L’atteso riconoscimento dell’operazione di leverage buy out tra luci ed ombre

L’atteso riconoscimento dell’operazione di leverage buy out tra luci ed ombre

a cura di Davide Vecchione

Il 30 Marzo 2016 l’Agenzia dell’Entrate ha emanato la Circolare n. 6/E riconoscendo la legittimità delle operazioni di acquisizione con indebitamento. I chiarimenti forniti dall’Agenzia risentono indubbiamente della recente novella sull’abuso del diritto e dell’orientamento maggioritario della giurisprudenza circa la non elusività dell’operazione in esame. La circolare dell’Agenzia, pertanto, deve essere accolta positivamente; tuttavia, è bene evidenziare, che la posizione dell’amministrazione, è stata indotta e determinata dal citato quadro normativo e giurisprudenziale, di fronte al quale sarebbe stato contradditorio il mantenimento di un diverso orientamento. Da ultimo, è opportuno sottolineare che la circolare, nonostante molte contraddizioni, rappresenta un primo passo per rendere maggiormente attrattivo il mercato interno del private equity.

Prima dell’emanazione della Circolare n.6/E del 30 marzo scorso, sull’operazione di leverage buy out non esisteva un’interpretazione ufficiale da parte dell’Agenzia e ciò creava enormi difficoltà agli operatori del private equity. Tendenzialmente, l’Agenzia aveva qualificato l’acquisizione con indebitamento o “L.B.O.” come elusiva e nel corso degli anni, ha così incrementato la propria attività di accertamento nei confronti degli operatori del private equity, lasciando al giudice il compito di colmare eventuali lacune interpretative.

Al fine di ovviare siffatta situazione, gli operatori del settore hanno ripetutamente richiesto un confronto con l’Agenzia, per il pieno riconoscimento fiscale del L.B.O. eseguito nel rispetto delle finalità dell’ordinamento tributario.

Ciò premesso, per inquadrare correttamente la questione è opportuno ricordare che nel nostro ordinamento, con l’articolo 2501-bis, è stato riconosciuto ed introdotto lo schema del leveraged buy out, seppur a fronte di garanzie per l’effettivo equilibrio economico dell’operazione e di obblighi informativi; nello specifico per L.B.O. si intende un’operazione con la quale si acquisisce un’azienda o una partecipazione (di controllo o totalitaria) in una determinata società (anche a capo di un gruppo operativo), denominata “bersaglio” (target company), posta in essere mediante la creazione di un’apposita società veicolo (cd. Special Purpose Vehicle – SPV o BidCo o NewCo) che viene finanziata in parte, anche minima, mediante capitale proprio (equity) ed in parte mediante prestiti onerosi (debt). A seguito dell’operazione di indebitamento avviene un secondo passaggio che prevede una fusione per incorporazione o una fusione inversa tra la società Target e la società veicolo; il debito così contratto sarà ripianato con gli utili prodotti dalla nuova entità.

Alla luce di quanto esposto, si è generata una discrasia all’interno dell’ordinamento; l’operazione di acquisizione, legittima per il codice civile, seppure in presenza di dettagliate previsioni, veniva qualificata elusiva sotto il profilo fiscale; in particolare, l’Agenzia evidenziava che unico scopo dell’operazione fosse l’ottenimento di un indebito vantaggio fiscale, tramite la deduzione di interessi passivi e lo scomputo di perdite dalla base imponibile della società target. L’Agenzia in talune circostanze aveva considerato indeducibili anche gli interessi relativi al rifinanziamento del debito preesistente, in quanto connessi ad un’operazione L.B.O. L’agenzia, inoltre, contestava l’operazione anche sulla base delle seguenti criticità: la mancata inerenza del costo ai fini della deducibilità degli interessi passivi e l’applicazione della normativa relativa al transfert pricing con la conseguente qualificazione e valutazione dell’operazioni intercorse tra entità del medesimo gruppo in base al criterio del valore normale, disciplinato dall’art.9 del TUIR.

Tuttavia, le contestazioni dell’agenzia, non sempre venivano accolte dalla giurisprudenza, che, seppure con le dovute cautele, riconosceva la legittimità della fusione tra società veicolo e società target, consentendo alla società newco di dedurre gli interessi passivi.

Le contestazioni dell’agenzia oltre ad essere disconosciute dalla giurisprudenza, sono state contraddette anche dall’entrata in vigore dell’articolo 10-bis della legge n.212 del 2000, che ha abrogato il precedente articolo 37- bis del D.P.R. n.600 del 1973.

Il nuovo art. 10 bis dello Statuto ha definito abuso del diritto una o più operazioni, prive di sostanza economica, che seppur nel rispetto formale delle norme fiscali, abbiano realizzato essenzialmente vantaggi fiscali indebiti.

La norma ha individuato quali indici di mancanza di sostanza economica, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato.

Tuttavia, la norma non ha qualificato come abusive le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali anche di ordine organizzativo o gestionale, che abbiano risposto a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente.

Il richiamo alle valide ragioni extrafiscali per la valutazione dei comportamenti abusivi ha imposto una verifica non solo dei profili economici, ma anche degli elementi organizzativo-gestionali tramite i quali realizzare un miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda del contribuente; ne consegue che quando tra vari comportamenti previsti dal sistema fiscale su un piano di pari dignità, il contribuente abbia adottato quello fiscalmente meno oneroso, siffatta evenienza non è valutata oltremodo abusiva.

Alla luce del mutato quadro normativo, l’Agenzia non poteva che riconoscere la mancata elusività dell’operazione di leveraged buy out, mettendo così fine alla precedente incertezza interpretativa.

Nello specifico al paragrafo 2.2, l’agenzia ha affermato che: “la struttura scelta (nelle operazioni di MLBO) rispondendo a finalità extra-fiscali, riconosciute dal codice civile e spesso imposte dai finanziatori terzi, difficilmente potrebbe essere considerata finalizzata essenzialmente al conseguimento di indebiti vantaggi fiscali”. Alla luce di siffatto assunto, le eventuali contestazioni basate sulla normativa dell’abuso del diritto o sulla base del principio del divieto di abuso del diritto o sulla base dell’art. 37-bis del D.P.R. n.600 del 1973, ovvero dell’articolo 10- bis, in relazione al vantaggio fiscale conseguito attraverso la deduzione degli oneri finanziari, dovranno essere riconsiderate dagli uffici ed eventualmente abbandonate, salvo la circostanza in cui non si riscontrino ulteriori profili di artificiosità dell’operazione.

Il riconoscimento della legittimità dell’operazione ha determinato i seguenti corollari giuridici.

L’agenzia, al paragrafo 2.1., ha affermato, anzitutto, che gli interessi passivi derivanti da operazioni di acquisizione con indebitamento debbano essere considerati, in linea di principio, inerenti e, quindi deducibili, nei limiti dell’art. 96 del T.U.I.R.

La circolare ha ritenuto opportuno altresì dichiarare, nell’ambito di operazioni di fusione conseguenti ad operazioni di M.L.B.O., la disapplicazione dell’articolo 172, comma 7, a mente del quale, le perdite fiscali e le eccedenze di interessi passivi indeducibili possono essere riportate in diminuzione per la parte del loro ammontare che non eccede il limite del patrimonio netto della società che le ha prodotte; in tal caso per la portabilità delle perdite, si deve tenere conto dei conferimenti e versamenti degli ultimi 24 mesi. L’articolo 172, comma 7 prevede inoltre la portabilità delle perdite a condizione che venga superato il c.d. test di vitalità [1] da parte della società in perdita; in siffatta ipotesi si deve fare riferimento alla media degli ultimi due esercizi.

Nella maggior parte delle circostanze la società newco, generata a seguito di un’operazione di M.L.B.O., raramente potrebbe soddisfare i parametri richiesti dalla normativa, bloccando di fatto l’opportunità del riporto delle perdite. Al riguardo, l’agenzia ha riconosciuto, in merito al test di vitalità, la possibilità di utilizzare ulteriori fattori, al fine di rispettare il limite di cui al citato comma 7 dell’articolo 172. Per quanto concerne il limite del patrimonio netto, invece, la circolare ha sostenuto che i conferimenti effettuati non sono volti a consentire un pieno, quanto artificioso, recupero delle perdite fiscali. L’agenzia ha così concluso che, laddove le perdite e le eccedenze attengano ai finanziamenti della società veicolo, si potranno disapplicare i limiti previsti dall’art. 172, comma 7.

In considerazione di tutto quanto sopra esposto, nonostante sia da salutare positivamente l’approccio dell’agenzia sulle questioni menzionate, si ritiene che i chiarimenti forniti in merito alla riqualificazione degli shareholder loans, al trattamento dei dividendi corrisposti alle HoldCo e alle ritenute da applicare agli IBLOR opachi, non siano del tutto condivisibili e anzi, non consentono di realizzare l’obiettivo di rendere il nostro paese più attrattivo per gli investitori stranieri del private equity.


 

[1] Se risulta un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica, ed un ammontare di spese per prestazioni di lavoro e relativi contributi, superiore al 40% di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori alla data di bilancio o della situazione.

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