Le nuove frontiere dell’e-government
Il Capo III della legge 7 agosto 1990, n. 241, concretizza la realizzazione dei principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione (art. 97 Cost.), cercando di assicurare – nel miglior modo possibile – una corretta manifestazione autoritativa della stessa. La partecipazione sarebbe, quindi, assicurata dal contraddittorio come mezzo di riequilibrio tra le parti che non si pongono più in maniera verticalmente orientata.
Il medesimo presupposto anima anche il d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale, CAD) che all’art. 2, comma 1, precisa come «lo Stato, le Regioni e le autonomie locali assicurano la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in maniera digitale», garantendo la partecipazione al procedimento amministrativo informatico (art. 4) e organizzandosi in maniera tale da realizzare gli «obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione nel rispetto dei principi di uguaglianza e non discriminazione, nonché per la garanzia dei diritti dei cittadini e delle imprese di cui al Capo I, Sezione II» (art. 12).
Il punto centrale risiede nell’attualissima questione dell’inostacolata conoscibilità dei dati personali detenuti ed utilizzati, soprattutto in vista della formazione del fascicolo informatico che viene condiviso da una eventuale pluralità di amministrazioni (art. 41 del CAD), nonché dell’accesso ai dati e ai documenti della pubblica amministrazione anche se non sono stati resi pubblici (in base a quanto previsto dal d. lgs. 25 maggio 2016, 97, che introduce il Freedom of Information Act). Da qui, la chiave di volta per assicurare un’attività valutativa pubblica attraverso il diritto di “proprietà” digitale dei dati adoperati, spingendo l’e-government (delineata dai primi articoli su richiamati) verso l’e-democracy (art. 9 del CAD) con apprezzabili risultati di “ri-fidelizzazione” degli amministrati.
Il lato negativo della vicenda consisterebbe in un certo appesantimento della macchina burocratica a discapito del principio di efficienza (effetto connaturato al differente bilanciamento dell’endiadi ex art 97 Cost.), che potrà essere attenuato nei prossimi anni (di fatto dal 2018) con l’introduzione del «domicilio digitale» e dal Sistema Pubblico per la gestione dell’Identità Digitale (SPID); ulteriormente aggravato, invece, dalla tutela del diritto alla privacy. Il Garante per la protezione dei dati personali ha infatti adottato un provvedimento del 4 luglio 2013 (“Linee guida redatte dall’Agenzia per l’Italia Digitale ai sensi dell’art. 58, comma 2, del d. lgs, 7 marzo 2005, n. 82”, approvate con modifiche e integrazioni) che sembra mettere i paletti ad «accessi non autorizzati o trattamenti non consentiti o non conformi alla finalità di raccolta dei dati». Sulla base di queste Linee guida, l’Autorità ha effettuato negli ultimi anni interventi in materia di dati sanitari, dati giudiziari, vitalizi, regime pubblicitario della morosità tributaria, benefici economici, pubblicazione sull’albo pretorio e diffusione in rete di fotografie e video, dimostrando un’attenta ed oculata valutazione degli interessi in gioco (vedi Relazioni annuali 2014 e 2015). Sono inoltre «state chieste ulteriori specificazioni a maggior garanzie degli interessati, come ad esempio quella di perfezionare la descrizione dei livelli di sicurezza delle identità digitali anche al fine di garantire una maggiore coerenza con quanto previsto all’art. 8 regolamento (UE) n. 910/2014 del 23 luglio 2014, in materia di livelli di garanzia dei mezzi di identificazione elettronica»
Tirando le somme, è possibile affermare che l’azione riformatrice avviata dal legislatore è maggiormente protesa alla logica inclusiva della collaborazione dal basso (sulla leva dei diritti digitali), monitorata dall’attività regolatoria delle Autorità indipendenti. Da un lato, il privato fornisce aggiornamenti in tempo reale ad una pluralità di amministrazioni, sgravandole dall’onere di acquisire informazioni (limando il problema dell’asimmetria informativa), dall’altro l’amministrazione ha il dovere di gestire ed archiviare (si pensi all’eliminazione dell’obbligo dei privati di conservare ricevute di pagamento e bollette dei gestori di servizi pubblici, come previsto dallo schema di d. lgs. del nuovo CAD), limitare o consentire l’interoperabilità con le altre amministrazioni, essere controllata nella raccolta e nell’utilizzo dei dati. Si tratta, in definitiva, di nuove frontiere dell’e-government, ovvero quelle delle sharing politics.
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Marcello Donadio
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