Il principio del soccorso istruttorio alla luce dell’Adunanza Plenaria n. 19/2016
Per le gare bandite anteriormente all’entrata in vigore del c.d. nuovo Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), nelle ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara, e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio.
La Sezione cui è assegnato il ricorso, qualora non condivida un principio di diritto enunciato dall’Adunanza plenaria su una questione vertente sull’interpretazione o sulla validità del diritto dell’Unione Europea, può adire la Corte di giustizia ex art. 267 TFUE ai fini di una pronuncia in via pregiudiziale, anche senza rimettere previamente la questione all’Adunanza plenaria affinché questa riveda il proprio orientamento.
La Sezione cui è assegnato il ricorso, dopo aver ricevuto la risposta della Corte di giustizia ad una questione vertente sull’interpretazione del diritto dell’Unione Europea da essa sottopostale, o allorché la giurisprudenza della Corte di giustizia abbia già fornito una risposta chiara alla suddetta questione, deve essa stessa fare tutto il necessario affinché sia applicata tale interpretazione del diritto dell’Unione Europea.
Con la sentenza n. 19 del 27.7.2016, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è nuovamente tornata – dopo le sentenze nn. 9/2014; 3/2015; 9/2015 – sull’istituto del soccorso istruttorio chiarendone la portata e l’ambito applicativo.
E’ necessario, preliminarmente, precisare che il soccorso istruttorio consente alla Pubblica Amministrazione di colmare le incompletezze istruttorie; è previsto, in via generale, dall’art. 6 L. 241/90 – in cui appare meramente facoltativo – e nella materia degli appalti dagli artt. 38 e 46 D. Lgs. 163/2006 essendo, tuttavia, in quest’ultimo caso doveroso farne applicazione.
Esso vuole garantire la par condicio ed il favor partecipationis alle gare di appalti purchè il suo esercizio non modifichi l’offerta presentata.
Inoltre, l’art. 46 co. 1 bis D. Lgs. 163/2006 – introdotto dal D.L. 70/2011 – ha inaugurato il principio di tassatività delle cause di esclusione, delineando le stesse e sanzionando, con la nullità, ulteriori prescrizioni inserite nei bandi a pena di esclusione: la norma, dunque, ha definito l’ambito di operatività del soccorso istruttorio alle sole irregolarità non essenziali dell’offerta.
La formulazione poco chiara della norma ha creato gravi incertezze relativamente al suo ambito applicativo.
Sul punto, secondo l’allora Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici (nell’audizione del 29.9.2011), la norma trova applicazione anche per i cd. adempimenti doverosi o per adempimenti che, pur non essendo sanzionati espressamente con l’esclusione, sono comunque conformi alla ratio del numerus clausus: “La formulazione letterale dell’art. 46, comma 1‐bis induce a ritenere che la esclusione possa essere disposta non solo nei casi in cui disposizioni del Codice o del Regolamento la prevedano espressamente, ma anche nei casi in cui impongano adempimenti doverosi ai concorrenti o candidati, o dettino norme di divieto, pur senza prevedere una espressa sanzione di esclusione. In termini più generali, ogni qual volta il Codice o il Regolamento si esprimono in termini di divieto ovvero di doverosità degli adempimenti imposti ai concorrenti e candidati, con l’uso delle locuzioni “deve” “devono”, “è obbligato”, l’adempimento deve ritenersi imposto a pena di esclusione“.
L’Adunanza Plenaria n. 9/2014 ha sostenuto tale interpretazione (“la nuova disposizione deve essere intesa nel senso che l’esclusione dalla gara è disposta sia nel caso in cui il codice, la legge statale o il regolamento attuativo la comminino espressamente, sia nell’ipotesi in cui impongano “adempimenti doverosi” o introducano, comunque, “norme di divieto” pur senza prevedere espressamente l’esclusione ,ma, sempre nella logica del numerus clausus“) ed ha operato una distinzione tra integrazione documentale (che consiste nell’indicazione tardiva di documenti) e la regolarizzazione documentale (con cui si puntualizzano e perfezionano le dichiarazioni già presentate), ammettendo solo quest’ultima.
A seguito della riforma realizzata dal D.L. 90/2014 che ha modificato gli artt. 38 e 46 D. Lgs. 163/2006, questo assetto è stato superato.
Difatti, la norma ha introdotto diverse novità: ha procedimentalizzato il soccorso istruttorio; ha introdotto una fase di istruttoria veloce prima dell’avvio della fase di valutazione delle offerte; è stato introdotto il cd. soccorso istruttorio a pagamento con cui è irrogata una sanzione pecuniaria per ogni mancanza, incompletezza o irregolarità essenziale.
In questo caso, la Pubblica Amministrazione dà un termine di 10 giorni per regolarizzare le eventuali imperfezioni presenti, dopodichè interviene l’esclusione.
La novella del 2014 ha, dunque, ribaltato il quadro delineato dall’Adunanza Plenaria n. 9/2014 in quanto, alla luce del nuovo comma 1 ter dell’art. 46 D. Lgs.163/2006, tutto diventa soccorribile.
Restano fermi, tuttavia, alcuni principi quali l’immodificabilità dell’offerta, segretezza, inalterabilità delle condizioni rilevanti per la partecipazione alla gara.
Si ricava, dunque, che il soccorso istruttorio è obbligatorio e l’esclusione di un partecipante alla gara segue solo al mancato rispetto del termine previsto ex lege per la regolarizzazione.
Difatti, laddove l’irregolarità non sia essenziale, già l’Adunanza Plenaria 16/2014 ha evidenziato come la norma esprima “la volontà univoca del legislatore di valorizzare il potere di soccorso istruttorio al duplice fine di evitare esclusioni formalistiche e di consentire le più complete ed esaustive acquisizioni istruttorie“.
Il concetto di essenzialità ha, tuttavia, destato alcune perplessità in ordine al suo corretto significato.
A tale dubbio interpretativo ha posto fine l’Autorità Nazionale Anticorruzione con la determinazione n. 1 del 2015 con la quale ha operato una sorta di classificazione.
In primis, sono state individuate le irregolarità essenziali degli elementi di cui all’art. 38 co 2 bis D.Lgs. 163/2006 quali l’omissione, l’incompletezza o altra irregolarità nelle dichiarazioni che non consentono di individuare il soggetto o il contenuto della dichiarazione medesima o che impediscono di comprendere l’effettivo possesso di un requisito per l’impresa partecipante. Alcune di tali irregolarità essenziali sono sanabili, come la carenza di sottoscrizione, la carenza della cauzione provvisoria, il difetto di espressa accettazione delle condizioni) mentre altre non sono sanabili (come, ad esempio, il sopralluogo obbligatorio, l’omesso versamento del contributo dovuto all’Autorità di cui alla L. 266/2005, gli adempimenti formali di cui all’art. 46 co. 1 bis D. Lgs. 163/2006 come l’irregolarità che incidono su contenuto, segretezza e provenienza dell’offerta nonchè che incidono sul possesso dei requisiti previsti per legge. In tal caso, laddove la Stazione Appaltante riscontri l’irregolarità, irroga una sanzione pecuniaria del valore pari, al minino, all’uno per mille ed, al massimo, all’uno per cento del valore della gara (in ogni caso, non superiore ad € 50.000,00) e dà un termine – non superiore a 10 giorni – affinchè l’impresa possa regolarizzare la documentazione a pena di esclusione.
Ancora, sono state individuate le irregolarità non essenziali, come la mancanza o l’irregolarità di dichiarazioni non indispensabili che non mettono indubbio il possesso effettivo dei requisiti di partecipazione. In questo caso, non seguono sanzioni nè obblighi di regolarizzazione da parte del concorrente.
Infine, è stato indicato anche un tertium genus, quali irregolarità non essenziali ma che riguardano elementi indispensabili “se considerati sotto il profilo della celere e sicura verifica del possesso dei requisiti di ordine generale in capo ai concorrenti, in un’ottica di buon andamento ed economicità dell’azione amministrativa“. In quest’ultimo caso, la Stazione Appaltante può esigere il completamento o l’integrazione della documentazione, senza irrogare alcuna sanzione, secondo il procedimento descritto all’art. 38 co. 2 bis D. Lgs. 163/2006.
A questi chiarimenti, deve aggiungersi che l’Adunanza Plenaria n. 3/2015 e l’Adunanza Plenaria n. 9/2015 hanno specificato che, in tutti gli appalti, la mancata indicazione degli oneri di sicurezza di cui all’art. 87 co. 4 D.Lgs. 163/2006 non può essere sanata in quanto la sua sanatoria comporterebbe una postuma integrazione dell’offerta, in quanto tale inammissibile.
Inoltre, l’Adunanza Plenaria n. 9/2015 ha esteso tale principio di diritto anche alle gare la cui fase di presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della decisione n. 3/2015 del medesimo Consesso di Legittimità.
L’indicazione degli oneri di sicurezza è, secondo tali pronunce, un elemento essenziale dell’offerta e, pertanto, non sanabile mediante soccorso istruttorio. Aggiungasi che grazie al principio di eterointegrazione del bando, secondo cui il bando di gara è integrato dai precetti indefettibili in materia di appalti, l’obbligo di esclusione opera anche se il medesimo nulla preveda e, persino, quando la Stazione Appaltante predisponga dei moduli per la presentazione di offerte che non abbiano alcun riferimento agli oneri di sicurezza aziendale.
Tanto premesso, l’Adunanza Plenaria n. 19/2016 attenua le conseguenze applicative di tale principio.
Difatti, il Collegio sostiene “che in casi come quello del presente giudizio, l’automatismo dell’effetto escludente si ponga in contrasto con i principi di certezza del diritto, tutela dell’affidamento, nonché con quelli, che assumono particolare rilievo nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica, di trasparenza, proporzionalità e par condicio“.
Il medesimo principio è stato, inoltre, affermato anche dalla giurisprudenza comunitaria.
Invero, con la sentenza 2 giugno 2016, C-27/15, la CGUE ha statuito che “Il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un’interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti. In tali circostanze, i principi di parità di trattamento e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di consentire all’operatore economico di regolarizzare la propria posizione e di adempiere tale obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice” (in questa controversia, la Corte si è pronunciata sulla esclusione di un0impresa da una gara a seguito del mancato pagamento del contributo, previsto dalla L. 266/2005, da versarsi all’ANAC).
Dunque, dall’applicazione dei principi di trasparenza e di parità di trattamento che governano tutte le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici deriva che l’esclusione automatica, senza il previo esercizio del soccorso istruttorio, del concorrente che non abbia specificato nell’offerta gli oneri di sicurezza risulti sproporzionata e sostanzialmente iniqua.
Sulla scorta di tali osservazioni, l’Adunanza Plenaria, con la sentenza ivi in commento, ha specificato che “gli oneri di sicurezza rappresentano un elemento essenziale dell’offerta (la cui mancanza è in grado di ingenerare una situazione di insanabile incertezza assoluta sul suo contenuto) solo nel caso in cui si contesta al concorrente di avere formulato un’offerta economica senza considerare i costi derivanti dal doveroso adempimento dei obblighi di sicurezza a tutela dei lavoratori. In questa ipotesi, vi è certamente incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta e la sua successiva sanatoria richiederebbe una modifica sostanziale del “prezzo” (perché andrebbe aggiunto l’importo corrispondente agli oneri di sicurezza inizialmente non computati).
Laddove, invece, non è in discussione l’adempimento da parte del concorrente degli obblighi di sicurezza, né il computo dei relativi oneri nella formulazione dell’offerta, ma si contesta soltanto che l’offerta non specifica la quota di prezzo corrispondente ai predetti oneri, la carenza, allora, non è sostanziale, ma solo formale. In questo caso il soccorso istruttorio, almeno nei casi in cui ricorre la situazione sopra descritta di affidamento ingenerato dalla stazione appaltante, è doveroso, perché esso non si traduce in una modifica sostanziale del contenuto dell’offerta, ma solo nella specificazione formale di una voce che, pur considerata nel prezzo finale, non è stata indicata dettagliatamente“.
Dunque, secondo il Collegio, l’esclusione può operare solo ove si registra che il concorrente abbia formulato l’offerta senza considerare i costi dovuti all’adempimento degli obblighi di sicurezza ma non anche quando questi siano stati computati ma non specificati nell’offerta.
In conclusione, occorre evidenziare che l’Adunanza Plenaria si è espressa anche in ordine all’interpretazione dell’art. 99 co. 3 c.p.a. (“Se la sezione cui è assegnato il ricorso ritiene di non condividere un principio di diritto enunciato dall’adunanza plenaria, rimette a quest’ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso“) laddove la Sezione rimettente non condivida un principio di diritto enunciato dall’Adunanza Plenaria su una questione relativa alla interpretazione o alla validità del diritto UE.
Secondo l’organo nomofilattico “la Sezione cui è assegnato il ricorso, qualora non condivida un principio di diritto enunciato dall’Adunanza plenaria su una questione vertente sull’interpretazione o sulla validità del diritto dell’Unione Europea, può adire la Corte di giustizia ex art. 267 TFUE ai fini di una pronuncia in via pregiudiziale, anche senza rimettere previamente la questione all’Adunanza plenaria affinché questa riveda il proprio orientamento; la Sezione cui è assegnato il ricorso, dopo aver ricevuto la risposta della Corte di giustizia ad una questione vertente sull’interpretazione del diritto dell’Unione Europea da essa sottopostale, o allorché la giurisprudenza della Corte di giustizia abbia già fornito una risposta chiara alla suddetta questione, deve essa stessa fare tutto il necessario affinché sia applicata tale interpretazione del diritto dell’Unione Europea“.
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Maria Amoruso
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