Limiti al potere di ordinanza della P.A.
La peculiarità delle ordinanze extra ordinem
Le ordinanze di necessità ed urgenza, dette anche libere e normative, sono atti a contenuto atipico che l’amministrazione, sulla base di specifiche previsioni legislative, tra cui quella contenuta nell’art. 54 del Tuel, è abilitata ad adottare per fronteggiare situazioni eccezionali ( emergenze sanitarie, igiene pubblica, finalità di prevenzione di gravi pericoli per l’incolumità pubblica), anche derogando alla normativa di rango primario, ma pur sempre nel rispetto della Costituzione e dei principi generali dell’ordinamento.
L’attitudine delle ordinanze extra ordinem di derogare alla disciplina di rango primario, sia pure in via provvisoria ha fatto sorgere dubbi sulla natura giuridica in capo alla dottrina che ha elaborato diverse tesi.
Secondo una prima opinione le ordinanze in questione hanno natura normativa e vanno inquadrate tra le fonti di secondo grado, cui la legge consente in via del tutto eccezionale di derogare alle norme primarie. Si valorizza a tal fine il carattere generale ed astratto delle ordinanze, idonee a trovare applicazione in un numero di casi non predeterminato né determinabile, rivolgendosi alla generalità dei consociati. Altro elemento a sostegno di tale tesi è rinvenuto nella capacità di tali ordinanze di derogare alle leggi pur se per periodi brevi e determinati. Tali ordinanze non hanno valore di legge e permane la loro sottoposizione al sindacato del G.A.
Secondo un’altra ricostruzione dottrinale, avallata anche dalla Corte Costituzionale, questo tipo di ordinanze hanno natura di provvedimenti amministrativi.
Si rimarca l’eccezionalità del potere, temporalmente limitato, conferito all’ amministrazione, abilitata solo ad introdurre una deroga alla disciplina di rango primario, ma non ad abrogarla o modificarla: l’innovatività, carattere ineludibile delle fonti normative, sarebbe assente in questo tipo di ordinanze. A sostegno di tale orientamento si sottolinea il frequente contenuto concreto delle ordinanze, idonee ad incidere su situazioni giuridiche soggettive. Pertanto, sia che si rivolgono a destinatari determinati, prescrivendo loro un comportamento puntuale, sia che dispongano per una generalità di soggetti, sono provvedimenti amministrativi, ma sottratti al sindacato di costituzionalità.
Per un terzo orientamento, intermedio, bisogna evitare generalizzazioni, dovendosi attendere il riscontro della natura giuridica dell’ordinanza di necessità in concreto verificando l’effettiva consistenza del relativo contenuto. Ѐ necessario utilizzare un criterio fattuale, analizzando i singoli casi per valutare se l’ordinanza intenda introdurre una norma generale ed astratta, derogatoria della legge; oppure se, diretta a regolamentare un singolo caso concreto, mantenga la natura di atto amministrativo.
Caratteristica maggiore delle ordinanze di necessità ed urgenza è il presupposto facoltizzante l’esercizio del potere amministrativo, ossia la circostanza che la loro adottabilità presuppone, sulla base di una esplicita previsione normativa, una situazione di eccezionalità ed urgenza, per fronteggiare la quale il legislatore invita l’amministrazione ad adottare qualsivoglia misura, il cui contenuto non è tipicamente indicato dalla norma. A tal proposito, connotato essenziale delle ordinanze di necessità ed urgenza è dato dalla tipicità contenutistica, atteso che il legislatore non stabilisce qual è il contenuto dell’atto che l’amministrazione ha facoltà di porre in essere, rimettendo a quest’ultima il potere di definire questo contenuto così da adottare atti adeguati allo scopo di necessità ed urgenza.
Il contenuto non è previsto in modo specifico da alcuna norma giuridica, di modo che l’ordinanza è emessa o in deroga al diritto, nel senso che il provvedimento viene adottato per la disciplina di una fattispecie non espressamente prevista; oppure in deroga a specifiche disposizioni di legge, che prevedono per quella fattispecie, in condizioni di normalità, una diversa disciplina.
Va evidenziato come nelle ordinanze di questo tipo possa essere forte il rischio di conflittualità con il principio di legalità dell’azione amministrativa, derivante dal riconoscimento legislativo, in favore di talune autorità amministrative, di siffatti poteri di ordinanza.
Per effetto del principio di legalità inteso in senso sostanziale, non è consentito che la descrizione legislativa del potere assegnato all’ amministrazione si connoti con un’assoluta indeterminatezza, con il conseguente riconoscimento normativo di una totale libertà al soggetto od organo investito della funzione.
Non è sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore, ma è indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel contenuto e nelle modalità, in modo che sussista una, pur elastica, copertura. Tali tipi di ordinanze si pongono in tensione con il principio di legalità perché per le loro caratteristiche segnano una deroga rispetto ai connotati classici dell’ agere amministrativo, quali la tipicità e nominatività.
Altra tipologia di atti che possono essere emanati dall’ amministrazione sono i cosiddetti atti necessitati che si caratterizzano per essere adottati al ricorrere di una situazione di eccezionalità tipizzata, ma che non entrano in contrasto con il principio di legalità poiché si tratta di atti tipici e nominati, perché la situazione di necessità che consente l’esercizio del potere dell’amministrazione è dalla norma attributiva espressamente indicata e puntualmente descritta; il loro contenuto è individuato in astratto dal legislatore. A questa tipologia vanno ricondotti quei provvedimenti la cui adozione è dal legislatore subordinata al riscontro in sede amministrativa di talune situazioni di pericolo individuate dalla norma attributiva del potere, come ad esempio in caso di occupazione ed urgenza preordinata all’espropriazione, di cui all’art. 22 –bis, D.P.R. n° 327/2001.
Nell’esercizio del potere amministrativo di emanare ordinanze, tuttavia, l’amministrazione incontra taluni fondamentali ineludibili limiti.
Innanzitutto, il potere di ordinanza incontra limiti sostanziali in quanto le ordinanze devono essere adottate nel rispetto dei precetti costituzionali, tra cui la separazione dei poteri, non potendo la pubblica amministrazione, esercitare poteri spettanti ad altri organi di rilievo costituzionale, quale quello legislativo, pur essendo consentita la deroga ( provvisoria e limitata nel tempo) a norme di legge. L’effettività del principio di legalità è, comunque, garantita quando non siano oltrepassati i limiti che ne assicurano la conformità all’ordinamento, costituiti dall’efficacia definita nel tempo, dalla motivazione adeguata e dalla rispondenza ai principi generali dell’ordinamento.
Tra i principi generali che si frappongono ai notevoli margini di manovra di cui dispone l’amministrazione titolare del potere di emanare ordinanze vi è quello costituito dal doveroso principio di proporzionalità. Considerando che l’ordinanza di necessità adottata a tutela di interessi collettivi, spesso incide su interessi di soggetti determinati. Per tale motivo vi è la necessità, da parte della P.A., di adottare la soluzione più idonea e adeguata, comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti. In altri termini, le ordinanze contingibili e urgenti devono far fronte alle situazioni di pericolo utilizzando misure che salvaguardino l’interesse pubblico con il minor sacrificio di quello privato, e sono illegittime se contengono misure sproporzionate, imponendo un sacrificio maggiore in capo al privato, rispetto alla salvaguardia del pubblico interesse, raggiungibile con misure alternative.
In merito all’ osservanza delle normative comunitarie come limite al potere di ordinanza ci sono stati dei contrasti giurisprudenziali che hanno evidenziato due diverse tesi.
Secondo la prima, la riconosciuta possibilità di introdurre deroghe alle norme di rango primario consente anche deroghe alle norme comunitarie.
Secondo la tesi contraria alla derogabilità del diritto comunitario, spetta al giudice assicurare la primazia della norma comunitaria, disapplicando la disciplina nazionale in contrasto con quella dell’unione europea. Si è osservato che, se la primazia del diritto comunitario nel nostro ordinamento comporta che anche l’atto di legislazione primaria deve osservare la normativa comunitaria, non può consentirsi ad un atto, per quanto di necessità ed urgenza, di derogare alla normativa comunitaria; tutto ciò per evitare di porre quell’ atto su un gradino superiore rispetto alla norma di legge, in violazione del principio di gerarchia delle fonti.
Altro limite che incontra il potere extra ordinem è quello temporale.
Anche qui si contraddistinguono due diverse tesi giurisprudenziali.
La prima afferma che l’arco temporale è delimitato; nello specifico, si sostiene che il potere di adozione di ordinanze di urgenza, per sua natura provvisorio, deve necessariamente avere un limite temporale, di modo che, venuta meno l’urgenza e la contingibilità e stabilizzata la situazione, non potrebbe più giustificarsi la sussistenza di tali particolari provvedimenti.
Per differente posizione, non può escludersi a priori la permanenza delle ordinanze d’urgenza; le stesse, essendo volte alla tutela dell’incolumità collettiva, devono adattarsi alle situazioni di pericolo più imprevedibili. Ne consegue che, soltanto a seguito di un esame del caso concreto, si può valutare se l’intervento deve assumere o meno carattere temporaneo.
Questa tesi è sostenuta dal Consiglio di Stato, secondo cui la temporaneità o provvisorietà delle ordinanze contingibili e urgenti non è coerente con l’esigenza di elasticità che deve connotare il potere extra ordinem, adattabile alle più imprevedibili situazioni di rischio per gli interessi contemplati dalla legge. Ne deriva che, ove la fattispecie concreta richieda misure provvisorie, sarà legittimo il ricorso ad ordinanze extra ordinem prive di limite temporale.
Infine, si impone alla P.A. che adotta l’ordinanza il rispetto dei limiti procedurali, in particolare degli obblighi di motivazione e di adeguata istruttoria.
Il primo è quello in generale posto dall’art. 3 della Legge N. 241/1990, non essendo ammesso contravvenire all’obbligo di motivazione neanche in casi di maggiore urgenza.
Viceversa, l’eccezionalità del potere, l’atipicità contenutistica degli atti in questione, la devoluzione alla stessa amministrazione del compito di verificare in concreto la sussistenza dei presupposti di adottabilità dell’atto, impongono una più accentuata attenzione nell’ esplicitazione dei motivi e quindi una motivazione particolarmente “ rinforzata” che dia conto della sussistenza dei presupposti di esercizio del potere extra ordinem. L’urgenza non fa venir meno l’obbligo di condurre un’adeguata istruttoria ai fini dell’adozione dell’atto, dei cui esiti la P.A. deve dar conto in motivazione.
Pur non essendo talvolta possibile, a causa dell’urgenza, condurre accertamenti istruttori complessi e laboriosi, l’amministrazione è tenuta a quelli strettamente necessari a verificare se sussistano i rischi concreti paventati e quindi se esista la reale necessità ed urgenza di provvedere.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Ideatore, Coordinatore e Capo redazione avv. Giacomo Romano
Copyrights © 2015 – Salvis Juribus - ISSN 2464-9775
Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
The following two tabs change content below.
Oriana Cossa
Latest posts by Oriana Cossa (see all)
- Limiti al potere di ordinanza della P.A. - 2 January 2017