L’accertamento con adesione rende il ricorso inammissibile
Commissione Tributaria Provinciale – Milano, 5 ottobre 2015, n. 7915/40/2015
L’accertamento con adesione impedisce la presentazione del ricorso al giudice tributario, anche qualora il contribuente non abbia pagato quanto concordato con il fisco.
La vicenda scaturisce da un accertamento dell’agenzia delle Entrate, nei confronti di una società, cui venivano contestati maggiori ricavi non fatturati, nonché indebite deduzioni di costi e omessa applicazione dell’Iva.
Successivamente alla firma dell’atto di adesione con l’ufficio, la società impugnava l’avviso, sostenendo di non esser stata informata delle ragioni della verifica fiscale da cui era scaturito l’atto (articolo 12, comma 2, della legge 212/2000 ); deduceva, pertanto, l’infondatezza della pretesa creditoria.
L’Agenzia, eccependo l’inammissibilità del ricorso, affermava che la sottoscrizione dell’atto di adesione impediva la possibilità di contestare l’avviso.
Nel dichiarare inammissibile la domanda, la Ctp ha rilevato che, per mezzo del proprio legale, la società aveva sottoscritto un atto di adesione, e cioè un accordo «che consente di definire tutte le imposte dovute e di prevenire, di conseguenza, una lite potenziale».
La firma preclude al contribuente la facoltà di impugnare il provvedimento impositivo, giacché l’atto di adesione – si legge nella motivazione della sentenza – «ha natura di transazione conservativa che si sostituisce all’accertamento originariamente emesso». Né assume rilevanza il fatto che la società non abbia versato l’importo concordato.
Nell’«accertamento con adesione, infatti, il pagamento delle imposte ha una valenza meramente esecutiva», sicché dopo la sottoscrizione non sono ammesse «rinunzie o ripensamenti» né è consentita la revoca o la modifica dell’accordo.
La Commissione non entrando, pertanto, nel merito delle questioni sollevate dalla società ricorrente, ha condannato la stessa al pagamento di € 12mila per spese processuali.
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