La depenalizzazione: cosa cambia e quali tutele per le vittime
a cura di Antonio Pastore
I Decreti Legislativi nn. 7 e 8 del 15 gennaio 2016, emanati a seguito della legge delega del 2014, hanno avuto l’effetto di operare la depenalizzazione di fattispecie che da reati mutano in illeciti civili o amministrativi.
Appare giusto fornire non solo una chiave di lettura di questo intervento normativo, ma al tempo stesso fornire ampia conoscenza dei naturali effetti che si realizzano sul piano della tutela della persona offesa. Ad una prima lettura appare che le vittime di reati, quali ad esempio l’ingiuria, la sottrazione di cose comuni, l’appropriazione di cose smarrite, la falsità di scrittura privata, il danneggiamento non avranno più alcuna tutela sotto il profilo penale. Unico margine di tutela, di un proprio diritto leso, risiede nella generica azione civile di danno che la vittima, nelle ipotesi suddette e che ritiene ingiustamente essere stata lesa, può esperire nei confronti del responsabile. A ciò il decreto legislativo n.8 del 2016 aggiunge una sanzione pecuniaria che l’autore del reato dovrà pagare in favore della Cassa delle Ammende ( ad esempio nel caso dell’ingiuria vi può essere una sanzione pecuniaria che va da € 100 a € 8.000 ) e vengono previsti parametri edittali per la pena pecuniaria rispetto all’originaria multa o ammenda, con limiti ben precisi in caso di pena pecuniaria proporzionale ( non inferiore ad € 5.000 né superiore ad € 50.000).
La depenalizzazione non si applica ai reati previsti dal codice penale salvo l’applicazione dell’art. 2 che modifica le fattispecie disciplinate, con una pena pecuniaria:
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Art 527 c.p. ( atti osceni), per cui quando il fatto è commesso all’interno o nei pressi di luoghi frequentati da minori, prevede una nuova pena edittale;
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Art. 528 ( pubblicazioni e spettacoli osceni), per cui ha rilievo penale solo l’ipotesi di cui al comma 3;
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Art. 652 c.p. ( rifiuto di prestare la propria opera in caso di tumulto)
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Art. 661 c.p. ( abuso della credulità popolare)
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Art. 668 c.p. ( atti contrari alla pubblica decenza)
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Art 726 c.p. (turpiloquio)
La depenalizzazione non troverà applicazione per una serie di reati disciplinati dalla legge speciale quali ad esempio: edilizia ed urbanistica, ambiente, alimenti, giochi d’azzardo e scommesse, armi ed esplosivi, sicurezza pubblica, proprietà intellettuale ed industriale, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Tale depenalizzazione troverà applicazione anche alle violazioni commesse antecedentemente al 6 febbraio 2016 salvo che, eventuale sentenza o decreto penale, diventino irrevocabili.
Tal siffatta normazione se può trovare accoglimento nell’ottica di una ridefinizione della pena diversa da quella carceraria trova ampia disapprovazione in ordine alla tutela che viene offerta alla vittima del reato e questo perché : prima che entrasse in vigore la depenalizzazione ,secondo il dettato del codice di rito penale, la vittima di uno dei reati oggetto di depenalizzazione, nel caso di offesa non imputabile ad un soggetto determinato e dunque ignoto, poteva trovare ampia tutela, dopo aver presentato una querela, attraverso l’ indagine capillare ad opera della Procura. Oggi, con l’entrata in vigore dei decreti legislativi n. 7 ed 8 del 2016 la vittima avrà maggiore difficoltà nell’accertare l’identità del colpevole-autore del danno e ciò dovuto principalmente ai minori poteri investigativi di cui dispone rispetto alla Procura, con la conseguenza che la sola azione civile di danno da esperirsi potrebbe rivelarsi uno strumento poco utile a tutelare la parte lesa. A ciò bisogna aggiungere l’ulteriore novità in termini di “costi” poiché alla precedente costituzione di parte civile, nel processo penale, al modico costo di una marca da bollo di poche decine di euro, ora la vittima, esperendo l’azione civile diventa vera e propria parte attorea con la conseguenza che i costi di notificazione e di iscrizione a ruolo sono di gran lunga maggiori.
Quindi la sanzione civile, non avrà alcun effetto nello scoraggiare il compimento di condotte offensive di beni privati, rispetto a quella penale che ben potrebbe avere peso nel casellario giudiziario e quindi avere un effetto di prevenzione maggiore.
Problemi vengono posti anche nei confronti dell’autore del reato, il quale se prima ben poteva sperare in un eventuale assoluzione, da oggi avrà l’obbligo di pagare la sanzione amministrativa, senza considerare gli ulteriori dubbi di costituzionalità che si sollevano in merito alla recidiva, quale forma aggravata del reato.
In conclusione una sanzione penale era sicuramente ben più temibile rispetto ad una condanna civile, sebbene la ratio del provvedimento attuale è di deflazionare il sistema penale e di ridurre implicazioni penali a danno di soggetti , non perseguendo più condotte considerate di “scarso allarme sociale”.
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Antonio Pastore
Tirocinante presso la Corte di Appello Penale di Napoli ( I Sezione)
Praticante avvocato
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