L’avvocato stabilito non deve avere una condotta specchiatissima e illibata
Cass. Civ., sez. Unite Civili, 4 marzo 2016, n. 4252
Solo nel momento in cui, dopo tre anni, l’avvocato stabilito richieda di essere iscritto all’Albo degli avvocati il Consiglio dell’ordine può verificare la sussistenza di tutti i requisiti previsti dall’ordinamento forense.
Il caso
Nel caso in esame il Consiglio dell’Ordine aveva respinto la richiesta di iscrizione all’albo, nella sezione degli avvocati stabiliti, di un professionista “abogado” poiché questi era stato condannato per reati di falsità materiale e contraffazione di pubblici sigilli. Anche il CNF condivideva la posizione argomentando che il richiedente non era in possesso del requisito della condotta specchiatissima e illibata prescritta dall’Ordinamento forense (Legge n. 247/12). La questione è, poi, giunta all’esame delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
La decisione
Gli unici obblighi dell’avvocato straniero sono quelli di essere residente nello stato Italiano e di eleggere un domicilio professionale in Italia presso un collega iscritto nella sezione ordinaria dell’Albo. Dopo tre anni di effettiva attività in Italia può richiedere di essere iscritto anch’egli presso la sezione ordinaria. Orbene l’iscrizione alla sezione speciale dell’Albo degli avvocati comunitari stabiliti è subordinata alla sola iscrizione presso la corrispondente Autorità straniera di altro Stato membro: in altre parole gli unici requisiti legittimanti sono quelli indicati nell’art. 6, secondo comma, del d.lgs. n. 96/01. Verrebbe da dire che la legge non è uguale per tutti!
Infatti, solo qualora l’avvocato stabilito, dopo tre anni, richieda l’iscrizione presso la sezione ordinaria dell’Albo il Consiglio dell’Ordine può valutare il possesso, o meno, dei requisiti da parte del candidato. Nelle more l’Organo di vigilanza potrà segnalare all’Autorità straniera competente la sussistenza di un requisito ostativo all’iscrizione affinché detta possa prendere gli opportuni provvedimenti.
Attenzione però. La Corte di legittimità, in ogni caso, ha precisato che ove un cittadino di uno stato membro si rechi all’estero per acquisire il titolo di avvocato per poi rientrare nel proprio paese di origine costituisce una ipotesi di abuso del diritto, ostativa all’iscrizione, che può essere sempre valutata dal Consiglio dell’Ordine.
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