La misura di prevenzione formulata dal Questore non vincola il Tribunale

La misura di prevenzione formulata dal Questore non vincola il Tribunale

Cass. Pen., sez. I, 13 novembre 2015, n. 45417

a cura dell’avv. Marco La Grotta

In materia di prevenzione vige il divieto dell’iniziativa di ufficio del giudice di prevenzione. Tale divieto riguarda solo il potere di impulso, con la conseguenza che, una volta che il procedimento di prevenzione è stato promosso da un soggetto legittimato, tanto la qualificazione giuridica della domanda quanto la misura di prevenzione applicata rientrano nelle prerogative esclusive dell’autorità giudiziaria sulla base di un’autonoma valutazione della pericolosità sociale del prevenuto.

Il fatto

Con ordinanza del 2 febbraio 2014 la Corte di appello di Bologna rigettava il ricorso proposto dall’interessato avverso il decreto emesso dal Tribunale di Ferrara, che ai sensi degli articoli 4 e 6 del d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159, applicava la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno in un Comune emiliano per la durata di anni due, con relative prescrizioni.

Tale misura veniva confermata dalla Corte di appello sulla base di un giudizio di pericolosità sociale del ricorrente, motivando il provvedimento sul presupposto che egli commetteva da diversi anni delitti con finalità di lucro, mettendo così in pericolo l’incolumità fisica delle persone nonché la sicurezza pubblica.

Avverso tale provvedimento il destinatario della misura di prevenzione proponeva ricorso per Cassazione deducendo la violazione di legge in relazione agli articoli 5,6,8 del d. lgs. n. 159 del 2011, in quanto il Questore di Ferrara aveva solamente richiesto l’applicazione della sola sorveglianza speciale, mentre il Tribunale era andato ultra petitum applicando l’obbligo di soggiorno.

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La decisione

In primo luogo, la Suprema Corte, con sentenza n. 45417 del 13 novembre 2015 ribadiva che nel procedimento di prevenzione il ricorso per Cassazione è ammesso solo per violazione di legge, con la conseguenza che in sede di legittimità non è possibile dedurre i vizi di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione del provvedimento (art.606, co.1, lett. e c.p.p.), ma solamente quelli previsti dalla lett. c dell’art. 606 c.p.p., ovvero l’inesistente o meramente apparente che integra la violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato.

Nel caso di specie, la corte veniva adita per valutare la correttezza della decisione del giudice di merito che aveva applicato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, in luogo della misura meno afflittiva della sola sorveglianza speciale richiesta dal Questore.

La Corte osservava che la decisione del giudice di merito era da ritenersi corretta perché rientrava nel potere discrezionale ed insindacabile del giudice, che operava la sua valutazione in relazione alla pericolosità sociale del prevenuto.

Il giudice di merito, secondo l’orientamento della Cassazione, non è vincolato dalla richiesta del Questore, che invece rappresenta solamente il soggetto legittimato ad avanzare la richiesta di applicazione della misura, ma la decisione sotto il profilo dell’entità, durata e prescrizioni da applicare sono parametri che rientrano nel potere autonomo di valutazione del giudice della prevenzione.

Tale concetto è ribadito dalla costante giurisprudenza della Suprema Corte che ha stabilito in più occasioni il principio di autonomia del potere di valutazione del giudice che, in ogni caso, prescinde da quello di iniziativa processuale e consiste nella verifica della pericolosità sociale del prevenuto, non condizionata nemmeno dalle emergenze di altri procedimenti penali (cfr. Sez. 6, n. 4668 dell’8/01/2013. Parmigiano, Rv. 254417; Sez. 2, n. 26774 del 30/04/2013, Chianese, Rv. 256819).

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In conclusione la Corte rigettava il ricorso proposto dal ricorrente, la correttezza della decisione di merito e stabiliva che all’autorità di polizia spettava soltanto un mero potere di impulso del procedimento, fornendo gli elementi indiziari su cui si fondava la richiesta, ma la competenza a valutare in concreto tali elementi nel contraddittorio delle parti e a darne un’autonoma valutazione in fase di irrogazione spettava all’autorità giudiziaria.

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Avv. Marco La Grotta

Laurea Magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza, conseguita presso Università degli Studi di Bari "Aldo Moro". Pratica forense svolta in ambito civile, penale e amministrativo. Attestato di frequenza della Scuola Forense Taranto. Abilitazione alla professione di Avvocato conseguita presso la Corte di Appello di Lecce. Attualmente Avvocato iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Taranto ed esercita la professione forense prevalentemente in ambito penale.

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