Le Sezioni Unite sul contratto di assicurazione, la clausola claims made non è vessatoria
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la pronuncia in esame, tornano ad occuparsi della tanto discussa clausola “claims made”, concernente i contratti di assicurazione sulla responsabilità civile.
La clausola claims made è largamente utilizzata nei contratti di assicurazione della responsabilità professionale e prevede il possibile sfasamento tra l’indennizzo dovuto dalla compagnia assicuratrice, al verificarsi di un determinato evento, e il pagamento del premio da parte dell’ assicurato. Nello specifico possono risultare coperti da assicurazione comportamenti anteriori alla stipula del contratto e, al contrario, possono risultare scoperti comportamenti che, sebbene tenuti dall’ assicurato durante il periodo di validità del contratto tuttavia vengono denunciati in un periodo successivo alla scadenza dello stesso.
La natura di questa clausola è stata oggetto di molteplici dibattiti in dottrina e di pronunce discordanti nella giurisprudenza sia di merito che di legittimità.
Una parte della dottrina, partendo dalla lettura dell’ art. 1917 c.c. in combinato disposto con l’art. 1895 c.c., ha ritenuto tali clausole nulle poiché contrastanti con i principi che reggono la materia dei contratti; l’art. 1895 c.c., infatti, prevede la nullità del contratto di assicurazione nel caso in cui il rischio non è mai esistito o è cessato prima della conclusione del contratto. Per tale motivo, tali clausole sono state ritenute nulle poiché fondano la loro esistenza su eventi anteriori la cui pretesa risarcitoria avviene durante la vigenza del contratto.
Altra parte della dottrina, invece, è giunta a conclusioni antitetiche, sostenendo che il danno effettivo nel patrimonio dell’assicurato non si verifica al momento dell’evento bensì al momento in cui danneggiato aziona la pretesa risarcitoria. Per tale motivo le clausole in questione possono ritenersi valide.
La Suprema Corte è intervenuta in materia nel 2005 (Cass., 15 marzo 2005 n. 5624) affermando il principio secondo cui le clausole claims made , in ragione della libertà e l’autonomia contrattuale delle parti prevista dal codice civile all’ art. 1322 ,non sono nulle e ha definito il contratto di assicurazione, contenente una clausola claims made, come contratto atipico.
Una volta chiarita la validità si è posto il problema della vessatorietà.
A tal proposito sono intervenute di recente le SS.UU. (sentenza 06/05/2016 n° 9140, Pres. Rordorf, rel. Amendola).
Il caso trae origine dalla pretesa di un paziente che conviene in giudizio un ente ospedaliero, soggetto assicurato, per rispondere di un errore medico. L’ente ospedaliero chiama in manleva le assicurazioni con le quali aveva concluso delle polizze per la responsabilità professionale. Le società coassicuratrici si oppongono alla richiesta ed invocano l’operatività della clausola claims made, inserita nella polizza, poiché la richiesta risarcitoria sarebbe stata formulata successivamente alla fine del contratto. In particolare il fatto di danno era avvenuto durante il periodo di vigenza della polizza, mentre la richiesta risarcitoria era stata presentata dal paziente a contratto ormai esaurito.
La Suprema Corte afferma il seguente principio: “nel contratto di assicurazione della responsabilità civile la clausola che subordina l’operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque, entro determinati periodi di tempo, preventivamente individuati (c.d. clausola claims made mista o impura) non è vessatoria; essa, in presenza di determinate condizioni, può tuttavia essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia applicabile la disciplina di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005, per il fatto di determinare, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto; la relativa valutazione, da effettuarsi dal giudice di merito, è incensurabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata.”
Nella succitata pronuncia la Suprema Corte ha altresì individuato le diverse tipologie di clausole claims made:
-le clausole miste (o impure) le quali prevedono l’operatività della copertura assicurativa solo quando tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano nel periodo di vigenza del contratto, con retrodatazione della garanzia, in taluni casi, alle condotte poste in essere in epoca anteriore (in genere due o tre anni dalla stipula del contratto);
– le clausole pure, che, invece, sono destinate a coprire tutte le richieste risarcitorie formulate nei confronti dell’assicurato nel periodo di vigenza della polizza, indipendentemente dalla data di commissione del fatto illecito.
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Valeria Rossini
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