Il deposito telematico di atto in formato pdf scansione è una mera irregolarità
Tribunale di Milano, 3 febbraio 2016, n. 1432
Il caso
L’attore, con il deposito della memoria di replica ex art. 190 c.p.c., evidenziava che controparte aveva depositato telematicamente le sua comparsa conclusionale in violazione delle norme tecniche, in quanto detto atto aveva la forma del documento pdf scansione in luogo di quello pdf testuale. Chiedeva, quindi, al Tribunale di Milano, che venisse accertata e dichiarata l’inammissibilità dello stesso.
Il giudice adito ha rigettato detta richiesta ritenendo non solo ammissibile il deposito in quanto mera irregolarità, ma che, altresì, nel caso di specie, non fosse opportuno un ordine del giudice atto a sanare detta irregolarità, in quanto in violazione dei principi del giusto processo.
La decisione
Il Giudice, dopo aver richiamato le coordinate normative, artt. 11 del d.m. n. 44/2011 e 12 del d.m. 16 aprile 2014, nella parte in cui specificano che «L’atto del processo in forma di documento informatico, da depositare telematicamente all’ufficio giudiziario, rispetta i seguenti requisiti: […] c) è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini;» rileva, tuttavia, che «Nessuna sanzione in caso di inosservanza delle suddette regole tecniche è stata, però, ad oggi prevista dalla normativa primaria di riferimento e di conseguenza dalla normativa secondaria».
Sottolinea, poi, un altro principio basilare ma essenziale: il processo civile telematico non è un nuovo processo civile, le norme e i principi da applicare sono sempre quelli che governano la materia processualcivilistica e ad essi bisogna far riferimento. Ed allora, ribadisce l’estensore, valgono i principi granitici sanciti dalla Corte nomofilattica, secondo cui «il deposito irrituale di un atto processuale dà luogo ad una mera irregolarità sanabile per effetto della successiva regolarizzazione o in ogni caso per effetto del raggiungimento dello scopo (confr. da ultimo Cass. n. 15130/15, Cass. n. 4163/15, Sez. Unite n. 5160/09)».
Aldilà del rispetto della norma che regola la materia, il Tribunale si preoccupa di andare all’origine del problema: «Lo scopo dell’atto processuale, ancorché telematico, è e rimane, infatti, ad avviso di questo Tribunale, quello di consentire lo svolgimento del processo e l’esercizio del diritto di difesa e, quindi, deve ritenersi raggiunto tutte le volte in cui l’atto perviene a conoscenza del giudice e della controparte; ciò accade una volta che l’atto depositato telematicamente, anche se non rispondente alle norme tecniche, viene accettato dalla cancelleria e inserito dal sistema nel fascicolo processuale telematico. E’, infatti, visibile e leggibile dal giudice e dalle parti ed ha, quindi, certamente raggiunto il suo scopo primario. La funzione propria e primaria delle regole tecniche è, a giudizio del Collegio, quella di assicurare la gestione informatica dei sistemi del PCT e non tanto e non solo quella di garantire la navigabilità degli atti da parte del Giudice e delle parti, come pure sostenuto da una parte della giurisprudenza di merito sopra citata».
Il Giudice deve, dunque, rimettere la causa sul ruolo per consentire il deposito regolare dell’atto? La risposta sarà positiva tutte le volte in cui la regolarizzazione consente contemporaneamente la prosecuzione del giudizio, negativa nel caso di atti conclusivi. In tale evenienza infatti, tenuto conto che l’atto ha raggiunto il suo scopo essendo visibile al giudice e assicurando il diritto di difesa alla controparte, rimettere la causa sul ruolo «comporterebbe una retrocessione del processo assolutamente non necessaria e incompatibile con il prevalente principio della ragionevole durata del processo».
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