Mancato rispetto dell’alt della polizia: non è reato ma solo illecito amministrativo
Commento a Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 9 settembre – 11 ottobre 2016, n. 42951
“Il mancato rispetto dell’obbligo di arresto all’invito degli agenti in servizio di polizia stradale – integra la violazione amministrativa all’art. 192, comma primo, cod. strad. e non il reato di cui all’art. 650 cod. pen.”
Con sentenza dello scorso 11 ottobre, la quarta sezione penale della Corte di Cassazione ha creato un precedente degno di nota in materia di reati stradali in relazione alla specifica ipotesi di invito delle forze dell’ordine a fermarsi e contestuale obbligo di arresto da parte del conducente.
Come noto, infatti, un pregresso orientamento giurisprudenziale riteneva sussistente, in questo caso, la contravvenzione di “Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità” ai sensi dell’art. 650 c.p., o addirittura, nell’ipotesi di condotta caratterizzata da violenza o minaccia, la resistenza a pubblico ufficiale ex art. 337 c.p.
Nel caso di specie l’imputato, dopo la conferma in appello della decisione del Giudice di prime cure del Tribunale di Avezzano, ha proposto ricorso in Cassazione avverso tutti i punti della sentenza che lo vedevano colpevole rispetto a più capi d’imputazione.
Gli Ermellini hanno ritenuto fondato il ricorso solo in relazione all’art. 650 c.p., accogliendo l’argomentazione della difesa secondo cui il mancato rispetto dell’obbligo di fermarsi a seguito dell’”alt” intimato dalle forze dell’ordine integri il semplice illecito amministrativo di cui all’art. 192 primo comma CdS, con la corrispondente sanzione al pagamento di una somma di denaro.
Invero, il principio applicato dalla Suprema Corte è frutto di un consolidato e risalente orientamento giurisprudenziale.
La questione, infatti, si inquadra nel concorso apparente di norme poiché la ratio legis e il fine perseguito dalle due disposizioni in questione appaiono del tutto identici, ovvero la prevenzione e l’accertamento di infrazioni in materia di circolazione stradale.
Identiche appaiono altresì le condotte sanzionate.
Di conseguenza “in forza del principio di specialità di cui all’art. 9 della legge n. 689 del 1981, l’omessa ottemperanza da parte del conducente di un veicolo all’invito a fermarsi di funzionari, ufficiali e agenti cui spetta la prevenzione e l’accertamento dei reati in materia di circolazione stradale integra gli estremi dell’illecito amministrativo previsto dall’art. 192, comma 1 cod. strad., e non già quelli della fattispecie criminosa di cui all’art. 650 cod. pen.”
La sentenza è stata pertanto annullata senza rinvio, con eliminazione della pena corrispondente, poiché il fatto non costituisce reato.
Preme tuttavia ricordare che, nel caso in cui il soggetto, non si limiti all’inosservanza dell’obbligo di stop o al tentativo di sottrarsi all’inseguimento delle forze dell’ordine ma, con la propria condotta, metta in pericolo l’incolumità personale degli agenti inseguitori o di altri utenti della strada, si ritiene configurabile il delitto di resistenza a pubblico ufficiale ex art. 337 c.p. (ex multis Cass. Pen., Sezione VI, 04.07 2014, n. 29332; Cass. Pen., Sezione VI, 24.06.2015, n. 26528).
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Sara Barbesi
Nata a Verona nel febbraio del 1990, nell'ottobre 2015 consegue la Laurea Magistrale in Giurisprudenza in Diritto Europeo e Transnazionale presso l'Università degli Studi di Trento, con una tesi in diritto penale internazionale dal titolo “I criteri di imputazione nello Statuto della Corte Penale Internazionale. Un'analisi del caso Lubanga”, relatore Prof.ssa Emanuela Fronza. Da settembre 2013 a marzo 2014 trascorre un periodo di studi all'estero presso Universiteit Maastricht - Faculty of Law, occupandosi principalmente di diritto penale, europeo e internazionale.
Attualmente iscritta al registro speciale dei praticanti avvocati presso il Foro di Verona, da novembre 2015 collabora con lo studio legale Callipari, operando prevalentemente nell'ambito del diritto penale.