Nulla – osta rilasciato dall’ente parco e silenzio assenso

Nulla – osta rilasciato dall’ente parco e silenzio assenso

Con sentenza n.17 del 27 luglio 2016, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha risolto il contrasto interpretativo afferente all’istituto del silenzio assenso previsto all’art. 13 commi 1 e 4 della legge n. 394 del 1995 e, in particolare, alla compatibilità di quest’ultimo con la disciplina generale contenuta all’art. 20 della legge 241 del 1990.

Com’è noto, infatti, la legge n.80 del 2005 ha innovato profondamente l’istituto disciplinato nella legge sul procedimento amministrativo.

Antecedentemente alla riforma, il silenzio assenso rappresentava uno strumento di semplificazione dell’attività amministrativa operante solo in ipotesi tassativamente previste nei regolamenti governativi di delegificazione.

Con la citata riforma del 2005, invece, il legislatore ha proceduto a generalizzare l’applicazione dell’istituto in presenza dei presupposti previsti dalla legge, ad eccezione di alcune ipotesi tassativamente indicate tra cui quelle inerenti alle  istanze in tema di tutela ambientale e paesaggistica ex. art. 20 co. 4 l. n. 241/1990.

Tale modifica, pertanto, ha posto inevitabilmente la necessità di ponderare l’armonia del sistema legislativo, e in particolare, di valutare se la riforma apportata dalla legge del 2005 abbia implicitamente abrogato la disciplina contenuta nella legge del 1995.

Sul punto sono emersi due contrapposti orientamenti giurisprudenziali.

Secondo una prima impostazione (espresso dalla IV sezione del Consiglio di Stato con la decisione n. 6591 del 2008 e n. 3047 del 2014) la riforma del 2005 non avrebbe abrogato implicitamente la disciplina del silenzio assenso in tema di nulla – osta dell’ente parco. A sostegno di tale impostazione la giurisprudenza ha proposto molteplici argomenti, primo tra i quali, l’intento del legislatore di generalizzare e ampliare la disciplina del silenzio assenso. Sostenere l’implicita abrogazione dell’art. 13 della legge n.394 del 1995 significherebbe svuotare la portata innovativa della riforma e porsi in aperto contrasto con le esigenze di semplificazione dell’istituto. Inoltre, si è sostenuto che l’art. 13 della legge n. 395 del 1995 rappresenta una norma speciale rispetto all’art. 20 co. 4 della legge n. 241 del 1990 e pertanto esso prevale in virtù del principio di specialità sulla norma generale, benché successiva.

Secondo una diversa impostazione, invece, la riforma del 2005 avrebbe implicitamente abrogato l’art. 13 della legge n. 394 del 1995 in quanto entrambe le norme presentano la medesima natura procedimentale e disciplinano lo stesso istituto in materia edilizia – ambientale. Tra le due norme non sussiste una relazione di specialità, pertanto il conflitto tra le due disposizioni va risolto alla luce della successione nel tempo tra due norme generali in forza del quale la legge posteriore abroga la legge anteriore con essa incompatibile secondo i principi sanciti all’ art. 15 codice civile.

Alla luce di un siffatto quadro giurisprudenziale, il Consiglio di Stato, nella sua più autorevole composizione, propone una soluzione ermeneutica a favore della compatibilità normativa tra l’art. 13 della legge n. 394 del 1995 e l’art. 20 co. 4 della legge n. 241 del 1990, come riformato dalla legge n. 80 del 2005.

A tal fine, i giudici amministrativi opportunamente richiamano le enunciazioni della Corte costituzionale rese in merito alla natura giudica del nulla – osta rilasciato dall’ente parco.

Invero, con sentenza n.429/2004, la Corte costituzionale ha evidenziato che “il nulla osta in questione è atto diverso dall’autorizzazione paesaggistica relativa all’intervento, agli impianti ed alle opere da realizzare all’interno del parco. Esso è un atto endoprocedimentale prodromico rispetto al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica”.

Ciò premesso, l’Adunanza plenaria sostiene che nel caso di specie non sussistono i presupposti applicativi per l’abrogazione implicita disciplinata all’art. 15 del codice civile.

Ciò in quanto nel caso di specie non è possibile rilevare tra le due norme in questione una incompatibilità inespressa.

L’art. 13 della legge n. 394 del 1995, invero, prevede unicamente una particolare strutturazione del procedimento, comunque in grado di garantire la piena tutela dell’interesse protetto, in previsione della successiva autorizzazione.

Inoltre, a sostegno della piena compatibilità tra le due norme milita altresì la ratio sottesa alla riforma apportata con la legge del 2005 all’istituto del silenzio assenso, ovvero la massima semplificazione dei rapporti tra privati e Pubblica amministrazione.

Ne consegue che appare del tutto irragionevole sostenere l’incompatibilità dell’art. 13 l. n. 394 del 1995 con l’art. 20 l. n. 241 del 1990, trattandosi di una norma speciale che conferma pienamente il principio della semplificazione amministrativa sancito all’art. 20.

Non è infatti logico sostenere che una disposizione volta a generalizzare il regime procedimentale del silenzio assenso faccia venir meno proprio quelle ipotesi di silenzio assenso già previste dall’ordinamento prima della riforma del 2005.

Al fine di risolvere l’apparente antinomia normativa, trova dunque applicazione il criterio di base per cui lex posterior generalis non derogat priori speciali.

Pertanto i giudici dell’Adunanza plenaria concludono enunciando il seguente principio di diritto: “Il silenzio assenso previsto dall’art. 13, commi 1 e 4, della legge n. 394 del 1991 non è stato implicitamente abrogato a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 80 del 2005, che, nell’innovare l’art. 20 della legge n. 241 del 1990, ha escluso che l’istituto generale del silenzio-assenso possa trovare applicazione in materia di tutela ambientale e paesaggistica. il silenzio assenso previsto dall’art. 13, commi 1 e 4, della legge n. 394 del 1991 non è stato implicitamente abrogato a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 80 del 2005, che, nell’innovare l’art. 20 della legge n. 241 del 1990, ha escluso che l’istituto generale del silenzio-assenso possa trovare applicazione in materia di tutela ambientale e paesaggistica”.

 

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Rita Claudia Calderini

Avvocato abilitato presso la Corte di Appello di Napoli. Dottoressa in giurisprudenza con votazione 110 e lode presso l'Università Federico II. Specializzata in professioni legali. Attualmente risiede a Milano in quanto partecipante del master Diritto e Impresa presso la Business school del Sole24ore.

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