Infiltrazioni da lastrico solare: responsabilità contrattuale o extracontrattuale?
Cass. Civ., Sez. Un., n. 9449/2016
a cura di Giulio Ciappa
Intervenendo a Sez. Un., la Suprema Corte ha affermato che in tema di condominio negli edifici, qualora l’uso del lastrico solare non sia comune a tutti i condomini, dei danni che derivano da infiltrazioni nell’appartamento sottostante rispondono – in maniera concorrente – sia il proprietario o l’usuario esclusivo del lastrico solare (o della terrazza a livello), in quanto custode del bene ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia il condominio.
Ed invero, precisano i Giudici di legittimità, allorquando non sia possibile fornire la prova della riconducibilità del danno cagionato a fatto esclusivo del titolare del diritto di uso esclusivo del lastrico solare o di una parte di questo, stante la sua funzione di copertura dell’edificio svolta nell’interesse di tutti i condomini, la ripartizione della responsabilità deve avvenire in base al criterio di cui all’art. 1126 c.c., vale a dire per un terzo a carico del proprietario o dell’usuraio esclusivo del lastrico e per due terzi a carico del condominio.
Ribaltando quanto autorevolmente affermato dalle Sez. Un. nel 1997, il Supremo Collegio è tornato a pronunciarsi su una questione che non aveva del tutto convinto la giurisprudenza successiva la quale, sempre più frequentemente, si era espressa in maniera difforme (Cfr. Cass. n. 6376/2006; Cass. n. 642/2003; Cass. n. 15131/2001; Cass. n. 7727/2000).
La sentenza n. 3672/1997, infatti, aveva categoricamente escluso la riconducibilità della responsabilità in questione al principio del neminem laedere, rilevando che l’inadempimento delle obbligazioni riguardanti la conservazione delle parti comuni ed, in particolare, quelle previste dagli artt. 1123, co. I c.c. e 1126 c.c. – che fanno riferimento rispettivamente alle spese di conservazione ed alle spese per le riparazioni e per le ricostruzioni – fosse riconducibile alla categoria delle obbligazioni propter rem.
Ed infatti, trattandosi di obbligazioni che la le legge ascrive direttamente in capo ai titolari dei diritti reali (sia sotto il profilo attivo che passivo)sui quali grava l’interesse ed il dovere di garantire l’integrità dei beni comuni, l’inadempimento delle stesse si sostanzia nel difetto di manutenzione del lastrico solare dal quale possono discendere danni all’appartamento sottostante.
Dunque, posto che le condizioni materiali di dissesto e di degrado del lastrico, frutto di mancata manutenzione, derivano dall’inadempimento di obbligazioni propter rem, la responsabilità ed il risarcimento dei danni dovevano essere inquadrati nella disciplina di cui all’art. 1218 c.c. ed, in particolare, a quella dell’art. 1126 c.c. con riferimento ai criteri d’imputazione e di ripartizione della stessa.
Nella medesima pronuncia, tuttavia, la Suprema Corte aveva ritenuto possibile il configurarsi di una responsabilità di tipo aquiliano fondata sul disposto dell’art. 2051 c.c., vale a dire allorquando il fatto illecito fosse derivato dalla lesione di un diritto soggettivo dei condomini estraneo ai rapporti di condominio, ovvero dalla lesione di un diritto di terzi che entrano in relazione con l’edificio.
L’orientamento diametralmente opposto che ha caratterizzato la giurisprudenza post ’97 ha indotto i Giudici di legittimità ad un ‹‹ripensamento›› sulla questione.
Ed invero, con la sentenza del 10 maggio 2016 la Suprema Corte, condividendo le perplessità manifestate nell’ordinanza interlocutoria n. 13526/2014, è tornata a pronunciarsi sul punto, ritenendo che la responsabilità per danni da infiltrazioni prodotte dal lastrico solare o dal terrazzo di proprietà di uso esclusivo ‹‹va attratta all’ambito di operatività dell’art. 2051 c.c., avuto riguardo alla posizione del soggetto che del lastrico o della terrazza abbia l’uso esclusivo››. Quest’ultimo, infatti, proprio in funzione di tale specifica posizione, rappresenta il custode della superficie del lastrico o della terrazza, su cui inevitabilmente discende una responsabilità ex art. 2051 c.c., stante la ‹‹naturale interconnessione›› che il lastrico solare ha con l’edificio e, quindi, con la cosa comune.
Ma vi è di più. Ed infatti, continua il Supremo Collegio, allorquando l’amministratore condominiale non abbia assolto agli obblighi conservativi delle cose comuni di cui all’art. 1130, co. I, n.4 c.c., ovvero qualora l’assemblea non adotti le determinazioni di sua competenza in materia di opere di manutenzione straordinaria ex art. 1135, co. I, n. 4 c.c., il condominio concorre nella responsabilità per i danni conseguentemente cagionati.
La ripartizione di tale responsabilità – precisa la Corte – deve avvenire in base al criterio previsto in materia di ripartizione di spese di manutenzione di cui all’art. 1126 c.c., il quale costituisce ‹‹parametro legale›› valevole anche ai fini della ripartizione del danno cagionato.
Pertanto, l’usuario esclusivo del lastrico dovrà corrispondere un terzo del danno cagionato, mentre il condominio dovrà corrispondere i restanti due terzi in proporzione del valore del piano o della posizione di piano di ciascuno.
I Giudici di legittimità, dunque, hanno capovolto quanto precedentemente stabilito dalla Sezioni Unite, abbandonando l’orientamento previgente e ponendo l’attenzione sulla circostanza che il proprietario dell’appartamento danneggiato dalla cosa comune, anche se in uso esclusivo, è un terzo il quale subisce un danno a causa dell’inadempimento dell’obbligo di conservazione della cosa comune.
L’avere propeso verso una responsabilità di tipo extracontrattuale pone, certamente, delle conseguenze di non poco momento. Ed infatti, ciò comporta l’applicazione di tutte quelle regole proprie di questa species di responsabilità, sia con riferimento alla prescrizione sia all’imputazione della responsabilità. Altre importanti conseguenze sono quelle discendenti dall’art. 2055 c.c. in materia di responsabilità solidale e dall’art. 2051 c.c. in ordine all’esonero di responsabilità del custode.
Il danneggiato, infatti, potrà agire nei confronti del singolo condomino o del condominio per la misura dell’intero danno, evitando così di dover agire coattivamente contro tutti i debitori pro quota.
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