No alla trascrizione in Italia di un matrimonio gay celebrato all’estero
Consiglio di Stato, Sez. III, 26 ottobre 2015, n. 4899
a cura di Giuseppe Di Micco
Ha fatto scalpore la recentissima sentenza depositata in data 26.10.2015 dal Consiglio di Stato (in terza sezione giurisdizionale).
Si tratta di un ricorso avverso la sentenza del TAR Lazio n. 05924/2015, nella quale il Tar da un lato riconosce l’insussistenza di un qualsivoglia diritto alla trascrizione negli atti dello stato civile di matrimoni tra coppie omosessuali celebrati all’estero (e, di conseguenza, la legittimità della circolare in data 7 ottobre 2014 con cui il Ministro dell’interno ne aveva stabilito l’intrascrivibilità in Italia), e dall’altro ha giudicato illegittimo il provvedimento con cui il Prefetto di Roma aveva decretato l’annullamento delle trascrizioni, disposte dal Sindaco, dei matrimoni celebrati all’estero dai ricorrenti, rientrando tale potere di annullamento nella competenza del giudice ordinario. Avverso tale decisione proponeva appello il Ministero dell’Interno, contestando la correttezza del gravato giudizio di illegittimità.
Riguardo all’esistenza o meno di un diritto delle parti alla trascrizione di un matrimonio omosessuale contratto all’estero, il Cds sulla base di un’interpretazione combinata degli artt. 27 e 28 della legge 218 del 1995 e degli artt. 1107, 108, 143, 143 bis e 156 bis c.c., nonché dell’art. 115 c.c. afferma come affinché un matrimonio contratto all’estero produca efficacia in Italia, deve essere considerato valido dalla legge del luogo o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi e che le condizioni soggettive di validità sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo. E tra le principali condizioni di validità poste dalla legge italiana, vi è la diversità di sesso dei nubendi, la cui mancanza rende il matrimonio inidoneo a produrre effetti giuridici nel nostro ordinamento, essendo il matrimonio omosessuale “incapace, nel vigente sistema di regole, di costituire tra le parti lo status giuridico proprio delle persone coniugate (con i diritti e gli obblighi connessi) proprio in quanto privo dell’indefettibile condizione della diversità di sesso dei nubendi, che il nostro ordinamento configura quale connotazione ontologica essenziale dell’atto di matrimonio“.
Di conseguenza, risulta impossibile configurare un diritto dei coniugi omosessuali alla trascrizione dell’atto di matrimonio contratto all’estero nei registri dello stato civile italiano, laddove la previsione dell’art.64 del d.P.R. 3 novembre 2000, impone all’ufficiale dello stato civile “il potere (rectius: il dovere) di controllarne la presenza, prima di procedere alla trascrizione dell’atto (da valersi quale atto dovuto, pur a fronte della sua natura dichiarativa, e non costitutiva, solo se ricorrono tutte le condizioni elencate nella predetta disposizione)“. Ragion per cui, la trascrizione deve ritenersi esclusa proprio perché manca uno dei requisiti ritenuti indispensabili per procedere alla trascrizione.
Giuseppe Di Micco
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