge il ricorso sottolineando che le censure mosse dai ricorrenti (codice dei candidati non coperto; corrispondenza tra il codice alfanumerico e l’username per l’accesso all’area riservata del Ministero per consultare gli esiti delle prove; finestra trasparente sulle buste dei candidati che consente di visualizzare il codice alfanumerico; il codice alfanumerico è riportato anche su un secondo foglio risposte, con conseguente pericolo di frode, aggravato dalla circostanza che i plichi con i moduli risposte sono tenuti presso l’Ateneo per alcuni giorni) richiamano le procedure previste per l’accesso alle prove di ammissione ai corsi di laurea e laurea magistrale di  cui agli artt. 2, 4, 5 e 6 del D.M. n. 85 del 5.2.2014 e non l’art. 7 dello stesso decreto ministeriale, relativo proprio alle prove di ammissione ai corsi di laurea delle professioni sanitarie.

Inoltre, in merito alla presenza del codice a barre, il Collegio napoletano aderisce ad un rigido orientamento giurisprudenziale, secondo il quale la presenza di un codice identificativo sulle buste e sui moduli non altererebbe le condizioni di correttezza del concorso anche laddove fosse imposto ai candidati di esibire sui banchi il proprio documento di identità, poste “le complesse caratteristiche grafiche del codice segreto assegnato a ciascun candidato”che renderebbero quasi impossibile una sua “memorizzazione in funzione di un successivo abbinamento col nominativo dei candidati” (Cons. Stato, sez. VI, 26.1.2015, n. 315).

Conformi

T.A.R. Toscana, sez. I, 27.6.2011, n. 1105 ; Cons. Stato, sez. VI, 21.9.2010, n. 7002; T.A.R. Lazio, sez. III, 9.9.2010, n. 32208

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