Il concorso esterno nel reato di associazione a delinquere al vaglio delle sezioni unite
Le sezioni unite della Corte di Cassazione sono chiamate a pronunciarsi ancora una volta sulla questione della compatibilità logica e della ammissibilità giuridica del concorso esterno nel reato di associazione a delinquere ex art. 416 c.p.
Com’è noto, la tematica del concorso esterno in figure di reato a concorso necessario di tipo associativo rappresenta una questione giuridica antica e complessa che intercetta alcuni dei principi fondamentali della teoretica penale, in particolare, il principio di legalità e il principio di offensività.
Invero, nonostante i plurimi correttivi dottrinari, la disciplina del concorso esterno ex artt. 110 c.p. e ss. non si concilia perfettamente con le esigenze di certezza giuridica imposte ex art. 25 co.2 Cost. dal principio di legalità formale.
Allo stesso modo, l’equiparazione della condotta del concorrente alla condotta dell’ autore del reato rappresenta una scelta legislativa che pone da sempre dubbi interpretativi in punto di offensività della fattispecie.
Nonostante tali premesse, il diritto vivente si è notoriamente pronunciato favorevolmente sulla questione della compatibilità del concorso esterno nel reato associativo in relazione al reato di associazione mafiosa ex art. 416 bis c.p.
Tale fattispecie è stata introdotta con la legge n. 646 del 1982 a causa dell’inidoneità della disciplina contenuta all’art.416 c.p. rispetto alla complessità del fenomeno mafioso, della sua struttura e dei suoi specifici scopi.
Da tale premessa consegue logicamente che le due norme sono poste in piena indipendenza e autonomia tra di loro.
Non può infatti sostenersi un rapporto di specialità unilaterale in quanto in assenza del delitto ex art. 416 bis c.p. non tutte le ipotesi ivi previste sarebbero punibili ex art. 416 c.p.
L’art. 416 c.p., infatti, reprime la condotta di coloro che raggiungono un accordo finalizzato alla realizzazione di ulteriori e successivi reati, mentre l’art. 416 bis c.p. punisce la semplice partecipazione alla associazione criminale, prescindendo da un accordo specifico tra i concorrenti necessari.
Il reato di associazione mafiosa presenta quindi un perimetro molto più ampio rispetto al reato di associazione a delinquere che diversamente dal primo richiede esclusivamente la conclusione di un accordo.
Le considerazioni sulla struttura dell’art. 416 c.p., in comparazione con l’art. 416 bis c.p., conducono la Corte di Cassazione a motivare dettagliatamente le ragioni ostative al concorso esterno al reato di associazione a delinquere.
Più in particolare, secondo la Corte aggiungere il concorso eventuale a quello necessario integra una illogica duplicazione dell’art 416 c.p; ciò in quanto, “ per la tipicità del delitto in esame, tipicità data dall’accordo per commettere delitti, il concorso eventuale è destinato sempre è necessariamente a confondersi con esso”.
Inoltre, a sostegno della incompatibilità logica e giuridica del concorso esterno nel reato associativo la corte adduce due ulteriori argomentazioni che involgono sia il profilo oggettivo del reato che quello soggettivo.
Sul profilo oggettivo, i giudici sostengono che il concorso esterno sia compatibile solo con le fattispecie che presuppongono il “ far parte di una organizzazione” al fine di porre in essere un certo tipo di attività delittuosa.
Il concorso esterno non sarebbe quindi logicamente conciliabile con l’art. 416 c.p. che invece presuppone il raggiungimento di un accordo destinato alla commissione di specifici delitti a cui o si aderisce, rispondendo a titolo di concorso necessario, o non si aderisce.
In quest’ultimo caso la condotta di colui che non aderisce all’accordo non è punibile ai sensi dell’art. 110 in combinato disposto con l’art. 416 c.p.; al più, la condotta agevolatrice potrebbe essere sussunta sotto la disciplina del reato di assistenza agli associati ex art. 418 c.p.
Tale conclusione, del resto, sembra confermata non solo dalla descrizione normativa dell’art 416 bis c.p. ma altresì dell’art 270 c.p. rispetto al quale la giurisprudenza della Cassazione ha ammesso la compatibilità del concorso esterno.
Sul profilo soggettivo, invece, la Corte sostiene che il dolo generico, in quanto elemento soggettivo caratterizzante il concorso esterno, non possa conciliarsi con gli scopi della associazione in costanza di un accordo per commettere delitti, ovvero con il dolo specifico richiesto dal legislatore ex art. 416 c.p.
A tali argomentazioni strutturali si aggiunge un’ulteriore motivazione di stampo sovranazionale.
Il tema della criminalità organizzata è infatti oggetto di indagine da parte delle istituzioni europee che sono sempre più protese verso la creazione di un “diritto della criminalità organizzata”.
Si pensi a tal proposito alla risoluzione del 25.10.2011 con cui il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione “che venga esaminata con maggior rigore la questione della criminalizzazione di qualsiasi forma di sostegno alle organizzazioni criminali”.
Secondo la Corte di Cassazione, da ciò si potrebbe dedurre che l’opzione politica penale del parlamento Europeo in riferimento alla aree di contiguità mafiosa vada inquadrata nella più ampia formula del “sostegno”.
Alla luce di tali considerazioni interpretative, la Corte rimette la questione al vaglio delle sezioni unite al fine di valutare la compatibilità del concorso esterno anche nel reato di associazione a delinquere.
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Rita Claudia Calderini
Avvocato abilitato presso la Corte di Appello di Napoli. Dottoressa in giurisprudenza con votazione 110 e lode presso l'Università Federico II. Specializzata in professioni legali. Attualmente risiede a Milano in quanto partecipante del master Diritto e Impresa presso la Business school del Sole24ore.
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