Infortunio sul lavoro: non sempre ne risponde il datore di lavoro

Infortunio sul lavoro: non sempre ne risponde il datore di lavoro

Cass. Civ., Sez. IV penale, 3 marzo 2016, n. 8883

a cura di Claudia Tufano

Il datore non è tenuto a rispondere sempre e comunque per gli infortuni avvenuti sul luogo del lavoro, derivanti da una condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore. Occorre distaccarsi dal modello iperprotettivo interamente incentrato sulla figura del datore e sull’obbligo di vigilanza a lui spettante, per passare a un modello collaborativo in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, lavoratori compresi, e fondato sulla prevedibilità, intesa come dominabilità umana del fattore causale.

Il fatto

Un elettricista esperto cui era stato affidato un lavoro da svolgersi attraverso un elevatore e con una serie di strumenti di protezione di cui era stato dotato, decide, incautamente, di salire sul tetto per meglio posizionare i fili, percorre il tratto ricoperto da sottili lastre di eternit, che inevitabilmente si sfondano, e precipita al suolo riportando varie gravi lesioni sul corpo.

Il lavoratore infortunato cita in giudizio l’amministratore unico della ditta presso cui aveva svolto i lavori ed il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei lavoratori della predetta società, affinché i giudici riconoscessero la colpa dei convenuti per aver omesso di predisporre i necessari apprestamenti di sicurezza ed il conseguente risarcimento del danno.

La Corte d’Appello riconosceva la responsabilità dei convenuti, i quali ricorrevano in Cassazione.

La decisione

La Cassazione accoglieva il ricorso.

In primo luogo, i giudici di legittimità precisavano che, sulla base di quanto si evinceva dalle risultanze probatorie, non solo il datore di lavoro ed il responsabile aziendale per la sicurezza avevano dotato il lavoratore di tutti i presidi antinfortunistici e della strumentazione necessaria per effettuare il lavoro in sicurezza, ma questi ultimi facevano, inoltre, affidamento sulla professionalità del soggetto cui avevano affidato il lavoro, peraltro analogo a quello che egli era chiamato a compiere da molti anni.

Chiariti questi punti fondamentali, gli Ermellini ribadivano un orientamento già precisato dalla Cassazione, nella recente sentenza delle Sezioni Unite n. 38343/2014 sul c.d. caso Thyssenkrupp, ovvero che in tema di colpa «la necessaria prevedibilità dell’evento, anche sotto il profilo causale, non può riguardare la configurazione dello specifico fatto in tutte le sue più minute articolazioni, ma deve mantenere un certo grado di categorialità, nel senso che deve riferirsi alla classe di eventi in cui si colloca quello oggetto del processo».

Inoltre, continua la Corte, è stato precisato che nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto.

Nel caso di specie il comportamento imprudente tenuto dal lavoratore era assolutamente imprevedibile da parte dei datori di lavoro. Giova, poi, ricordare che la normativa antiinfortunistica ha lentamente abbandonato il modello “iperprotettivo”, nel quale era centrale l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro, ed ha accolto il modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori ai quali si impone di attenersi alle specifiche disposizioni cautelari e comunque di agire con diligenza, prudenza e perizia.

La giurisprudenza si uniforma al principio di cd. autoresponsabilità del lavoratore, così che il datore di lavoro non ha più, dunque, un obbligo di vigilanza assoluta rispetto al primo ma una volta che ha fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, egli non risponderà dell’evento derivante da una condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore.

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Claudia Tufano

Nata a Napoli nel 1987, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nel luglio 2012, presso l'Università degli studi Federico II di Napoli, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Commento alla sent. TAR Umbria n. 23/2010. L'abusivismo edilizio", relatore Prof. Lorenzo Liguori. Da novembre 2012 a maggio 2014 inizia il tirocinio forense presso uno studio legale, occupandosi prevalentemente di contenzioso amministrativo e civile. Nel luglio 2014 consegue il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali. Nel gennaio 2016 è abilitata all'esercizio della professione forense.

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