L’Italia deve adottare un sistema di indennizzo per le vittime dei reati dolosi violenti
La Grande Sezione della Corte di Giustizia in data 11 ottobre 2016 ha pronunciato la sentenza nel procedimento C-601/14 (Commissione Europea c. Repubblica Italiana) in ordine all’adozione di un sistema di indennizzo delle vittime di tutti i reati intenzionali violenti commessi sul proprio territorio, è venuta meno all’obbligo ad essa incombente in forza dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all’indennizzo delle vittime di reato (GU 2004, L 261, pag. 15).
Occorre precisare che la direttiva 2004/80/CE del consiglio del 29 aprile 2004 avente ad oggetto l’indennizzo delle vittime di reato istituisce, in applicazione del principio di libera circolazione di persone nell’Unione Europea, un sistema di cooperazione tra stati volto ad assicurare un facile indennizzo alla vittima che, in caso di reati intenzionali violenti commessi in uno stato diverso da quello di residenza abituale, potrà richiederne il pagamento ad un organismo appositamente istituito dello stato di residenza.
Gli Stati membri devono quindi istituire o designare una o più autorità o altri organismi competenti per le richieste di indennizzo e la successiva erogazione, con l’espresso impegno a limitare le formalità amministrative necessarie per la domanda di indennizzo allo stretto indispensabile.
In particolare in relazione ai sistemi di indennizzo nazionali l’articolo 12 della direttiva prevede che le disposizioni si applichino sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori e che pertanto tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l’esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime.
Lo Stato italiano ha attuato la direttiva con d.lgs. n. 204/2007 e con decreto ministeriale n. 222 del 23 dicembre 2008, tuttavia la Commissione ha ritenuto che tali norme, unitamente alle leggi speciali in materia già esistenti, fossero insufficienti in quanto non costituenti un sistema generale di indennizzo in grado di coprire tutte le tipologie di reati dolosi violenti ed ha quindi contestato all’Italia l’inadempimento.
A seguito di scambi infruttuosi con la Repubblica italiana, la Commissione ha inviato a quest’ultima, il 25 novembre 2011, una lettera di diffida nella quale contestava a tale Stato membro di non prevedere nella sua normativa un sistema generale di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti, contrariamente alle prescrizioni che derivano, secondo tale istituzione, dall’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80, e la invitava a presentare le proprie osservazioni su tale punto.
Nella sua risposta del 14 maggio 2012, la Repubblica italiana ha presentato un progetto di interventi legislativi volti a creare un sistema generale di indennizzo. Non essendo stato presentato alcun calendario legislativo per l’attuazione di detto progetto, la Commissione ha dato seguito al procedimento sino alla proposizione del ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte di Giustizia.
L’Italia si è difesa eccependo l’invalidità dell’art. 12 e sostenendo quindi che la direttiva imponesse unicamente di consentire ai cittadini di altri Stati membri l’accesso ai sistemi di indennizzo già previsti dalle norme nazionali applicabili ai propri cittadini.
La Corte di Giustizia nella sentenza in commento ha precisato che secondo una costante giurisprudenza della Corte, in mancanza di una disposizione del TFUE che lo autorizzi espressamente, uno Stato membro non può utilmente eccepire l’illegittimità di una direttiva di cui sia destinatario come argomento difensivo contro un ricorso per inadempimento basato sulla mancata esecuzione di tale direttiva, a meno che l’atto impugnato fosse inficiato da vizi particolarmente gravi ed evidenti, al punto da potersi considerare inesistente (cfr., sentenza del 29 luglio 2010, C-189/09) e, dato che l’Italia non ha fornito alcun elemento in grado di provare un vizio tale da mettere in discussione la stessa esistenza della norma di cui al menzionato art. 12, si deve concludere che tale norma sia pienamente valida.
La Corte ha poi ribadito come l’art. 12 abbia la finalità di istituire un sistema di indennizzo in ciascuno stato membro per ogni tipo di reato violento e doloso, e che, per quanto gli stati abbiano la competenza esclusiva a determinarne la nozione in base al diritto interno, non possono limitare il campo di applicazione dell’indennizzo soltanto ad alcuni reati dolosi e violenti, incorrendo in caso contrario in violazione di norme UE.
La Grande Sezione della Corte di Giustizia ha pertanto dichiarato la Repubblica Italiana inadempiente rispetto alla rispetto alla direttiva 2004/80/CE.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Ideatore, Coordinatore e Capo redazione avv. Giacomo Romano
Copyrights © 2015 – Salvis Juribus - ISSN 2464-9775
Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
The following two tabs change content below.
Avv. Ida Santalucia
Latest posts by Avv. Ida Santalucia (see all)
- Le spese di mediazione devono essere rimborsate dal soccombente in giudizio - 11 January 2017
- Mediazione: la comunicazione di mancata partecipazione è valida? - 28 December 2016
- Mediazione demandata: per la tempestività del deposito della domanda rileva la data di invio e non di ricezione - 8 November 2016