I familiari della vittima di un incidente vanno risarciti anche se il veicolo è fermo
Corte di Cassazione, sez. III Civile, 19 ottobre 2016, n. 21097
a cura di Giuseppe Di Micco
In una recentissima sentenza depositata il 19 ottobre scorso e pubblicata il 17 novembre (n. 21097), la terza sezione civile della Suprema Corte, è tornata su una questione abbastanza discussa in passato, e sulla quale lo scorso anno sono anche intervenute le S.U. in merito alla chiarificazione del concetto di circolazione del veicolo.
La vicenda riguardava una donna, la quale mentre conversava con il responsabile del sinistro lungo una strada provinciale, veniva colpita da un cavo d’acciaio, tranciato da una vettura di passaggio, posto in maniera trasversale dallo stesso convenuto in procinto di sistemarlo sul proprio trattore che in quel momento era fermo.
La donna a seguito del colpo rovinava pesantemente e a terra ed a seguito di trauma cranico e lesioni perdeva la vita. In primo grado il convenuto contestava che la morte della donna fosse conseguenza del suo comportamento e chiedeva di essere manlevato dal risarcimento del danno chiamando in causa la propria compagnia di assicurazione.
Costituitasi quest’ultima eccepiva la non applicabilità della polizza assicurativa, atteso che il veicolo del convenuto responsabile civile era fermo al momento del sinistro. In primo grado, il convenuto viene condannato al risarcimento.
Proposto gravame, la Corte di Appello conferma la responsabilità dell’uomo per il fatto dedotto in giudizio, ma in parziale riforma della sentenza di primo grado, condanna la compagnia assicuratrice a tenere indenne il convenuto dal pagamento delle conseguenze risarcitorie derivanti dal sinistro cagionato da quest’ultimo.
Infine, la compagnia di assicurazione ricorreva alla Suprema Corte censurando l’errata applicazione dell’art. 2054 c.c. da parte della Corte territoriale, poiché il veicolo del proprio assicurato era stato utilizzato, nel momento in cui si è verificato il sinistro, per un uso personale – ossia come base di appoggio del cavo- e non funzionale alla circolazione dello stesso.
I giudici di legittimità rigettano il ricorso, sostenendo un’interpretazione amia del concetto di circolazione stradale, comprendente qualsiasi atto diretto o indiretto di movimentazione del veicolo o delle sue parti, che quando avvengono su una pubblica strada danno luogo all’applicazione del codice delle assicurazioni.
Richiamandosi a quanto le S.U. hanno statuito nella sentenza n. 8620/16, il concetto di circolazione stradale include oltre al movimento anche la sosta, la fermata e l’arresto dei veicoli. Quindi è applicabile la disciplina sull’assicurazione obbligatoria R.C.A.
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Giuseppe Di Micco
Laureato in Giurisprudenza con votazione di 110 e lode, tesi in diritto canonico, relatore prof. Mario Tedeschi. Ha svolto la pratica forense presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, mediante una diretta attività di partecipazione alle udienze in tribunale, nonché nello studio dei casi pratici per la redazione di atti giudiziari e pareri. Praticante abilitato, collabora presso studi legali in materia di diritto civile e diritto del lavoro. Dottore di ricerca in diritto canonico ed ecclesiastico presso l’Università degli Studi di Milano, ha approfondito come tema di ricerca il problema della consumazione del matrimonio nei diritti religiosi (diritto ebraico, canonico, ed islamico). Collaboratore alle cattedre di diritto ecclesiastico, diritto canonico, diritti confessionali e storia e sistemi dei rapporti tra Stato e Chiesa, del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli. Collabora attivamente anche presso le strutture ecclesiali, in particolare negli ambiti liturgici e della formazione giovanile.
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