Le dimissioni per giusta causa: caratteri generali ed ambito di applicazione
Nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto in modi e forme però diverse; mentre il lavoratore è libero di recedere dal rapporto in qualsivoglia momento senza alcuna motivazione, salvo rispettare i termini di preavviso stabiliti dalla legge o come più diffusamente dai CCNL, il datore di lavoro invece è vincolato dalla sussistenza di un giustificato motivo oggettivo, ovvero soggettivo o giusta causa ex art. 2119 c.c.
Nel caso il recesso sia di parte datoriale, tale provvedimento si identifica con il più comune e diffuso termine di “licenziamento”, mentre, in caso avvenga da parte del dipendente, questo prende il nome di “dimissioni”. Quest’ ultime, rappresentano un negozio unilaterale recettizio idoneo a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro dal momento in cui il datore di lavoro ne venga a conoscenza e indipendentemente dalla volontà di quest’ultimo di accettarle ( cfr. Cass 07 /20787).
Come già indicato, il lavoratore deve osservare obbligatoriamente il termine di preavviso, variabile a seconda delle figure professionali, dei livelli di inquadramento , ovvero dei CCNL. Nel lasso di tempo intercorrente la comunicazione e la definitiva uscita dal rapporto, continuano a sussistere gli obblighi di fedeltà e correttezza così come il diritto a percepire la retribuzione o la maturazione del TFR. Invero, le parti possono accordarsi per non veder più resa alcuna prestazione in tale periodo, previa rinuncia del lavoratore all’indennità di preavviso relativa al predetto periodo .
Nel caso invece in cui non sia possibile la prosecuzione del rapporto di lavoro per gravi inadempienze del datore di lavoro, tali da “obbligare” il dipendente a recedere , avremo le cosiddette “dimissioni per giusta causa” .
In questo specifico caso, il lavoratore non è gravato dall’obbligo di preavviso poichè la responsabilità del recesso è da ascrivere alla grave condotta del datore che impedisce qualsiasi prosecuzione del rapporto di lavoro. Nel caso in cui il datore di lavoro neghi l’esistenza di una giusta causa alla base del recesso del lavoratore, e si rifiuti così di versare l’indennità sostitutiva del preavviso, il lavoratore potrà agire in giudizio per chiedere l’accertamento della giusta causa delle dimissioni, e vedersi riconosciuto il diritto a percepire tale indennità, oltre che per la restituzione dell’importo eventualmente trattenuto a titolo di mancato preavviso. Il nostro sistema non prevede però, allo stato attuale, una esplicita tipizzazione delle gravi inadempienze del datore di lavoro , ma, l’elaborazione giurisprudenziale congiuntamente ad alcune fattispecie previste dai singoli CCNL, ci permette di individuare quali “giusta causa” di dimissioni ad esempio :
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La ritardata ovvero mancata corresponsione della retribuzione o delle parti più importanti di essa, purchè tale condotta risulti essere reiterata, non giustificabile e di non tenue entità; così , ad esempio, il mancato pagamento delle retribuzioni per un periodo di oltre quattro mesi costituisce certamente giusta causa di risoluzione del rapporto, essendo stato il lavoratore privato dell’unica fonte di sostentamento (Trib. Milano 10/5/2013, Giud. Ravazzoni, in Lav. nella giur. 2013, 854);
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Il mancato versamento dei contributi assistenziali e previdenziali (la cui reiterazione ed importo contribuiscono ad individuare tale fattispecie come illecito civile, ovvero penale);
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Il progressivo peggioramento delle mansioni lavorative, ovvero ingiustificato demansionamento; tutto ciò in quanto l’attribuzione ad un lavoratore di mansioni inferiori a quelle spettanti determina non solo un pregiudizio morale, ma anche un pregiudizio economico (devalorizzazione progressiva delle prestazioni che il lavoratore può offrire sul mercato del lavoro), costituendo giusta causa di dimissioni la violazione del diritto del lavoratore al rispetto della sua personalità fisica e morale, la modifica arbitraria delle fondamentali condizioni contrattuali, l’inadempimento degli obblighi che costituiscono il corrispettivo della prestazione di lavoro, disposta in contrasto con l’art. 2103 c.c. (Cass. 2/2/98 n. 1021, pres. Rapone, est. Berni Canani, in D&L 1998, 1052);
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Le molestie sessuali; così , ad esempio, laddove risultino provate a danno della lavoratrice molestie sessuali concretizzatesi in fatti lesivi della sua personalità e dignità, idonei a suscitare fastidio in un contesto in cui la persona offesa si trovi, anche da un punto di vista psicologico, in una situazione di inferiorità, tali fatti integrano giusta causa di dimissioni (Trib. Milano 16 giugno 1999, pres. Mannacio, est. Sbordone, in D&L 2000, 787);
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La pretesa datoriale nei confronti del dipendente di porre in essere condotte illecite;
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Le variazioni unilaterali delle condizioni di lavoro quale conseguenza di cessione di azienda;
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Le modifiche unilaterali delle principali condizioni contrattuali;
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Le vessazioni sul luogo di lavoro; tale condizione sussiste al verificarsi di condotte che si manifestano in allontanamenti, trasferimenti non motivati e privi del requisito dell’esigenza tecnica, ingiurie, comportamenti offensivi e discriminatori nei confronti del dipendente.
E’ bene precisare che le dimissioni per giusta causa, pur non derivando da alcuna contestazione disciplinare, devono allo stesso modo rispettare il requisito di immediatezza e l’obbligo di indicare specificatamente la causa che non ha consentito la prosecuzione del rapporto con conseguente immediata interruzione della prestazione lavorativa ( Cass. 2/7/2014, n. 15079)
A differenza del lavoratore che decide di recedere liberamente dal rapporto, il dipendente costretto alle dimissioni per giusta causa, una volta provveduto a perfezionare il procedimento ( notifica al datore e conferma on line attraverso l’ente INPS come attualmente la normativa vigente prevede ), può accedere a misure di sostegno come l’indennità di disoccupazione, allegando però obbligatoriamente, alla modulistica di rito ogni documento necessario a provare la sussistenza della giusta causa, ovvero l’inizio di una controversia con il datore di lavoro (querela, ricorsi d’urgenza, ingiunzioni di pagamento etc….. )
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Andrea Pagnotta
Praticante e collaboratore presso studio legale in Roma
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